“BOSSETTI E’ INNOCENTE E IO NON CI DORMO LA NOTTE” - INTERVISTA A ROBERTO BIANCO, PUNTA DI DIAMANTE DEL POOL DIFENSIVO: “DOPO UN MESE SAPEVAMO CHE I CINQUE INDIZI PRINCIPALI DELL’ORDINANZA CAUTELARE ERANO CROLLATI. DOPO ANCHE GLI ALTRI”
camporini salvagni difesa bossetti
Luca Telese per “Libero Quotidiano”
Bianco, come si diventa coordinatori del pool difensivo di Massimo Bossetti?
«Ehhhh domanda difficile!».
Perché?
«Coordinatore è un titolo che sembra attribuirmi troppa importanza; non ci sono gradi, il nostro è un lavoro di squadra».
Quindi qual è il tuo ruolo?
«Sono laureato in giurisprudenza, ma ho deciso di non fare l'avvocato e di essere un consulente».
Perché fino ad oggi non avevi rilasciato interviste, malgrado le tante richieste?
«Non sono un front man, amo la discrezione e lavorare "dietro le linee". Chi mi conosce lo sa».
silvia gazzetti e massimo salvagni avvocati di massimo bossetti
Perché parli adesso?
«Siamo al giudizio, mi sforzo perché sono un romantico del diritto e vorrei dare il mio contributo all' accertamento della verità».
Non mi hai ancora risposto come sei arrivato nel pool.
«Dovrei dirti: sono qui per caso. Il mio primo legame con questa storia è la lunga amicizia con Salvagni».
Amicizia stretta?
«Di vecchia data: università insieme, gli esami di giurisprudenza, serate passate a discutere di diritti e diritto, i legal thriller che vedevamo da ragazzi: hai presente "Suspect, presunto colpevole"? Abbiamo fatto questo, nella vita, perché da giovani eravamo idealisti».
E poi?
«Quando Claudio assume la difesa di Bossetti, conoscendo le mie competenze e il mio carattere, esattamente speculari al suo, mi chiama. Dice sempre che io sono il suo peggior critico...».
silvia gazzetti e massimo salvagni avvocati di massimo bossetti
E tu accetti entusiasta?
«Per nulla. All' inizio, influenzato come tutti dalla tv, avevo zero simpatia per Bossetti».
Pare incredibile.
«È così. Avevo davanti agli occhi il ritratto da mostro che gli hanno costruito addosso».
E quindi?
«Sono entrato in ogni dettaglio di questo processo. Se ho coordinato anche il lavoro di altri è perché ho messo insieme montagne di dati, analizzato documentazioni di ogni tipo. Non avrei mai immaginato...».
silvia gazzetti e massimo salvagni avvocati di massimo bossetti
Cosa?
«Che avrei passato, senza soluzione di continuità, giorni e notti sul computer, che sarei stato al fianco di Massimo a tutte le udienze, un anno. Che gli avrei asciugato lacrime di rabbia e dolore in aula, quando Paolo (Camporini, n.d.r.) ha parlato dei suoi figli...».
Paolo com'è?
«Un grande avvocato ed un proceduralista pazzesco. È quadrato».
Cosa hai da dire?
«Lavoro incessantemente da due anni sui documenti dell'indagine. Ne so qualcosa».
Roberto Bianco è davvero un uomo discreto. Ci fosse la tv, nell'aula di Bergamo, sarebbe un personaggio famoso. Invece è rimasto nell' ombra, intercettato di sfuggita dalle tv, senza parlare. L'ho conosciuto sul campo, seguendo il processo di Yara. Mi è sembrato subito un personaggio chiave, ma per un anno ha rifiutato ogni richiesta. Memoria elefantiaca, classificatore metodico, nella squadra di Bossetti ha impostato il metodo di lavoro e dettato alcune strategie.
La storia di questo gruppo - a prescindere da cosa si pensa sulla colpevolezza del suo cliente - in America sarebbe un film. Barba scura, occhi verdi, moglie e due figli potrebbe essere uno alla Henry Fonda in "La parola ai giurati".
Sei finito persino nelle intercettazioni dell' inchiesta.
