1. WORK, BITCH! “NOI VOGLIAMO UN SACCO DI SOLDI, VOGLIAMO LE COSE GRIFFATE, UNA POSSIBILITÀ ECONOMICA: PER RIUSCIRCI, O SPACCI, O TI PROSTITUISCI”. NON FA UNA PIEGA 2. LO SFRUTTATORE-PUSHER MIRKO IENI, DETTO “MIMMI”, CERCA DI SCAGIONARSI: “NON ERO IL LORO PAPPONE, ERO UN LORO COLLEGA. CI PROSTITUIVAMO INSIEME. CHI VOLEVA UOMINI, CHI DONNE, CHI IN GRUPPO. MA L’TIALIA È BIGOTTA E NON CAPISCE IL SESSO” 3. “MIMMI” DICE DI CHE NON SAPEVA FOSSERO MINORENNI. UN CLIENTE-ESTORSORE USA QUESTA DIFESA: “IL SENO ERA CALATO, C’AVEVA LE RUGHE, MICA POTEVA AVERE MENO DI 18 ANNI” 4. E ORA LE VITTIME DELLE SQUILLO DI VIALE PARIOLI SEMBRANO LE MADRI. LA BARISTA, CHE ORA È IN GALERA, PENSAVA CHE SPACCIASSE: “AURORA MI SI RIVOLTAVA CONTRO, SI VERGOGNAVA DI ME PERCHÉ NON AVEVO SOLDI, VOLEVA LA BELLA VITA A PONZA” (CAPIRAI) 5. L’ALTRA, BANCARIA, CHE HA DENUNCIATO TUTTO: “VANESSA MI SI È AVVENTATA ADDOSSO TENTANDO DI STRANGOLARMI. MI HA MINACCIATO: “TI MANDO I MIEI AMICI COCAINOMANI A SGOZZARTI, TI BRUCIO TUTTI I VESTITI, TI AMMAZZO CON LE MIE MANI, TI ACCOLTELLO”

1. "NOI VOGLIAMO TANTI SOLDI PER AVERLI O SPACCI O TI VENDI"
Grazia Longo per "La Stampa"

In questa brutta storia delle baby squillo ai Parioli, la realtà assomiglia ad un prisma trasparente dove ogni faccia riflette luci che gettano ombre sulle altre superfici. C'è tutto e il contrario di tutto. Un cliente-estorsore, Mario Michael De Quattro, che nega di sapere che avessero solo 14 e 15 anni «perché il seno era calato, c'aveva le rughe, quindi non era una minorenne».

Uno sfruttatore-pusher che si arrampica sui vetri di un'assurda analisi sociologica: «Mi posso prostituire anche per conto mio, come in coppia o guardoni, non ho mai forzato nessuno, obbligato nessuno, minacciato nessuno. Eravamo complici, amici di uno stesso gioco forse perverso. Cioè, chi voleva una volta la donna, chi voleva l'uomo, chi voleva insieme guardasse. Può essere visto da un punto di vista etico e forse siamo in un Paese bigotto, cose che all'estero forse viene visto diversamente». Per non parlare dello squallido esercito dei clienti, quasi tutti accasati, alcuni addirittura con figlie adolescenti.

Ci sono due madri che seppur su posizioni diametralmente opposte - una ha denunciato tutto e permesso la fine del supermercato del sesso & droga, mentre l'altra è stata arrestata per induzione alla prostituzione - raccontano scampoli di vita che fanno rabbrividire.

La mamma in carcere, ex barista e commessa: «Non sapevo che si prostituisse, pensavo spacciasse. Aurora mi si rivoltava contro, mi buttava per terra. Mi diceva "voglio andare a Ponza. Tu non lo puoi fare, tanto tu non hai una lira. Tu non c'hai i soldi, tu non mi puoi mantenere e io voglio andare a Ponza". Non voleva che l'accompagnassi a scuola e mi diceva "non venire perché tu hai la macchina brutta e io mi vergogno"».

E ovviamente glissa sulle domande del procuratore aggiunto Maria Monteleone e del sostituto Cristiana Macchiusi a proposito del fatto che volesse ritirare la figlia dalla scuola e che sapesse della sua prostituzione nella casa di viale Parioli 190. L'altra, bancaria, madre della quindicenne Vanessa: «Un giorno mia figlia mi si è avventata addosso tentando di strangolarmi... mi ha minacciato dicendo "ti mando i miei amici cocainomani a sgozzarti, ti brucio tutti i vestiti, ti ammazzo con le mie mani, ti accoltello". Chiedo l'intervento dell'autorità affinché non possa fare ulteriori danni e continuare nella sua condotta sregolata».

