MA CHE BEL REGALO A COSA NOSTRA: UNA VENTINA DI BOSS, TRA CUI STRAGISTI E CAPIMAFIA, SONO USCITI DAL CARCERE PER DECISIONE DEI TRIBUNALI DI SORVEGLIANZA – "LA STAMPA": “L’ALLENTAMENTO DELLE DIFESE ISTITUZIONALI SONO SPIE DI UN ATTEGGIAMENTO PERICOLOSO PERCHÉ TRADISCONO UNA SOTTOVALUTAZIONE DEL FENOMENO. È IL "FATALE ERRORE" CHE SI RIPRESENTA: UNA CONTROPRODUCENTE RICERCA DI "RITORNO ALLA NORMALITÀ" INDUCE L'APPARATO REPRESSIVO A SEGUIRE LE SIRENE DI UNA POLITICA POCO ATTENTA. È UN "REGALO" ALLA MAFIA: ABBASSARE LA GUARDIA E GUARDARE ALLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI COME A FENOMENI "NORMALI…”
1. I BOSS TORNANO IN SICILIA
Riccardo Arena per “la Stampa”
Permessi premio o semilibertà. Sono circa una ventina i boss tornati in Sicilia o comunque usciti dal carcere per effetto della decisione dei tribunali di sorveglianza. Tra loro ci sono anche stragisti, capimafia ed esponenti della criminalità organizzata condannati all'ergastolo.
2. L'ERRORE FATALE DI UNO STATO CHE LIBERA I BOSS DELLA MAFIA
Estratto dell’articolo di Francesco La Licata per “la Stampa”
Sono trascorsi più di trent'anni dalla terribile stagione delle stragi di mafia che misero in ginocchio l'Italia […]
Lo Stato si dimostrò all'altezza e, per una volta, usò la forza necessaria per combattere un nemico mostruoso in passato galvanizzato da sottovalutazioni e inerzie istituzionali.
Cosa nostra, insomma, fu "normalizzata" fino a diventare debole come raramente la si era vista. I boss furono strappati alle loro latitanze dorate, molti beni illegali finirono nelle casse dello Stato, picciotti e boss impararono a conoscere il carcere senza gli sconti e la benevolenza in passato riservati ai mammasantissima abituati a vivere in cella come al Grand'Hotel.
A quel punto magistrati come Falcone e Borsellino avrebbero consigliato di insistere nel ridimensionare ulteriormente l'associazione mafiosa, anche per non cadere nel fatale e ricorrente errore di far riprendere fiato al mostro. […]
E invece il "fatale errore" si ripresenta: una controproducente ricerca di "ritorno alla normalità" (dopo anni di fruttuosa emergenza) induce l'apparato repressivo a seguire le sirene di una politica poco attenta. Così accade quello che in passato si è sempre dimostrato un "regalo" alla mafia: abbassare la guardia e guardare alle organizzazioni criminali come a fenomeni "normali".
Ed ecco le recenti scarcerazioni di boss e gregari di Cosa nostra, alcuni stragisti con condanne definitive, anche ergastolani, oggi liberi, o semiliberi o gratificati con permessi speciali, per aver usufruito dei benefici riservati a "detenuti modello". Altri tornati fuori dalle sbarre per decorrenza dei termini o, comunque, per "inadempienza della giustizia" qual è, per esempio, il ritardo nel redigere le motivazioni delle sentenze, senza le quali viene meno una delle possibilità di ricorso degli imputati.
Ma entrambi i motivi di questo allentamento delle difese istituzionali sono spie di un atteggiamento pericoloso da parte della macchina preposta alla repressione mafiosa, perché tradiscono una sottovalutazione del fenomeno. La presenza di agguerrite organizzazioni criminali in una vastissima porzione di territorio nazionale dovrebbe far riflettere sulla scelta di adoperare strumenti giuridici condivisibili per "normali realtà criminali". Il recupero del detenuto, per esempio, è obiettivo che nessuna persona ragionevole potrebbe mettere in dubbio se vivessimo, specialmente al Sud, una normale dialettica tra bene e male. Ma cosa c'è stato di normale nella tragica nostra recente storia?
Sappiamo che il carcere è uno dei temi cruciali dell'essenza mafiosa. Dice un vecchio adagio siciliano che "L'uomo d'onore è nato per soffrire" e dunque mette nel conto un po' di anni di carcere. Tre, quattro, anche di più, ma non il carcere vero. Quello no, quello devono farlo i poveracci, i boss sanno di avere quasi diritto a un trattamento più docile. Così funzionava prima: Masino Buscetta, prima di pentirsi, scontava la sua pena nell'infermeria del carcere dell'Ucciardone. E quando decise di evadere cosa fece? Convinse i giudici di sorveglianza di essere un "altro uomo"
[…] I vari Galatolo, Alfano, Pullarà, assassini e stragisti come quel Formoso condannato per la strage di Milano e oggi semilibero, sono redenti? Nessuno di loro ha mai dato prova di conversione visto che durante gli interrogatori non hanno aperto bocca se non per declinare nome e cognome e basta.
Ma sono detenuti modello.
[…]