«In buona compagnia. C'è anche il nome di Vespa, dei giornalisti big, ci sei pure tu. Di me hanno messo una frase in cui Marita e sua cognata dicono: "Ha dei begli occhi". Ti pare possibile?».
Una cosa innocente.
«Quando diventa un atto processuale nulla lo è. La prima anomalia di questa inchiesta è la demolizione di ogni privacy, e l'uso distorto di ogni dettaglio».
Fammi un esempio.
«Infilare il rendimento scolastico del figlio. Attinenza zero».
Un altro.
«Negli atti di indagine si sono riportate anche maldicenze di paese sulla madre di Massimo, pettegolezzi anni sessanta tipo: "Un giorno l'ho vista fumare in balcone in reggiseno". Zero attinenza».
E perché è nel fascicolo d' indagine?
«Perché è utile per i titoli e screditare. Il processo mediatico è stato parallelo a quello giudiziario, lo sai».
Altro esempio.
«Se devo dimostrare che Bossetti è un mostro, prendo un foglietto nel suo portafoglio con nomi di donna e lo torchio per fargli confessare che sono amanti e magari donne magari stalkerizzate. Samantha, Lucy...».
E invece?
«Lo sai, è una gaffe con risvolti anche divertenti, se la estraiamo dal contesto del dramma! Bossetti li ha messi in mutande dimostrando che erano i codici del bancomat e della carta mascherati con un finto prefisso».
È grave?
«Ma scusa! È incredibile che lo abbiamo interrogato, senza nemmeno provare i numeri e capire che erano inesistenti! Gliel' ha detto lui!».
Altro esempio sulla privacy?
«Usare lo stesso metodo, mettendo in piazza in aula presunti amanti di Marita per destabilizzare la coppia. Ci sono in parte riusciti».
Ti riferisci al fatto che Bossetti si è poi "vendicato" di Marita con il tradimento epistolare con "la Gina"?.
«Virtuale, direi. Non commesso. Ma usato per screditarlo. Camporini e Salvagni hanno ipotizzato in aula che potesse essere un trappolone...».
Un altro paradosso.
«La dottoressa Ranalletta ha dimostrato in aula che la morte può non essere avvenuta a Chignolo. Che il ciuffo d' erba nella mano di Yara non era radicata».
Come?
«Usando e citando una sola fonte: la perizia dell' accusa!!!!».
Continuiamo il tuo racconto.
«Claudio ha l'entusiasmo che trascina i sassi. Io ero scettico, lui si era convinto dell' innocenza di Bossetti, mi ha tirato dentro».
Chi vi paga?
«Questo è il bello, nessuno. Non ci siamo arricchiti, ma impoveriti, semmai. Sono note le condizioni economiche di Bossetti».
Si dice: chi difende un personaggio noto fa tanti soldi.
«Ah sì? Ditemi come. Molti ignorano che una difesa di questo tipo costa, solo di fotocopie atti e documenti, decine di migliaia di euro. Massimo non ne aveva uno!».
E la famiglia?
«Marita fa salti mortali per sfamare i figli. Non le danno lavoro. Chi doveva soldi a Bossetti ha approfittato per non pagare».
E tu?
«Ho abbandonato molti incarichi perché sono stato preso da questo processo quasi totalmente. Era un' ansia di verità, o un' ossessione, entrambe le cose, forse».
All' inizio eri in incognito.
«Sì. Bergamo è piccola, vasi comunicanti, relazioni... non volevo tirare dentro i miei figli. Lavorare per il mostro, un marchio di infamia».
E poi?
«Poi ho studiato l'ordinanza di custodia cautelare: dopo un mese sapevamo che i cinque indizi principali di quel testo erano crollati. Dopo anche gli altri».
Non esageri?
«Non credo. Lo sai bene, e lo sa anche l' accusa, che non li ha più utilizzati. Basta questo».
Ricordiamo alcuni indizi caduti.
«Falso che ci fosse calce nei polmoni. Falso che il fratellino di Yara avesse riconosciuto Bossetti. Falso che la cella di Mapello fosse indiziante, dato che il cellulare di Bossetti e quello di Yara agganciavano sì la stessa cella, ma in diversi settori (e, quindi, in direzioni diverse). Falso che Bossetti - non avevano nemmeno guardato su Google! - facesse un percorso irrazionale per tornare a casa».
