IL CINEMA DEI GIUSTI - "FOGLIE AL VENTO" È UN MERAVIGLIOSO PICCOLO FILM SULL’AMORE TRA I MARGINALI DELLA CLASSE OPERAIA FINLANDESE SPAVENTATI DALLA GUERRA IN UCRAINA E MASSACRATI DALLE POLITICHE SOCIALI INESISTENTI DEI GOVERNI EUROPEI - POCHI AL MONDO HANNO LA LEGGEREZZA DEL REGISTA AKI KAURISMAKI NEL SAPER TRATTARE ARGOMENTI COSI' SERI E SPAVENTOSI CON VIGNETTE SUPERCOMICHE CHE FARANNO IMPAZZIRE I CINEFILI - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
Eccolo il nuovo meraviglioso ultimo piccolo film di Aki Kaurismaki sull’amore tra i marginali della classe operaia finlandese spaventati dalla guerra in Ucraina (non sapevano ancora di Gaza) e massacrati dalle politiche sociali inesistenti dei governi europei, da noi ribattezzato “Foglie al vento”, titolo che tradisce quello originale, “Kuolleet lehdet"/”Le foglie morte”, come la celebre canzone di Jacques Prevert e Joseph Kosma cantata qui però non dal mitico Yves Montand ma da uno sconosciuto cantante finlandese. Ma chi se la ricorda più “Les feuilles mortes” a parte qualche vecchio critico e qualche vecchio spettatore. Era vecchia anche quando eravamo ragazzi…
Pochi al mondo, ammettiamolo, hanno la leggerezza di Kaurismaki, che ha fatto il pagliaccio sul red carpet di Cannes, dove ha strappato un più che giusto Premio della Giura, nel saper trattare argomenti seri e addirittura spaventosi come la guerra o la crisi economica con vignette supercomiche che faranno impazzire i cinefili. I due protagonisti senza nome, la bionda Alma Pöysti, licenziata dal supermercato dove non aveva alcun diritto sindacale per essersi portata via senza pagare un prodotto scaduto, e l’etilista Jussi Vatanen, licenziato anche lui, dopo un incidente provocato da una macchina non a regola in fabbrica, vanno a vedere il film zombi-comico “The Dead Don’t Die” di Jim Jarmusch al loro primo appuntamento.
Quando finisce il film, due del pubblico commentano con “E’ favoloso” – “Sì, mi ha ricordato Diario di un curato di campagna di Bresson”. Fa ridere. A differenza di tutti i registi di oggi, Kaurismaki si diverte a citare assolutamente a cazzo i film che ama, senza dover fare riferimenti. Anzi. Per citare Chaplin basta un finale con la coppia e il cane di lei ripresi da lontano di spalle e il dialogo “Come si chiama il cane?” – “Chaplin”. E’ allora che parte “Les feuilles mortes” cantata in finlandese. Ma sentiamo anche una versione pazzesca di “Mambo italiano”, sempre in finlandese, per non parlare della serata karaoke.
Come spesso accade nei film sentimentali di Kaurismaki i due protagonisti che si innamoreranno l’uno dell’altra alla prima occhiata sono due anime candide che grazie all’amore riusciranno a reagire all’orrore del mondo, tra lavoro e la radio che lancia terribili comunicati sulla guerra da Mariupol, e trovare una loro felicità che dovrà coincidere con la fine del film. Come in un film di Chaplin, appunto.
I meccanismi delle gag e della costruzione delle scene dimostra una qualche perfezione matematica che Kaurismaki ci mostra naturali, ma non credo proprio che lo siano. E la cosa più incredibile è che è l’unico film d’autore che ho visto tra Cannes e Venezia che non parla dell’ego del regista, da Moretti a Ceylan, ma parla dei problemi di oggi, degli orrori anche politici di oggi. E non esci dalla sala distrutto. In sala.
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