IL CINEMA DEI GIUSTI - CHE PALLE! COME OGNI ANNO ABBIAMO UNA SERIE INFINITA DI TOP TEN DELLA STAGIONE CHE DOVREBBERO SEGNALARCI IL MEGLIO, IL PEGGIO, I SUCCESSI, I FLOP DELL’ANNO. CI PROVO. MA SO GIÀ CHE SCORDERÒ QUALCOSA DI IMPORTANTE. TRA I MIGLIORI FILM C’È “DAHOMEY” DI MATI DIOP, “CHALLENGERS” E “QUEER” DI LUCA GUADAGNINO, CHE STA IN STATO DI GRAZIA E NON SOLO NON SBAGLIA UN FILM, “THE BRUTALIST” CHE VEDRETE I PROSSIMI MESI, E “ANORA”, MA ANCHE… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Che palle! Come ogni anno abbiamo una serie infinita di top ten della stagione che dovrebbero segnalarci il meglio, il peggio, i successi, i flop dell’anno. Ci provo. Ma so già che scorderò qualcosa di importante. Perché vedendomi, oltre ai film dei festival e ai film in sala, quelli dello streaming e le serie faccio una gran confusione. Per fortuna che la memoria ormai è selettiva e i primi che si scordano sono i film inutili o che non hanno caratteristiche tali da rimanerti in testa. Come potrebbero rimanerti i classici di Max Ophuls e di Michael Powell che il mio amico Dago sta riscoprendo in questi mesi come se avesse 18 anni e fossimo nel 1972 e non nel 2024, anzi 2025.
Allora quali sono i 10 miglior film dell’anno? Ordine casuale.
“Dahomey” di Mati Diop (lo trovate su Mubi), perché è un film importante sui rapporti tra Europa e Africa, su quel che è stato rubato da tutti Napoleoni dell’Occidente e che dovrebbe ritornare a casa. Altro che i barconi. “Challengers” e “Queer” di Luca Guadagnino, che sta in stato di grazia e non solo non sbaglia un film, ma sta affinando un’arte di messa in scena da maestro del cinema classico.
Se “Challengers” è una sorta di triangolo lubitschiano trasportato ai nostri giorni, “Queer”, secondo Luca, è un omaggio al cinema di Michael Powell e Emeric Pressburger, al loro cinema visionario e di grandi sentimenti. Che vi piacciano o meno i suoi film, nessun regista italiano in questi anni è riuscito a costruire una factory, una macchina produttiva come quella di Luca.
Visto che nello stesso anno ha diretto un terzo film, “After the Hunt”, con Julia Roberts, Andrew Garfield, Ayo Edebiri, Chloe Sevigny, ha prodotto il bellissimo “April” della regista georgiana Dea Kulumbegashvili, che ha vinto il premio speciale della giuria a Venezia, ha prodotto l’opera prima “Diciannove” di Giovanni Tortorici e sta preparando una serie di altri film.
“The Brutalist” di Brady Corbet, con Adrien Brody, che vedrete i prossimi mesi, ritorno al 70 mm, al VistaVision, al cinema muscolare dei grandi registi, alle utopie di King Vidor. “Grand Tour” di Miguel Gomes, perché mi ha illuminato su come si possa fare un kolossal credibile, un grande viaggio sul disastro del colonialismo europeo in Asia senza un vero budget. Ma Cannes, alla fine, malgrado qualche delusione, era piena di buoni film.
Come “Anora” di Sean Baker con Mikey Madison, che ha vinto la Palma d’Oro, film liberatorio su sesso e commedia, dove la protagonista è una sex worker alle prese con la realtà. O “All We Imagine as Light” di Payal Kapadia, primo film indiano in concorso a Cannes dopo non so quanti anni. Avrebbe meritato anche più del Grand Prix, ma già così è quel che ci voleva per farci conoscere un mondo di donne dove il patriarcato non è mai scomparso.
Anche se non mi esaltano del tutto metterei anche “Emilia Perez” di Jacques Audiard, perché è un musical anti-hollywoodiano, perché è un a storia queer inaspettata che funziona. Come metterei “The Substance” di Carolie Fargeat perché la guerra tra Demi Moore e il suo doppio giovane Margaret Qualley per un posto in una tv ancora più orrenda di Telemeloni è eroico e eccessivo. Ovviamente, anche se non è all’altezza di “Mad Max: Fury Road”, metto anche “Furiosa” di George Miller, perché è puro cinema.
Quello che invecchiando sembra aver perso Ridley Scott lo ha mantenuto, forse addirittura sviluppato George Miller. E metto “Parthenope” di Paolo Sorrentino con Celeste Dalla Porta, perché alla sua storia di nostalgia e tristezza per la fine della giovinezza e del desiderio ci ho creduto. Racconta una storia che ci riguarda tutti. Capisco che non tutto funziona, ma non solo ci sono cascato sulla parte a Capri, ci sono cascato anche nell’episodio del cardinale scopatore di Peppe Lanzetta. Diciamo che questi sono dieci film.
Confesso che sono contento che “Vermiglio” di Maura Delpero sia stato scelto per gli Oscar come miglior film straniero, ma non l’ho del tutto capito. Mi è molto piaciuto anche “Familia” di Francesco Costabile, che indaga sulla famiglia disastrata romana e va giù pesante sui camerati di quartiere come nessun film ha osato fare quest’anno.
avetrana. qui non e' hollywood
Aggiungerei, tra le serie italiane, lo strepitoso “M” di Joe Wright con Luca Marinelli, che vedrete tra qualche giorno su Sky, che ci riporta a galla un passato tutto italiano che cerchiamo di dimenticare e ci spiega che siamo stati noi, con la nostra indifferenza borghese, a mandare avanti Mussolini e il fascismo con tutto quel che ha portato. E la bellissima serie sul caso Sarah Scazzi di Pippo Mezzapesa, “Avetrana. Qui non è Hollywood”, con Vanessa Scalera favolosa come Cosima, la mamma di Sabrina Misseri, il solo tentativo riuscito di raccontare un crimine terribile dei nostri giorni con il grottesco da commedia.
