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“PRENDEVO SOLDI DA BUZZI SENZA FARE NULLA” - INCALZATO DAI PM, CARMINATI E’ COSTRETTO AD AMMETTERE DI NON AVER AVUTO ALCUN RUOLO NELLA “COOP 29 GIUGNO” - E PER I PM, RESTA IN PIEDI UNA SOLA IPOTESI: “ER CECATO” PORTAVA IN DOTE LA CAPACITÀ DI CORRUZIONE, VIOLENZA, POTERE E FORZA DI INTIMIDAZIONE - IL MISTERO DEI SOLDI RUBATI CON IL COLPO AL CAVEAU DEL TRIBUNALE DI ROMA

1 - LA CADUTA DEL "RE" CARMINATI "SOLDI DA BUZZI SENZA FAR NULLA"

Carlo Bonini per “la Repubblica”

 

buzzi carminatibuzzi carminati

Massimo Carminati, il "Re", è caduto. E del processo Mafia Capitale che si avvia ora alle requisitorie dei pm (prima metà di aprile) e alle arringhe delle difese (maggio e giugno) per una sentenza che arriverà entro l' estate, resteranno i quaranta minuti che, ieri pomeriggio, ne hanno verosimilmente segnato l' esito. Il controesame del Procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Luca Tescaroli.

 

Che travolge Carminati. E lo costringe all' ammissione chiave. Quella su cui si misura e misurerà la "mafiosità" dell' associazione a delinquere a giudizio nell' aula bunker di Rebibbia da un anno e mezzo. «Ero socio di Buzzi - dice Carminati - e avevo diritto al 50 per cento degli utili della cooperativa 29 giugno. In cambio di cosa? Di nulla. Non svolgevo alcun lavoro». È una dichiarazione di resa.

BUZZI CARMINATIBUZZI CARMINATI

 

Che lascia in piedi una sola ipotesi sulla natura di quel rapporto "contro natura" tra il "rosso" Salvatore Buzzi e il "nero" Massimo Carminati. Che il secondo avesse da portare in dote alla ditta e alle sue capacità di capillare corruzione della vita amministrativa della città una sola cosa. La "riserva di violenza", il potere e la forza di intimidazione della sua storia criminale. Insomma, la "mafiosità".

 

Per arrivare sin qui, alla Procura è sufficiente portare a compimento il suicidio processuale cui Carminati si è consegnato con una deposizione tarata su una parte in commedia che non è la sua. Un po' "Fantomas", e un po' "cretino". Un po' boss, un po' ladro di polli. Un gioco che faticosamente regge fino a quando a condurre la danza del "Nero" sono le domande del suo avvocato difensore Ippolita Naso.

buzzi e carminati a processobuzzi e carminati a processo

 

Ma che si rivela posticcio quando dal banco della pubblica accusa si alza il primo dei pm, Luca Tescaroli. Innervosisce facilmente Carminati con domande semplici sulle minacce all' imprenditore Luigi Seccaroni che richiedono dei «sì» o dei «no». E che lui non può dare, perché i «sì» e i «no» impegnano.

 

Quindi affonda: «Può dirci perché in una delle sue conversazioni telefoniche intercettate lei parla di acquisto di armi?». «Perché a me piacciono le armi e la sera prima di quella telefonata avevo visto un film. Ne parlavo così. E poi, tanto, le armi non le avete trovate, giusto?», abbozza Carminati. In aula qualcuno sorride. Altri scuotono la testa. Senza immaginare che il climax deve ancora arrivare. Con le domande del Procuratore aggiunto Paolo Ielo.

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«Ci vuole spiegare quale era il suo contributo nell' associazione di impresa con Salvatore Buzzi? », esordisce il pm. «Non capisco », rincula Carminati. «Allora gliela faccio più semplice. Lei per mettersi in tasca il 50 per cento degli utili realizzati dalla 29 Giungo che lavoro forniva?».

