STAVOLTA IL RISIKO DELLE TELECOMUNICAZIONI È PARTITO PER DAVVERO - A MUOVERE LE SUE PEDINE È VIMPELCOM-WIND

Da "Il Foglio"

Stavolta, forse, il risiko delle Tlc italiane è partito per davvero. A muovere le sue pedine è il norvegese Jo Lunder, ceo di Vimpelcom che controlla Wind. "Stiamo parlando con più interlocutori - dichiara a margine dell'assemblea della società russonorvegese domiciliata ad Amsterdam - Sia in Italia che altrove".

Ma il nostro paese è in cima alla lista delle preferenze. E non è difficile intuire l'oggetto del desiderio di Wind: la "3", consociata italiana di Hutchison Whampoa, il colosso controllato dal cinese Li Ka Shing, uno dei più potenti e ricchi tycoon che, fino a poche settimane fa, sembrava avviato a convolare a nozze con Telecom Italia. Ma alla fine non se ne è fatto nulla.

Troppo lontane le stime dei due possibili sposi: i soci di Telco, la scatola di controllo di Telecom, mal digerivano una valutazione molto distante sia dal prezzo pagato (2,5 euro per azione) che dal valore di carico (1,2 euro) nel bilancio di Generali, Intesa e Mediobanca; i luogotenenti di Hutchison Whampoa, mastini di scuola americana e determinazione asiatica, non erano intenzionati a far sconti, dopo aver investito (e perduto) quasi 9 miliardi nella campagna d'Italia. Insomma, la distanza era incolmabile.

O forse no, perché su un punto sono tutti d'accordo: quattro gestori in Italia per la telefonia mobile sono troppi. L'eccessivo affollamento, è la diagnosi degli esperti, costringe tutti gli operatori a una battaglia di promozioni, sconti e concorrenza all'ultima tariffa, che finisce con il danneggiare tutti quanti. E a pesare sugli investimenti, necessari, per il 4G, cioè gli standard d'ultima generazione per la telefonia mobile.

Per questo, nonostante i fallimenti delle varie trattative tra i competitor che si sono susseguite negli ultimi anni, la partita del mobile continua a occupare le scrivanie dei banchieri d'affari. Nei giorni scorsi era girata la voce di un ritorno di fiamma tra la società guidata da Franco Bernabè e Vincenzo Novari, il numero uno italiano di H3G. Anche per questo, probabilmente, il numero uno di Vimpelcom ha deciso di rompere gli indugi. "Abbiamo una visione molto positiva sull'Italia", ha detto al Financial Times.

Così positiva che l'azienda ha deciso di rafforzare la sua posizione nei nostri confini, cioè il secondo mercato - dopo la Russia - del sesto gestore tlc del pianeta, sacrificando altre piazze, sulla carta non meno promettenti. Dopo la tumultuosa stagione dello shopping, dal nord America all'Afghanistan, Vimpelcom si è trovata sulle spalle un debito di 22,6 miliardi di euro, nemmeno troppo distante dai 28 miliardi circa di Telecom Italia.

Ma, tra le varie differenze tra i due gruppi, spicca la diversa disponibilità degli azionisti: "Freddi" i soci di Telecom, compresa per ora la spagnola Telefonica impegnata a crescere in Germania piuttosto che a cercare nuova collaborazione con la società italiana; assai più interessato e liquido Mikhail Fridman, l'oligarca di Alfa Bank che ha conquistato, non senza contrasti, la maggioranza di Vimpelcom.

E' per questo che il capitalista che viene da Mosca ha più possibilità di mettersi d'accordo con il collega miliardario che viene da Hong Kong di Bernabè, circondato da consiglieri che, tra una svalutazione e una fuga di notizie, sono sempre meno pazienti con l'attuale gestione. Ma non sarà una trattativa facile, come dimostra il fatto che già in due occasioni, nel 2008 e nel 2011, l'accordo tra "3" e Wind è fallito.

Ma questa, data la congiuntura, potrebbe essere la volta buona. Con conseguenze rilevanti. Nel mobile, infatti, Telecom potrebbe confrontarsi con due rivali, Vodafone e l'asse Wind-3, assai più solidi sul piano finanziario e con un network internazionale più robusto. Una debolezza che, per paradosso, potrebbe favorire la richiesta di Asati, l'associazione dei piccoli azionisti Telecom da sempre in sintonia con Bernabè, di un intervento della Cdp nel capitale della stessa Telecom.

 

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