E poi ci sono loro due, Vanessa e Aurora, vittime di un meccanismo che le ha travolte e dal quale dovranno riemergere con l'aiuto di psicologi ed educatori. Vanessa ostenta un atteggiamento a tratti strafottente. È lei il dominus della coppia ed è indagata per aver favorito la prostituzione di quella che lei stessa definisce «la mia amica del cuore».

Quest'ultima durante l'interrogatorio protetto, alla presenza di una psicologa alterna il pianto a dichiarazioni disarmanti: «Noi vogliamo troppo! Per guadagnare tutti questi soldi o spacci o ti prostituisci». E ancora: «Io voglio una possibilità economica mia: o vado a spaccià la droga o faccio questo». Insiste: «Io volevo lavorare per comprarmi cose griffate volevo avere i miei soldi per comprare tutto ciò che mi piaceva».

E tua madre non sapeva nulla? le viene chiesto. «Ogni tanto le davo dei soldi, quindi aiutavo anche la mia famiglia. Mamma pensava che spacciavo, non mi sentivo di dirle che mi prostituivo». Sul protettore Mirko (Mimmi) Aurora dice: «Senza di lui lavoravamo tre volte alla settimana, con Mirko lavoravamo tutti i giorni».

Sulla cocaina: «Io ho maneggiato la droga ma non l'ho passata a nessuno, era Vanessa che la comprava, non nego che quando ce l'avevo sotto gli occhi non la usassi». La prima volta l'ha usata durante la vacanza a Ponza: «Lì l'abbiamo data anche ai nostri amici, tutti di 16 anni».

E mentre le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo agli ordini del colonnello Sabatino proseguono per verificare il coinvolgimento di altri possibili minorenni - anche maschi - e per identificare i clienti che rischiano pene tra i 2 e i 5 anni, ieri in carcere si sono svolti gli interrogatori di garanzia per i due arrestati per spaccio. Sia Mirko Ieni, assistito dall'avvocato Filippo Andreoli, sia Marco Galluzzo, imprenditore edile, difeso dall'avvocato Armando Conti, hanno respinto le accuse.


2. «IO E LE STUDENTESSE AVEVAMO GLI STESSI CLIENTI» LA CONFESSIONE-CHOC
Fulvio Fiano per il "Corriere della Sera - Edizione Roma"

«Voglio una possibilità economica mia: o vado a spaccia' la droga o faccio questo». Parte dalla conferma di queste frasi dette dalla più piccola delle ragazze dei Parioli la difesa di Mirko Ieni, accusato di procacciare i clienti alle due minorenni per intascare una percentuale.

Non capo e dunque sfruttatore delle loro prestazioni sessuali, ma «collega» e, quindi, con il diritto - secondo lui - a una parte dei guadagni. Una distinzione sostenuta dal 38enne davanti al Tribunale del Riesame e ribadita ieri nel secondo interrogatorio di garanzia al quale è stato sottoposto per la nuova accusa di aver venduto droga alle studentesse. «Raccoglievo i soldi e andavo a San Basilio o a ponte Milvio o San Lorenzo a comprare per tutti la droga che dividevamo - ha raccontato Ieni, assistito dall'avvocato Raffaella Scutieri -. Mi davano 40 euro e io portavo mezzo grammo di cocaina, ma non ero io a venderla».

Stesso discorso per gli incontri sessuali: «Anch'io mi prostituivo e spesso con le ragazze, avevamo clienti comuni. Le telefonate in cui chiedo loro soldi sono riferite alla mia parte di prestazione». La difesa del 38enne ha depositato a sostegno di questa tesi 20 messaggi ricevuti dall'uomo in seguito agli annunci pubblicati sul sito di incontri usato anche dalle adolescenti. Con le quali si proponeva anche per incontri di gruppo. Nove autoscatti sullo stesso sito li ritraggono assieme.

«Non sapevo che erano minorenni, non ho mai visto un loro documento e non potevo intuirlo dai comportamenti». Come può non aver capito che avevano meno di 18 anni, chiede il gip? Ieni fa degli esempi: «Una volta mi dissero che volevano comprare un telefonino nuovo, ma non avevano i documenti con loro per la sim e glielo comprai io. Un'altra volta mi dissero che andavano all'università e ci vedemmo infatti a La Sapienza».

Interrogatorio anche per Marco Galluzzo, ritenuto dalla Procura l'altro pusher delle due amiche: «Non ho ceduto stupefacenti alle ragazze. Ero solo un cliente, le ho conosciute su internet quattro mesi fa e non sapevo che erano minorenni. Ci siamo visti in tutto tre volte, l'ultima ad ottobre. Le ho incontrate da solo, ogni volta pagavo circa 150 euro», ha sostenuto l'imprenditore, come riferito dal difensore, Armando Conti. I racconti dei due indagati non sembrano aver convinto i pm. Le posizioni si sarebbero aggravate.

 

 

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