LA VOLVO DI MASSIMO BOSSETTI IN VENDITA
Ti sei convinto dell' innocenza così?
«Appena iniziavo a toccare gli indizi, si sgretolavano. Io non ho trovato nulla che dimostri la sua colpevolezza».
Che idea ti sei fatto?
«Credo che il tweet dell' arresto di Bossetti abbia creato dei problemi agli investigatori. Probabilmente avrebbero voluto, una volta giunti all' identificazione, non arrestarlo subito e iniziare, in silenzio, le indagini su di lui. Invece tutto ha subìto una accelerazione imprevista che ha costretto ad ipotizzare come indizi cose prive di valore».
Esempio?
«La presunta fuga. "Ha tentato di scappare!". Abbiamo dimostrato in aula, video alla mano, che non era possibile, né vero. Non lo ha scritto nessuno».
L' uomo della strada ti direbbe: ma c' è il suo dna sulle mutandine!
(Sospiro) «Io ho seri dubbi su quel dna, non solo per i riscontri tecnici che mi giungono dai nostri genetisti, (il dottor Capra e la professoressa Gino), ma anche per… chiamiamole "anomalie" che ho potuto personalmente e documentalmente verificare».
A cosa ti riferisci?
«Guarda, solo in relazione al tema dna ne ho elencate sedici. Quanto tempo hai per parlarne?».
Illustra la prima...
«A parte l' assenza del mitocondriale di Bossetti? La presenza di una sottotraccia che nessuno ha verificato. È una seconda persona o di una eteroplasmia della vittima?».
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti
Però l' identikit del killer è un muratore della bergamasca, lui lo è, e la traccia è sua. Si dice: una coincidenza strana.
«Ti faccio questo esempio. Se si tratta di una traccia da contatto, è più probabile che sia un muratore della bergamasca. Sarebbe irrazionale che fosse un forestale di Pizzo Calabro! Questa è logica».
Perché?
«Se hai una macchia di pomodoro, è più facile che venga dal tavolo vicino, dove si mangia pastasciutta, piuttosto che da una tenda del Marocco dove hanno mangiato kebab».
Cosa ti ha maggiormente infastidito?
«Difficile scegliere. Bossetti potrebbe essere condannato per un indizio fantasma. Questo dna è tanto quando devono dire che l' indizio è credibile. Ma diventa poco, anzi finisce, quando si chiede di controllare».
Fammi un altro esempio.
«Questo è incredibile. Dicono: il dna di ignoto1 è perfetto, è stato testato con più kit. È vero. Ma alcuni davano esito negativo, altri positivo, altri erano scaduti».
Queste cose quante persone le sanno?
«Tutti quelli che hanno studiato gli atti e seguito il processo. Accusa e difesa di sicuro».
letizia ruggeri pubblico ministero del processo yara bossetti
Il vostro ultimo colpo di scena, il fatto che il test di riscontro risulti contaminato.
«Lo ha scoperto, esaminando centinaia di tracce, quel genio di Marzio Capra».
Riesci a spiegarlo il problema ai comuni mortali, anche se è complicato?
«Ci provo. Metti che la macchina del test sia una padella. La prova negativa serve a dimostrare che quando cucini una nuova pietanza la padella è pulita».
E loro hanno fatto questo test nello stesso esame in cui hanno identificato ignoto numero uno?
«Esatto: metti un liquido neutro, la macchina deve darti uno spettro del tutto "piatto". In questo caso puoi cucinare perché la padella è pulita».
furgone davanti la palestra di yara che non era di bossetti
E invece?
«E invece quel giorno, in quell' esame, la prova negativa risultò con un picco. E sai quale? Il 22, proprio uno che fa parte del "corredo" di Bossetti. La padella dove si è cucinata la prova di Bossetti era sporca!!».
Perché questo non è arrivato al grande pubblico?
«Di questo si è scritto poco o nulla».
Temi che Bossetti sia condannato?
«Posso solo sperare che il diritto prevalga. Mi auguro che - prima o poi - questa verità verrà a galla».