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BATTAGLIA NAVALNY: DOPO DUE SETTIMANE IN CARCERE IL BLOGGER ANTI-PUTIN TORNA IN LIBERTA’: ERA STATO ARRESTATO LO SCORSO 26 MARZO DURANTE LA PROTESTA CONTRO LA CORRUZIONE

Rosalba Castelletti per la Repubblica

 

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Alexei Navalny, il blogger e oppositore russo, è di nuovo libero. Ha scontato i 15 giorni di detenzione amministrativa che gli erano stati comminati dopo le proteste dello scorso 26 marzo che avevano visto scendere in piazza migliaia di persone in 90 città russe, 7mila nella sola capitale. Navalny era stato condannato a 15 giorni di carcere per resistenza a pubblico ufficiale e a una multa da 20mila rubli, 320 euro, per aver organizzato proteste illegali.

 

Ad annunciare il suo rilascio è stato Leonid Volkov, a capo della sua campagna elettorale per le presidenziali 2018. Giornalisti e sostenitori attendevano Navalny davanti al centro di reclusione temporanea nel quartiere nordoccidentale moscovita Khoroshevo-Mnevniki. Ma, invece che da lì come previsto, l'attivista anti-corruzione è stato rilasciato intorno alle 14.30, ora locale, da un centro nel quartiere Konkovo, a Sud di Mosca, lontano dalle telecamere.

ALEXEI NAVALNY ALEXEI NAVALNY

 

Tra la folla che lo attendeva, vi erano anche dei ragazzi che mostravano cartelli con la scritta "Dove sono i nostri 10mila euro?": un riferimento alla promessa di Navalny di presentare ricorso presso la Corte europea per i diritti umani (Cedu) perché tutti i manifestanti fermati, portati in tribunale o multati dopo aver preso parte alle manifestazioni di domenica 26 marzo ottenessero un risarcimento per danni morali e spese legali. In passato, aveva detto il blogger, grazie al progetto "RosEvroSud" (tribunale europeo russo), la sua Fondazione anti-corruzione avrebbe presentato 55 appelli presso la Cedu vincendo 12 casi, mentre altri 29 sono ancora in corso. 

 

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Citando in particolare il caso dell'attivista Igor Tarasov risarcito con successo, Navalny aveva detto che chiunque fosse stato ingiustamente fermato o multato avrebbe potuto ottenere un indennizzo netto di 10mila euro. Affermazione che, dai suoi detrattori, era stata vista come un'incitazione a manifestare in cambio di denaro.

 

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