1. SOTTO SCHIAFFO DEL FISCO IN GERMANIA, USA E FRANCIA, IN CRISI PROFONDA SUI MERCATI FINANZIARI DEL MONDO, IL PARADISO DELLE BANCHE SVIZZERE E’ SEMPRE L’ITALIA 2. NEI GIORNI SCORSI, IL CAPO DEL CREDIT SUISSE HA RACCONTATO AL SENATO USA LA FAVOLETTA CHE I MANAGER NON SAPEVANO QUELLO CHE FACEVANO ALCUNI DIPENDENTI E UBS HA BLOCCATO I SUOI DIRIGENTI CHE VOGLIONO ANDARE IN FRANCIA: TEME CHE LI ARRESTINO 3. SE NEL MONDO LE BANCHE SVIZZERE SONO COSTRETTE A RIVELARE I NOMI DI MIGLIAIA DI CLENTI CHE HANNO FRODATO IL FISCO, IN ITALIA, TUTTO TACE. OPERANO CON LICENZA PER LE GESTIONI PATRIMONIALI E MAI HANNO SEGNALATO CONTRIBUENTI INFEDELI

DAGOREPORT

Se fossero tutti come le autorità italiane, la Svizzera dormirebbe ancora tra quattro guanciali. Il sistema bancario elvetico sta attraversando una crisi profonda perché da circa sette anni è oggetto di clamorose perdite sui mercati finanziari e di rappresaglie da parte di alcuni paesi, stanchi di vederle razziare le casse del fisco quando le banche aiutano i loro clienti ad evadere le tasse. Ma con Roma e con Bankitalia, forse per non disturbare l'infinita trattativa su un qualche accordo per un rientro di capitali, sembrano tutte rose e fiori.

Nel 2007 UBS, la più grande banca elvetica a seguito delle enormi perdite generate dal crollo dei mutui subprime (i mutui concessi a persone che difficilmente avrebbero rimborsato tali prestiti e poi cartolarizzati e piazzati un po' ovunque nei bilanci di investitori istituzionali e privati) è stata costretta a vendere numerose partecipazioni azionarie in giro per il mondo e a realizzare una serie di aumenti di capitale (a prezzi enormemente più alti rispetto al corso attuale del titolo in borsa).

Le perdite sono state tali (circa 100 miliardi di franchi svizzeri, equivalenti a circa 75 miliardi di euro) che la banca ha dovuto richiedere l'aiuto della Banca Centrale Svizzera e del governo confederale, che hanno creato una "bad bank", alimentata con denaro pubblico, con la quale comprare asset a prezzi fuori mercato, ma tali da non creare alla banca ulteriori perdite che l'avrebbero precipitata verso il fallimento.

Dall'altra parte dell'Oceano le perdite in dollari Usa registrate da Ubs sono state tali da creare i presupposti per un terremoto finanziario nel sistema bancario americano. Per questo motivo, come rivelato dalla giornalista Myret Zaki sul periodico economico svizzero "Bilan", è dovuta intervenire la Federale Reserve americana che ha aperto una linea di credito a UBS per qualche centinaio di miliardi di dollari. Non senza approfittare delle difficoltà della banca, che in cambio di questo aiuto è stata costretta a rivelare i nomi dei contribuenti americani (circa 5.000) che negli anni hanno aperto conti non dichiarati in Svizzera.

Questo evento ha segnato l'inizio della fine per il vecchio mondo bancario elvetico, al punto che la più antica banca svizzera, Banca Wegelin, accusata di aver aiutato residenti americani a evadere le tasse, è stata costretta nel 2012 a chiudere i battenti. Il "dramma" della banca UBS si è ripercosso anche sull'occupazione, con migliaia di licenziamenti in tutto il mondo.

Anche in Italia la banca guidata dall'allora amministratore delegato Giorgio Riccucci fu costretta a centinaia di licenziamenti per i clamorosi errori del proprio top management, poi terremotato da repentine dimissioni in serie. Ci sono stati danni enormi anche per gli azionisti Ubs, oltre ai danni reputazionali, culminati con l'arresto, in un albergo del centro di Bologna, dell'allora responsabile del Private banking, Raoul Weil.
E ancora di recente, UBS ha bloccato i viaggi dei propri dipendenti in Francia per timore che questi vengano arrestati dalle autorità locali.

Ma a distanza di anni e con tutti i guai che hanno sul groppone, sembra che le banche svizzere non abbiano imparato la lezione, a parte spostare sempre più capitali nelle filiali di Singapore. E' di pochi giorni fa la testimonianza davanti al Senato Usa del top management di Credit Suisse, rappresentato per l'occasione dall'amministratore delegato Brady Dougan e dai responsabili del Private banking e dell'ufficio legale. I banchieri svizzeri hanno tentato di difendersi dalle accuse di aver aiutato migliaia di cittadini americani a evadere il fisco attraverso strutture societarie complesse, messe su soltanto per nascondere capitali all'estero.

Le dichiarazioni di Dougan di ignorare le pratiche dei suoi dipendenti (sostanzialmente scaricati dalla banca) hanno portato questi ultimi ad autodenunciarsi dei fatti contestati, accusando i vertici della banca di essere a piena conoscenza delle attività poco regolari svolte in territorio americano.

Tuttavia le banche svizzere non lavorano solo con gli Stati Uniti, anche perché da sempre sono i miliardi in arrivo dagli stati confinanti ad assicurare lo zoccolo duro della raccolta bancaria. Gli istituti elvetici sono molto attivi in Italia, con filiali locali ma anche con attività dirette dalla Svizzera. Tra queste, spiccano UBS, il Credit Suisse (che dalla prima ha ingaggiato Riccucci), Pictet & Cie, Syz & Co.

Si tratta di strutture che godono di una licenza per l'esercizio dell'attività bancaria rilasciata da Bankitalia per le sole attività di Private banking (i servizi di consulenza finanziaria ai privati). Ma chi garantisce che sotto questa licenza, le banche non pratichino attività volte ad aiutare i residenti italiani a emulare i poco fedeli cittadini americani? Insomma, per fare l'esempio più clamoroso, chi garantisce che non vengano svolte in Italia attività per le quali il cliente dovrebbe invece sobbarcarsi una "pericolosa" trasferta in Svizzera?

Il tema è delicato e nel nome della lotta ai Paradisi fiscali non si può certo pretendere che Bankitalia sospenda le licenze concesse alle banche svizzere. Tuttavia, non è neppure ammissibile che ci si accontenti di un'idea piuttosto vaga della loro concreta operatività.

E soprattutto, se non altro per evidenze statistiche, pare strano che nessun loro cliente italiano sia mai stato "poco fedele" con il Fisco di casa nostra e che queste banche non abbiano mai dichiarato alcunché in proposito, come invece è accaduto in altre nazioni.

In fondo, ne va anche della reputazione di quegli stessi clienti della banca con attività pienamente dichiarate al fisco italiano, ma inconsapevoli che il loro consulente svizzero che opera sotto licenza prima del loro appuntamento potrebbe aver appena terminato un appuntamento un po' meno lecito.

 

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