cindy sherman

CLIC! CINDY SHERMAN E L’ARTE DELL’AUTORITRATTO, DETTO OGGI SELFIE - UNA RETROSPETTIVA A PARIGI CELEBRA L’ARTISTA CHE HA FATTO DEL SUO VOLTO L'UNICO SOGGETTO DELLE SUE OPERE - IL GIOCO DI CAMOUFLAGE PER INDAGARE L’IDENTITÀ DI GENERE – L’INCURSIONE NEL MONDO DELLA MODA, I CLOWN, LE SEX PICTURE -. NEGLI ANNI 70/80, IN PIENO MOVIMENTO FEMMINISTA, AFFERMO’: “NESSUNO SI STA OCCUPANDO DELLA FOTOGRAFIA, PRENDIAMOLA NOI DONNE COME NOSTRO STRUMENTO”

Francesca Pini per https://www.corriere.it/sette

 

 

 

cindy sherman

Questo articolo è comparso sul numero 38 di Sette, in edicola il 18 settembre 2020. Sullo stesso numero della rivista in formato cartaceo, vi proponiamo anche un colloquio fra Suzanne Pagé, direttrice artistica della Fondation Louis Vuitton di Parigi, e l’artista Cindy Sherman, sul senso della retrospettiva. Per la mostra Crossing Views, Sherman ha selezionato dalla collezione circa 50 opere.

Cindy Sherman è figlia della Picture Generation. «L’evento fondamentale dell’età moderna è la conquista del mondo come immagine», scrisse nel 1938 il filosofo tedesco Heidegger e il trionfo dell’autoritratto fotografico (oggi anche del selfie) affonda le proprie radici nel mito di Narciso. Il ritratto che fece Cindy Sherman di sé allo specchio in bagno ( Untitled Film Still#2, 1977), con la mano in posa elegante sullo sterno, ha un sapore rinascimentale e divistico.

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Sherman ha fatto di questo genere un’arte (diventando soggetto e oggetto delle foto che lei si scatta) per indagare l’identità di genere e per assumere, nelle fotografie dove lei si mette in scena trasformandosi, diversi ruoli e anche stereotipi femminili, in un sapiente gioco di camouflage, anche invecchiandosi come in Untitled#468, 2008. Temi, alcuni, anticipati dall’artista francese Claude Cahun (1894/1954), pioniera della fotografia performativa, di cui Cindy sviluppa al massimo le potenzialità. Uno styling molto ricercato è alla base della sua straordinaria tecnica che sfocia in immagini d’impatto estetico.

cindy sherman

 

La mostra alla Fondation Louis Vuitton

La grande retrospettiva «Cindy Sherman à la Fondation Louis Vuitton» di Parigi (dal 23 settembre al 3 gennaio 2021) ci mette di fronte alla coerenza della sua ricerca stilistica e concettuale (a partire da un primo album del 1964 e proseguita nel 1975 con Laminated Transmutation, 23 fotografie in cui il suo volto diventa altro nella fissità dei lineamenti) diramandosi in capitoli creativi fondamentali. Nel 1975/2006, i Doll Clothes (nei panni di una bambola da vestire), poi la famosa serie Bus Riders, dove lei è diversi passeggeri. Del 1981 è Untitled#96, foto venduta all’asta nel 2011 per 3,89 milioni di dollari (allora un record) così iconica che, nel 1998, l’artista giapponese Yasumasa Morimura se ne appropria “copiandola”.

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L’incursione di Cindy nella moda

Poi l’incursione di Cindy nella moda (dal 1983/84), gli History Portraits (1988/90) lei come la Fornarina di Raffaello e il Bacchino malato del Caravaggio. E tra le 170 opere, anche i Clown, le Sex Pictures, i Society Portraits. Negli anni 70/80, in pieno movimento femminista, l’artista afferma: «Il mondo dell’arte era pronto per qualcosa di nuovo, al di là della pittura. Un gruppo di donne si mise alla testa, in parte perché si sentivano escluse dal resto del mondo maschile dell’arte e pensò: “Nessuno sta occupandosi di fotografia. Prendiamo questa come nostro strumento”» (ArtNews, 2012).

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