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GILETTI D’ITALIA – "IL FATTO": OLTRE ALLA FOTO IN CUI COMPARIREBBERO BERLUSCONI, GIUSEPPE GRAVIANO E IL GENERALE DELFINO, BAIARDO PARLÒ A GILETTI DELL’ARRESTO DI BALDUCCIO DI MAGGIO, L’AUTISTA DI TOTÒ RIINA CHE 30 ANNI FA FECE FINIRE IN MANETTE IL CAPO DEI CAPI – LA COINCIDENZA SOSPETTA E' CHE DI MAGGIO NEL ’92 SI TROVAVA A POCHI CHILOMETRI DALLA GELATERIA DI BAIARDO E DALLA CASA DI DELFINO SUL LAGO D’ORTA DOVE, ALL’EPOCA, AVEVANO TROVATO RIPARO DURANTE LA LATITANZA ANCHE I FRATELLI GRAVIANO…

Estratto dell’articolo di Giuseppe Pipitone per “il Fatto quotidiano”

 

salvatore baiardo massimo giletti non e l'arena 6

Dice Massimo Giletti che Salvatore Baiardo gli parlò dell'arresto di Balduccio Di Maggio. Prima di fargli vedere la foto in cui, a dire di Baiardo, compaiono Silvio Berlusconi, Giuseppe Graviano e il generale Francesco Delfino, l’uomo che ha “predetto” la fine della latitanza di Matteo Messina Denaro gli parlò di un altro arresto clamoroso: quello dell’autista di Totò Riina, l’uomo che trent’anni fa portò i carabinieri a prendere il capo dei capi di Cosa nostra.

SILVIO BERLUSCONI FILIPPO GRAVIANO FRANCESCO DELFINO - ILLUSTRAZIONE IL FATTO QUOTIDIANO

 

La possibile esistenza del fantomatico scatto, su cui si sono concentrate le ricerche della Dia, potrebbe illuminare di una luce nuova alcune delle vicende più misteriose della stagione delle stragi. E non solo perché potrebbe provare i rapporti tra Berlusconi e il boss di Brancaccio, mai dimostrati e sempre negati dall’uomo di Arcore.

 

In questa vicenda della foto, infatti, s’inserisce un personaggio controverso: il generale Delfino, processato e assolto per la strage di Brescia, esperto di rapimenti nella Milano degli anni 70, poi condannato per truffa nella vicenda Soffiantini.

 

toto riina

Nel suo curriculum anche l’esperienza come unico agente segreto italiano a Londra, subito dopo la morte di Roberto Calvi nel 1982. Dieci anni dopo va a comandare i carabinieri in Piemonte, dove ha una splendida villa a Meina, sul Lago Maggiore. In quella primavera del ’92, come ha scoperto Enrico Deaglio, i personaggi di questa storia stavano tutti lì: la dimora del generale, infatti, dista appena una ventina di chilometri dalla gelateria di Baiardo a Omegna, sul lago d’Orta, dove all’epoca si muovevano i fratelli Graviano. Ad appena 15 chilometri, invece, c'è Borgomanero, dove aveva trovato riparo Di Maggio, fuggito dalla Sicilia per evitare di farsi ammazzare da Giovanni Brusca.

BALDUCCIO DI MAGGIO

 

È in un’officina del paese in provincia di Novara che arrivano i carabinieri, allertati da una soffiata su un traffico di stupefacenti: non trovano droga, ma trovano Di Maggio. Secondo la versione ufficiale è l'8 gennaio del '93: il mafioso chiede subito di parlare con Delfino e a lui racconta che sa come arrivare a Riina. Un vero colpo di fortuna per il generale che pochi mesi prima aveva voluto incontrare Claudio Martelli, per fargli una promessa: “Glielo faccio io un regalo di Natale, le portiamo Riina”. Il resto è storia: Di Maggio viene portato a Palermo, dove il 15 gennaio – poco dopo Natale – finiscono i 25 anni di latitanza del capo dei capi.

 

Davanti ai pm, però, Giletti racconta una versione diversa: “Baiardo sosteneva che Di Maggio fosse stato arrestato intorno al 26 dicembre 1992 e non il 7-8 gennaio 1993, e che una persona molto importante delle istituzioni lo aveva avvisato in questi giorni di festa dell’arresto, tant’è che lo disse subito a Graviano”. Chi era questa persona delle istituzioni? “Abitava vicino al lago d'Orta”, ha detto il conduttore, riportando le parole di Baiardo

giuseppe filippo graviano

 

[…]  Baiardo […] Al processo Graviano non parla di nessuna “persona importante delle istituzioni”, ma dice solo che “Omegna è un paese piccolo, tutti sanno tutto”. […]

FRANCESCO DELFINO

Che sulle rive del lago d’Orta possano esserci i segreti delle stragi sembrava averlo intuito anche Gabriele Chelazzi, il pm di Firenze che indagava sulle stragi prima di morire d'infarto nel 2003. Il 24 aprile del '97 il magistrato sta interrogando Di Maggio ed è particolarmente interessato al periodo trascorso dal pentito nel Nord Italia. Gli spiega di avere saputo da Brusca che i Graviano sapevano della sua presenza in Piemonte: lo avevano saputo da un tale “di origine palermitana, che faceva il gelataio lì, a pochi chilometri da Borgomanero”. […] Stavano tutti lì, affacciati sul lago nella stagione delle bombe.

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