storia delle righe

BISOGNA SAPER LEGGERE TRA LE RIGHE – STORIA DELLA STOFFA CHE HA VISSUTO DIVERSE VITE: LE RIGHE SONO GIUNTE FINO A NOI CARICHE DI UN SIMBOLISMO. POSSONO CONFONDERE LO SGUARDO O ESSERE PORTATRICI DI ORDINE NEL DISORDINE – NEL MEDIOEVO ERANO UN MARCHIO D’INFAMIA ED ERANO CONSIDERATE DEMONIACHE, SONO STATE SIMBOLO DI UNA RIVOLUZIONE O DI RESISTENZA COME NELLA GENOVA DEL 30 GIUGNO DEL 1960 – DAL MARE SONO SBARCATE SULLE PASSARELLE CON…

Alba Solaro per “il Venerdì - la Repubblica”

la rivolta di genova 20 giugno 1960 2

 

l 30 giugno di sessant' anni fa Genova si riempì di magliette a strisce. Un grande corteo antifascista attraversò la città per protestare contro il governo Tambroni e scacciare il Movimento sociale italiano (Msi), che per il 2 luglio aveva indetto il suo congresso proprio lì, nella città medaglia d'oro della Resistenza. Finì con scontri, barricate, jeep incendiate; il comandante della Celere volò nella fontana di Piazza De Ferrari; i manifestanti scapparono nei caruggi, protetti dagli abitanti dei vicoli che dalle finestre gettarono di tutto sulla polizia. I contestatori, studenti e giovani operai, vestivano un'unica divisa: una maglietta a righe bianche e blu, o bianche e rosse, neanche fossimo in una pellicola della nouvelle vague.

 

la rivolta di genova 20 giugno 1960 1

Le avevano comprate per poche lire alle svendite dei grandi magazzini; erano la versione proletaria della marinière indossata da Brigitte Bardot sulle pagine dei rotocalchi, delle t-shirt dei fichissimi surfer californiani. Fu così che quella passò alla storia come L'estate delle magliette a strisce, come si intitola un libro di Diego Colombo (mentre nella sua autobiografia Fausto Bertinotti è Il ragazzo con la maglietta a strisce). Fu un'estate violenta: le manifestazioni si moltiplicarono, la polizia usò le armi, e il 7 luglio a Reggio Emilia rimasero uccisi cinque giovani; quelli a cui è dedicata la canzone di Fausto Amodei che conosciamo tutti.

 

brigitte bardot

La generazione delle magliette a strisce, così lontana dall'estetica militante del Pci e dei partiti, anticipava molto di quello che stava arrivando: il corto circuito fra culture giovanili e consumi, l'immaginario che metteva insieme i beatniks, i juke box, l'antifascismo, il sogno di una vita che non girasse solo intorno al lavoro. Le righe dunque sono trasgressive? Beh, quel giorno a Genova di sicuro lo furono.

 

stoffa diabolica Il fatto è che le righe sono diaboliche. Proprio nel senso di demoniaco: qualche secolo fa erano addirittura un marchio di infamia. Lo spiegava lo storico francese Michel Pastoureau in un bel libro purtroppo mai ristampato, La stoffa del diavolo (Melangolo, 1993). In Europa nel Medioevo, scrive Pastoureau, se vestivi a strisce non eri "normale": nella migliore delle ipotesi eri un pazzo, un saltimbanco, un eretico, una prostituta, un boia, un lebbroso. Le righe ti bollavano come un infame, un reprobo. Non certo perché qualcuno si era svegliato storto una mattina e aveva deciso così. Le ragioni sono tante.

 

medioevo

Nel Levitico si legge «Non indosserai una veste che sia tessuta di due». E non stiamo parlando di lino misto seta, ma dello sguardo medievale, attento alla lettura per piani: le immagini venivano considerate a partire dallo sfondo per poi arrivare al primo piano. E le righe rendono quasi impossibile questa lettura, creano un ostacolo visivo a stabilire quale sia effettivamente il colore di fondo: è il bianco o il blu? Nasce così la fama di stoffa ingannevole, truffaldina come il gioco delle tre carte. Nel 1310 un ciabattino di Rouen, membro del basso clero - racconta sempre Pastoureau - era stato condannato a morte perché sorpreso in vesti rigate.

 

michel pastoureau

Tanti documenti d'archivio raccontano storie simili. Nel 1254 Luigi IX di Francia tornò dalla Terrasanta con un gruppo di monaci carmelitani avvolti in mantelli rigati bianco-scuri come quelli del profeta Elia. In strada li deridevano e li insultavano per quelle vesti; li chiamavano "i frati barrati", ma solo dopo anni e molti sforzi, papa Bonifacio VII riuscì a convincerli a togliere le barre alle loro cappe.

