TROPPO POTERE IN POCHE MANI FA MALE ANCHE AI MERCATI – DIETRO AL CROLLO DI OGGI DELLE BORSE DI TUTTO IL MONDO C’È ANCHE IL GIGANTISMO DELLE “SETTE SORELLE” DEL BIG TECH: APPLE, MICROSOFT, NVIDIA, ALPHABET, AMAZON, META E TESLA VALGONO PIÙ DEL PIL DELL’INTERA AREA EURO. DA SOLE FANNO IL 25% DELLA CAPITALIZZAZIONE DI TUTTE LE SOCIETÀ QUOTATE DEGLI STATI UNITI (CHE VALE IL 70% DEI MERCATI MONDIALI) – I DATI DELUDENTI DELLE TRIMESTRALI, UNITI AI TASSI DI INTERESSE ANCORA ALLE STELLE, HANNO SCATENATO L’EFFETTO DOMINO…
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per www.corriere.it
Quando è grave ciò che sta accadendo in queste ore e in questi giorni sui mercati finanziari? Cosa sta scatenando la correzione al ribasso? Quanto può durare? […] Le domande […]sono legate fra loro e non hanno una risposta univoca.
Esistono però dinamiche su almeno due livelli, che si intersecano e contribuiscono a spiegare gli smottamenti degli indici di queste ore: sul piano strettamente tecnico ci sono gli equilibri fragili delle Big Tech […]; su un piano più complessivo, le incertezze principali riguardano la tenuta dell’economia americana in questo scorcio di campagna per le presidenziali.
elon musk foto creata con l'intelligenza artificiale 1
[…] Una delle principali ragioni dei crolli di borsa di oggi e di questi giorni è strutturale. Con l’enorme crescita delle Big Tech americane in questi anni […] i mercati azionari sono diventati incredibilmente concentrati. Mai così poche aziende avevano pesato così tanto sulla capitalizzazione totale delle borse mondiali.
Che significa? E’ semplice: Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet (Google), Amazon, Meta (Facebook) e Testa – in rigoroso ordine di valore di mercato – hanno collettivamente una capitalizzazione di oltre 13 mila miliardi di dollari. Il paragone è improprio, ma si tratta di un valore superiore all’intero prodotto lordo di un anno dell’area euro (terza economia mondiale dopo Stati Uniti e Cina) e a metà del prodotto lordo degli Stati Uniti. La sola Apple, a oltre tremila miliardi di dollari, vale una volta e mezza circa il prodotto lordo dell’Italia.
tim cook foto creata con l'intelligenza artificiale
[…] L’incredibile crescita del valore di borsa delle sette Big Tech americane ha fatto sì che il mercato sia diventato estremamente dipendente da loro. In particolare, dai loro risultati pubblicati ogni tre mesi. Tutti gli indici sintetici delle borse mondiali oscillano moltissimo in base alle fluttuazioni di Apple e delle sue sorelle.
Quelle sette aziende oggi valgono da sole il 25% della capitalizzazione di mercato delle oltre 2.500 società quotate negli Stati Uniti. E il mercato azionario di Wall Street, subito prima dei crolli dei questi giorni, è arrivato a valere quasi il 70% di tutti i mercati mondiali. E’ come se il sistema finanziario internazionale fosse un organismo con una testa estremamente grossa e pesante in proporzione al resto della struttura; dunque è prono a perdere l’equilibrio quando la testa oscilla paurosamente.
Per dare un’idea: il valore di mercato aggregato delle nuove “Sette sorelle” tecnologiche, da solo, è pari quasi al valore degli interi indici azionari sommati degli altri principali Paesi del G7: le borse di Giappone, Francia, Gran Bretagna e Germania messe insieme. E’ inevitabile che le fluttuazioni delle “Sette sorelle” siano destinate a diventare scosse telluriche sui mercati mondali.
A maggior ragione, perché soprattutto Nvidia, Amazon, Tesla, Microsoft e Meta (di nuovo, in quest’ordine) negli ultimi mesi sono arrivati ad avere valutazioni così elevate che scontavano già fortissime progressioni future degli utili. Quando su queste progressioni si è creato il dubbio, sono partite le correzioni.
[…] L’innesco dei crolli è infatti arrivato quando i risultati trimestrali di alcune delle nuove “Sette sorelle” del tech hanno deluso. Negli ultimi giorni i ricavi di Amazon nel secondo trimestre per esempio sono usciti un po’ sotto le attese. Quanto alla più di moda delle Big Tech, il produttore di chip per intelligenza artificiale Nvidia, di recente lo hedge fund Elliot ha dichiarato che il suo titolo è in una “bolla” e la sua storia è “iper-gonfiata”. Nessuna meraviglia dunque che una correzione sulle Big Tech abbia innescato una violenta correzione di mercati mondiali concentrati come mai nella storia.
[…] Ma la chiave finanziaria non spiega tutto. Gli smottamenti sono diventati crolli nell’ultimo paio di giorni quando sono emersi dubbi sulla tenuta dell’economia americana. Ha impaurito i mercati il fatto che il numero di posti di lavoro aggiunti negli Stati Uniti in luglio (114 mila) sia stato il secondo più basso dall’inizio del 2021. Questo e l’aumento del tasso di disoccupazione al 4,2% fanno temere che la prima economia del mondo […] sia diretta verso una recessione.
[…] Questi timori potrebbero essere esagerati. In primo luogo, un solo mese di debole creazione di posti non prova una recessione. Aprile fu peggio (108 mila posti), poi il mercato del lavoro rimbalzò. Inoltre si tratta in parte di sospensioni temporanee di posti, dovute a cattive condizioni climatiche. E l’aumento della disoccupazione sembra spiegabile, più che con dei licenziamenti, con i nuovi immigrati arrivati negli Stati Uniti e ad altre persone che ora si sono messe in cerca di un posto.
Insomma, i tassi della Federal Reserve ai massimi dal 2001 (5,25%-5,50%) stanno iniziando a frenare l’economia americana, ma quest’ultima nel secondo trimestre è pur sempre cresciuta del 2,8% in ritmo annualizzato. Siamo lontani da uno scenario di crisi. E lo siamo anche perché la Fed ha ampio margine per tagliare rapidamente i tassi, se necessario, e riportare la calma sui mercati così come la crescita nell’economia.
[…] Ci sono però due variabili. La prima è finanziaria. I crolli di questi giorni hanno fatto molto male ad alcuni grossi investitori che si erano molto indebitati per prendere posizioni su alcuni titoli come Nvidia. Questi investitori devono dunque vendere altre loro posizioni per rimpolpare le garanzie verso i creditori: ciò provocherà […] crolli a catena [….]. In sostanza ci sono molti comportamenti speculativi che ora peseranno sugli indici.
L’altra variabile è politica: i crolli di Borsa peseranno sulla sfida per la Casa Bianca fra Kamala Harris e Donald Trump? Non è detto. Ma i mercati avevano già iniziato a fare i conti con i tagli delle tasse – in deficit – sulle imprese che Trump promette. E nelle ultime settimane erano saliti (anche) per quello. Gli investitori di borsa, anche quando votano per i democratici, amano Trump. Lo dimostrarono già subito dopo le sua elezione nel 2016. Ora il fatto che il risultato delle urne del 5 novembre sia più incerto sta portando un riassestamento degli indici.