harvard studenti pro palestina pro israele

CAMPUS DI BATTAGLIA – LE UNIVERSITÀ AMERICANE, DA HARVARD ALLA COLUMBIA, SONO DIVISE TRA CHI SOSTIENE I PALESTINESI E CHI DIFENDE ISRAELE IN UN CLIMA CHE SI FA SEMPRE PIÙ AVVELENATO: ALLA CORNELL UN 21ENNE È STATO ARRESTATO PER MINACCE CONTRO GLI EBREI DEL CAMPUS MENTRE I RAGAZZI CHE MANIFESTANO PRO GAZA HANNO PAURA CHE I LORO CURRICULUM VENGANO SCARTATI VISTO CHE IN MOLTE AZIENDE...

Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “la Stampa”

 

harvard divisa nel conflitto israelo palestinese

[…] Nel piazzale al centro del campus di Harvard fra la facoltà di filosofia e la biblioteca, la bacheca dei manifesti è piena di pubblicità per ogni iniziativa: la difesa dell'aborto, un dibattito sulla salute della democrazia e sull'eredità di Li Keqiang, defunto premier cinese. Uno sopra l'altro, ci sono anche i volantini di chi respinge il cessate il fuoco e di chi chiede soldi per i bambini di Gaza. Un QR-code rivela che le donazioni sono ancora lontane dall'obiettivo, ma è solo uno il gruppo coinvolto.

studenti di harvard pro palestina 5

 

Harvard è stato il primo campus americano a sollevarsi dopo la carneficina del 7 ottobre e le prime bombe israeliane sulla Striscia di Gaza. Altri college l'hanno seguita. Come Columbia University, Stanford, Penn a Philadelphia magari superandola sulla scala delle tensioni. Alla Cornell un ragazzo di 21 anni è stato arrestato per minacce assai circostanziate contro gli ebrei del campus. Venerdì scorso in oltre cento campus ci sono state piccole manifestazioni, classi sospese e sit-in con gli attivisti filopalestinesi sdraiati a terra a simboleggiare la morte dei civili della Striscia.

 

studenti di harvard pro israele 2

Oltre 30 gruppi studenteschi di Harvard hanno diffuso una lettera in cui addossavano la responsabilità dell'accaduto «all'occupazione israeliana delle terre dei palestinesi». Il Board dell'università è rimasto tiepido, non ha condannato il gesto e si è limitato, tre settimane dopo l'accaduto, a costituire un gruppo di monitoraggio sui rischi e l'antisemitismo. Così Bill Ackman, ex alumno di Harvard, fondatore della società di investimenti Pershing Square Capital Management, ha reiterato la proposta che devono esserci conseguenze per chi ha firmato l'appello pro-Gaza. Ovvero ostruzione nell'ingresso al mercato del lavoro.

 

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I ragazzi del collettivo pro-Palestina sono circa 200. Condividono un gruppo WhatsApp, «ma quando facciamo eventi la partecipazione aumenta», spiega a La Stampa un portavoce del Comitato di solidarietà palestinese di Harvard. «Siamo consapevoli che il nostro attivismo potrà nuocere alla carriera professionale almeno a breve termine. Eppure – dice il rappresentante – questa è una questione morale per la nostra generazione e siamo convinti che la storia vendicherà coloro che si schierati per i diritti della Palestina così come successe per coloro che protestarono per la guerra in Vietnam nonostante allora fossero impopolari».

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[…] Se i dati diffusi della Anti Defamation League (ADL) riferiscono di un aumento del 400% di azioni contro gli ebrei dal 7 ottobre e documentano 110 manifestazioni anti-Israeliane di cui 27 a forti tinte di «sostegno al terrorismo», pure gli episodi di islamofobia sono in crescita: nelle due settimane post 7 ottobre sono stati segnalati 774 casi con un aumento del 182%.

 

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«Abbiamo ricevuto – spiega il portavoce del CPS – insulti, minacce di morte e cose simili. Le nostre foto sono state stampate e incollate su un camion che ha fatto una parata nelle strade del campus etichettandoci come antisemiti, uno dei rabbini di Harvard ci ha definiti animali». Le intimidazioni in questo ultimo mese sono aumentate, ma «minacce ce ne sono sempre state», raccontano alcuni ragazzi che preferiscono non dire il loro nome, il fatto è «che le voci pro-palestinesi sono messe nella lista nera in America e oscurate anche sul Web.

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Stiamo tornando a una sorta di tradizione Maccartista». Ad Harvard […] confessano di aver paura, gli amici non indossano più la kippah; una giovane araba ha rinunciato al velo per non attirare l'attenzione. […]

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