 

pieter bruegel

Attenti alla zebra Provate a pensare ai quadri di Bosch e Bruegel: spessissimo c'è un personaggio vestito a righe che attrae lo sguardo su di sé. Nei dipinti medievali i cavalli degli eroi sono sempre immacolati; la zebra invece era finita nei bestiari satanici. Zebra era anche il modo con cui i prigionieri dei campi di concentramento nazisti chiamavano la loro divisa.

 

Qualcuno forse ricorda un'incresciosa buccia di banana su cui scivolò qualche anno fa la catena di abbigliamento Zara: aveva messo in vendita una maglietta da bambini a righe con una vistosa stella gialla che doveva fare effetto sceriffo, e invece ricordava in modo inquietante i pigiami rigati dei piccoli ebrei; dopo un po' di segnalazioni di media israeliani, Zara rimosse dal catalogo la maglietta. Certo oggi i detenuti non vestono più come Chaplin in Charlot avventuriero, con le fasce bianche e nere che in caso di fuga non permettono di mimetizzarsi. Ma come siamo arrivati da lì al glamour senza età delle righe che mettono d'accordo tutti, Pablo Picasso ottuagenario e le tutine dei neonati? È stata una lenta marcia, iniziata con l'imporre divise a righe ai domestici, per poi passare alla carta da parati delle dimore neoclassiche. Finché le strisce non hanno fatto la rivoluzione.

 

zebra

Letteralmente: nel 1789 i sanculotti francesi si distinguevano dall'aristocrazia (che amava il bianco) per gli abiti a strisce bianche rosse e blu come la bandiera. Ricorda qualcosa? Sì, pochi anni prima, nel 1777, il vessillo americano a stelle e strisce aveva sventolato per la prima volta a Cooch' s Bridge, durante la Guerra d'indipendenza. Non più reprobe, ma per sempre ribelli, le righe sono giunte fino a noi cariche di un simbolismo tanto irresistibile quanto elusivo.

picasso

 

Possono essere anarcoidi, confondere lo sguardo (tutte quelle sovrapposizioni dell'optical art!); oppure portatrici di ordine nel disordine - pensate alle righe del pettine, dell'aratro. Suggellano il bon ton borghese e al tempo stesso la vocazione bohémien delle controculture. O il vagabondare dei marinai. Nel 1868 il granduca Konstantin Nikolaevich Romanov, figlio dello zar Nicola I, riceveva a San Pietroburgo l'equipaggio della fregata General Admiral felice della nuova uniforme a righe orizzontali.

picasso

 

Dai mari alle passerelle Dieci anni prima, la maglia dei pescatori bretoni era entrata ufficialmente nel guardaroba della Marina francese, con lo scollo a barchetta, le maniche a tre quarti e 21 righe blu su sfondo bianco: secondo la leggenda quante le vittorie di Napoleone. Se ne innamorò Coco Chanel durante una vacanza in Bretagna nei primi anni Dieci, quando erano a righe anche i castigati primi costumi da bagno, e gli scostumati completi gessati dei gangster. Si può dire che da allora tutti abbiamo avuto almeno una maglietta a righe, noi come Andy Warhol e Jean-Paul Sartre, James Dean e Audrey Hepburn, Patti Smith e Kurt Cobain, i giocatori di rugby e Querelle de Brest. Chanel, sempre lei, diceva che «non si è mai troppo ricchi o troppo magri».

maglietta a righe

 

Jean Paul Gaultier potrebbe aggiungere che non si hanno mai troppe righe negli armadi. Lo stilista francese con la marinière probabilmente ci va pure a dormire, gli ha ispirato decine di capi, l'ha fatta indossare persino alla boccetta di un profumo. Ama le righe nella consapevolezza che quelle fasciano da sempre il torace dei marinai, e non quello degli ufficiali.

 

jean paul gaultier 1

Lo scorso febbraio, quando ha presentato a Parigi la sua ultima collezione, le ha spalmate ovunque, dai collant delle modelle alle maniche a sbuffo di top concettuali. Era il suo grande addio alle scene. Ma poi è arrivato il Covid-19. E Gaultier non ha resistito: le ha messe su una mascherina griffata, da cui sboccia una maxi bocca rossa pronta ai baci.  

audrey hepburncampi di concentramentococo chanelgondolierijean paul gaultier hieronymus bosch la maglietta di zara

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