 

Carminati prende tempo, farfuglia. Verosimilmente ripensa alla infelice battuta con cui, in coda a una delle domande poste dal suo avvocato ha ammesso che il suo «unico contributo strategico dato alla 29 giugno fu dire a Buzzi, alla vigilia della elezioni comunali del 2013, di mettersi la minigonna e andare a battere tra i candidati». Un po' poco per ritagliarsi la metà della torta dei profitti. A meno che la verità sul "lavoro" che lui ci metteva non sia impronunciabile. Alla fine, cede. «Vabbé, dottor Ielo, io per la 29 Giugno non facevo nulla». Il pm sorride. Insiste.

 

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«E ci vuole anche spiegare dove ha preso i 400mila euro con cui lei ha sostenuto di aver finanziato Buzzi?». Carminati di getto: «Da una provvista che avevo dall' appalto per l' Ente Eur spa e che era appoggiata sui conti della cooperativa». Insomma, uno scherzo. Un socio che non lavora, che intasca la metà degli utili e che finanzia l' impresa con soldi che non ha, ma che gli vengono scontati da una provvista "nominale" riconosciutagli dal socio Buzzi. Carminati è in ginocchio.

 

Ielo non lo risparmia: «Dei tre comandamenti che lei ha detto rispettate nel Mondo di Sotto, c' è per caso l' ottavo?». «E qual è l' ottavo? Non lo conosco». «Non dire falsa testimonianza, Carminati».

 

2 - IL MISTERO DEI SOLDI A CARMINATI

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

«Ammesso e non concesso che io abbia partecipato al furto al caveau del tribunale di Roma, per il quale sono stato condannato, ho preso soldi, non documenti». Quanti?

«Non ve lo dico». Al momento di rispondere alle domande dei pubblici ministeri, l'eloquenza di Massimo Carminati che i suoi avvocati Ippolita e Bruno Naso faticavano a contenere, s' interrompe.

massimo carminati  massimo carminati

 

O meglio, prosegue per evitare di rispondere in maniera precisa a pochi quesiti mirati. Come quello sull'origine del denaro a sua disposizione, e il suo riutilizzo. Lasciando scoperto il lato debole della posizione dell'ex estremista nero nel processo a Mafia capitale: i rapporti economici con Salvatore Buzzi, le centinaia di migliaia di euro che il re delle cooperative rosse gli teneva al sicuro.

 

«Che lavoro ha fatto in cambio della metà degli utili negli appalti dell' Ente Eur?», chiede il pm Paolo Ielo. «Nessuno». Per l' accusa basta e avanza per sostenere che l' ingresso nel mondo imprenditoriale di Buzzi di un malavitoso passato dalle bande armate neofasciste alla banda della Magliana («suggerito» dall' ex camerata Riccardo Mancini, arrivato al vertice dell' Eur con la Giunta Alemanno) serviva a garantire «la forza di intimidazione e la condizione di assoggettamento e di omertà» della presunta associazione mafiosa. Capeggiata, secondo la Procura, proprio da Carminati.

 

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Il resto sono schermaglie nelle quali «il Pirata» spiega che le teorie sul «mondo di mezzo» erano solo «chiacchiere da bar», i discorsi sulle armi «riferiti a un film visto la sera prima», certe intercettazioni di Buzzi su soldi e tangenti «cose non vere». Della Magliana aveva rapporti solo con Franco Giuseppucci, con altri famosi pregiudicati romani come Michele Senese o Ernesto Diotallevi «ci siamo conosciuti in carcere, e quando due ex galeotti s'incontrano è normale che si salutino e prendano un caffè insieme».

 

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Per Carminati continuano a valere le regole della strada, e al pm che gli domanda quali comandamenti usino rispettare (Non dire falsa testimonianza? Non rubare? Non uccidere?) ribatte di non sconfinare nella morale, perché non è il caso. E se la prende con i carabinieri del Ros che, a suo dire, avrebbero nascosto prove a suo discarico che lui da solo è riuscito a scovare negli atti: «Io posso non rispettare le regole, loro no. Mi hanno fatto una porcata». Investigatori e pm la pensano in maniera diversa, ma Carminati insiste: «Quando la polizia mi sparò, nel 1981, io ero disarmato, ma considerai legittimo quell'episodio perché eravamo in guerra. A quanto pare, però, la guerra contro di me continua, ma non c' è problema: meglio uno solo contro tutti che tutti contro uno solo».

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