il punto di rugiada

IL CINEMA DEI GIUSTI - "IL PUNTO DI RUGIADA" DEL RISI JUNIOR, MARCO, È UN MISCHIONE DI TRAGICO E COMICO, DI SERIO E BURLESCO, SULLA VECCHIAIA (MA QUANDO INIZIA LA VECCHIAIA?) - TUTTO IL FILM È COSTRUITO SUL RAPPORTO PADRI-FIGLI E SULL’ALTALENA DI SENTIMENTI SPESSO CONTRASTANTI CHE SI MUOVONO TRA DI LORO. SE I VECCHI SANNO DISTINGUERE QUANDO ARRIVERÀ IL PUNTO DI RUGIADA CHE ANTICIPERÀ L’ARRIVO DELLA NEVE, CIOÈ DELLA MORTE, E HANNO LA LEGGEREZZA PER DANZARCI INTORNO, I GIOVANI SEMBRANO INCAPACI DI AFFRONTARE LA VITA… - VIDEO

Marco Giusti per Dagospia

 

il punto di rugiada

“Chi dice mah / nel culo ce l’ha”. “Magari!” chiude la battuta un vecchio ospite gay di Villa Bianca, indicando una zampata di vecchia scuola risiana, ovviamente senior e ovviamente politicamente scorretta, al film del Risi junior, Marco, appena uscito, cioè “Il punto di rugiada”, mischione di tragico e comico, di serio e burlesco. Non più ragazzino, il giovane Risi, giovane più o meno come me, si lancia come già fece il padre Dino con il geniale “Primo amore” nella messa in scena della vecchiaia (ma quando inizia la vecchiaia?).

il punto di rugiada 1

 

 Lì, era il 1978, il punto di forza erano i vecchi ruderi dell’avanspettacolo e del varietà, da Ugo Tognazzi a Riccardo Billi, da Enzo Maggio a Nino Lembo, chiusi in un ospizio per attori che si aggrappavano alla vita solo vedendo la gioventù della camerierina Ornella Muti.

 

il punto di rugiada 2

Qui, ormai, non c’è più il mondo dell’avanspettacolo, e al posto degli attori abbiamo un gruppo di vecchi professionisti, un colonnello tutto d’un pezzo, un Eros Pagni strepitoso, un intrattenitore con capello tinto, Maurizio Micheli, già star per il cinema di Dino (“Il commissario Lo Gatto”), un poeta, Luigi Diberti, che ha scordato tutto, perfino le sue poesie, che poi sono quelle dello zio Nelo Risi, un finto cinico, Massimo De Francovich, che si diletta di fotografia, lo faceva anche Dino, che si chiama anche lui, ma guarda…, Dino e guarda tutti con occhi tra il benevolo e il chirurgico non facendo sconti a nessuno.

 

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C’è per fortuna qualche signora ex-attrice, come la mitica Erica Blanc (la vediamo in un suo vecchio horror anni ’60, credo “La vendetta di Lady Morgan” di Massimo Pupillo), o ragazze d’età, Elena Cotta, Gloria Coco, Paila Pavese, a rallegrare la situazione troppo maschile, ma va detto che rispetto a “Primo amore”, non c’è nessuna storia d’amore possibile tra un vecchio alla Tognazzi e una giovane alla Muti. C’è invece lo scontro tra un giovane romano abulico, figlio di una borghesia terribile, il Carlo di Alessandro Fella, che sconta a Villa Bianca un anno di servizi civili dopo che ha travolto in un brutto incidente d’auto una ragazza sfregiandole il viso, e il vecchio Dino, che ha forse per lui non dico un progetto rieducativo o paterno, ma che gli offre una umanità inaspettata.

 

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Tutto il film, più triste che comico, ma pieno di rimandi al cinema di papà Dino e alla figura dello zio Nelo, è costruito sul rapporto padri-figli e sull’altalena di sentimenti spesso contrastanti che si muovono tra padri e figli. Il vecchio colonnello vive un brutto rapporto col figlio, Valerio Binasco, che lo ha pure aggredito. Ha un figlio, freddo e non simpatico, Roberto Zibetti, anche il vecchio poeta smemorato. Ha un figlio la bella infermiera, Lucia Rossi, che ha puntato Carlo. Ha un figlio, appena nato, anche l’orrendo padre di Carlo.

 

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Se i vecchi sembrano conoscere la realtà della vita, e sanno distinguere quando arriverà il punto di rugiada del titolo che anticiperà l’arrivo della neve, cioè della morte, e hanno la leggerezza per danzarci intorno, i giovani sembrano come incapaci di affrontare la vita. Un po’ come l’Alessandro Momo di “Profumo di donna”, hanno gli occhi per vederla ma non la forza per entrarci. Notevoli tutti i momenti musicali, costruiti su grandi successi anni ’60, “Riderà”, “Saint Tropez Twist”, “E la chiamano estate”, anche questo repertorio del cinema di papà Dino. In sala.

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