Sono d’accordo con Carlo Freccero che una delle serie italiane più innovative della stagione, viaggio nel crime più letterario che seriale (vedi “Fargo”), sia “Dostoevsky” dei fratelli D’Innocenzo con un Filippo Timi mai così bravo nel ruolo dell’investigatore e Carlotta Gamba come sua figlia. La trovate su Sky.
james franco francesco di napoli hey, joe
Tra gli attori che mi sono piaciuti di più quest’anno nel cinema e nel seriale italiane segnalo la Giulia Ercolini protagonista di “Hey, Joe” di Claudio Cupellini, la Lina Camelia Lumbroso di “Caracas” di Marco D’Amore, entrambi film sotttovalutato e massacrati in sala, la Selene Caramazza di “The Bad Guy”, la Carlotta Gamba che ho visto ovunque, da “L’albero” di Sara Petraglia a “Dostoevsky”, da “Gloria!” di Margherita Vicario a “Vermiglio”.
monica guerritore in inganno 11
E’ già una star Vanessa Scalera, che passa dalla Milena Canonero di “Diamanti” a Cosima di “Avetrana”. E’ la nostra Jeanne Moreau. Ma anche Barbara Chichiarelli è favolosa come Margherita Sarfatti in “M”. Per non parlare dell’altra Barbara, Barbara Ronchi, che non ha però un film forte come “Rapito” quest’anno. Ma, certo, l’attrice italiana più stracult del momento può che essere Monica Guerritore protagonista scopatrice di “Inganno” la serie tv più strash dell’anno diretta da Pappi Corsicato.
serie M - Il figlio del secolo
Tra gli attori maschi, dietro il Luca Marinelli di “M”, adoro il Francesco Russo che interpreta la sua ombra, Cesarino Rossi. Ovviamente Filippo Timi in “Dostoevsky”. Maccio Capatonda ha fatto furore come vicino rompicojoni nella nuova stagione di “Vita da Carlo” di Carlo Verdone, dove troviamo anche Dago, molto professionale. Ma sono rimasto davvero incantato dal monologo di Adamo Dionisi in “Enea”, che mi aveva colpito quando ancora non sapevano che sarebbe stato il suo ultimo film.
Molto mi è piaciuto il giovane Manfredi Marni in “Diciannove” di Giovanni Tortorici, come Francesco Gheghi in “Familia” di Francesco Costabile. Uno dei miei attori italiani preferiti, Tommaso Ragno, ha fatto tanti film, da “Vermiglio”, dove fa il padre padrone veneto, a “L’abbaglio” di Roberto Andò, dove è Giuseppe Garibaldi, che vedremo presto, ma non ha avuto davvero un grande ruolo, in “Iddu” il suo personaggio è tagliato e è un po’ imbarazzante in “L’isola degli idealisti”, terribile film di fiction di Elisabetta Sgarbi.
ennio doris c'e' anche domani. 8
Bravissimo invece Danny Huston, ha ragione Tarantino, che recita in italiano nel film di Ginevra Elkann, “Te l’avevo detto”. Deve fare subito un noir in Italia… Le interpretazioni maschili più stracult della stagione sono però quelle di Massimo Ghini come Ennio Doris nel biopic “C’è anche domani” di Giacomo Campiotti, francamente irresistibile, quella di Fausto Russo Alesi con parrucchino irresistibile in “Iddu” di Piazza e Grassadonia, quella di Stefano Accorsi come killer con parrucchino biondo nella seconda stagione di “The Bad Guy”, diverso da quello usato in “Diamanti” di Ozpetek dove fa il regista che urla alla Ronconi.
Devo dire che, quanto a parrucchini, non funziona bene nemmeno quello di Elio Germano in “Berlinguer. La grande ambizione”. Comunque premierei come attore stracult il Massimo Ghini incredibile di Ennio Doris. C’è anche domani”, che è forse il film più stracult dell’anno.
Tra le grandi battute stracult dei film italiani del 2024 c’è la rilettura di “Spiagge” di Renato Zero in “Enea” di Pietro Castellitto.
“Spiagge - Immense ed assolate - Spiagge già pippate - Amate e poi perdute - In questa azzurrità - Fra le conchiglie e il sale - Quanta la gente che - Ci ha già lasciato il culo”. Poi qualcuno ce la spiegherà. Ma supera in profondità la battuta sentita ne “I soliti idioti 3”, reunion riusciuta di Biggio e Mandelli: “Te faccio il check up al buco del culo!”. Mettiamoci anche la battuta finale di “Diciannove” di Giovanni Tortorici, “Da dove ti viene questo bisogno di morale?”.
pilar fogliati in romeo e' giulietta di giovanni veronesi
E’ quello chiede il vecchio intellettuale torinese, è Sergio Benvenuto, filosofo lacaniano e psicanalista, al diciannovenne, anzi all’ormai ventenne, palermitano, Leonardo. Mi ero segnato anche le battute di Ennio Doris nel film di Campiotti: “Mai mettere la nostra felicità nelle mani degli altri”. O quelle di “Romeo è Giulietta” “Il cinema è un giochino per segaioli”. “Sono 26 anni che non saluto un critico”. “Giulietta è una che non ha mai visto il cazzo e desidera la morte”. Il resto ve lo scrivo l’anno prossimo.
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