COJONAVIRUS A VICENZA – IN VENETO TORNA L’INCUBO DEL CONTAGIO. L’INCREDIBILE CASO DEL DIRIGENTE DI LASERJET TORNATO DALLA SERBIA CON 38 DI FEBBRE. E’ ANDATO A UN COMPLEANNO E POI AL FUNERALE. AI MEDICI HA DETTO: «NON MI RICOVERO» - ORA LUI E’ IN TERAPIA INTENSIVA, 89 PERSONE IN QUARANTENA… - IL GOVERNATORE ZAIA: TSO O CARCERE PER GLI IRRESPONSABILI
Andrea Pasqualetto per corriere.it
Dicono che scalpitasse per tornare in Serbia. E così, visto che le frontiere erano state riaperte, ha preso il furgone, ha caricato un operaio e si è messo al volante. Partenza da Vicenza il 18 giugno, di prima mattina. Doveva essere una trasferta di lavoro finalizzata a sistemare l’attività «balcanica» della società vicentina che dirige, la Laserjet di Pojana Maggiore. Per ragioni di privacy non possiamo fare il nome del soggetto né renderlo identificabile.
Diciamo che si tratta di uno storico dirigente di questa azienda da 170 dipendenti che produce lamiere e acciai fra i campi di grano a un passo dai Colli Berici, non molto distante da Vo’.
Un viaggio che ha avuto sviluppi inquietanti. Secondo la ricostruzione della task force veneta antivirus, in quei due giorni il dirigente sarebbe entrato in contatto con un settantenne serbo sintomatico, oggi in rianimazione nel suo Paese, finendo per infettarsi e per infettare altre persone. Rientrato dalla Serbia il 20 giugno, è ripartito dopo tre giorni con altri due operai, un serbo e un bosniaco che vivono nel Vicentino, alla volta di Medjugorje, Bosnia, tornando il 25 giugno.
In Veneto torna l’incubo del contagio
Risultato: tutti positivi e lui a lottare per la vita in rianimazione all’ospedale di Vicenza, intubato a pancia in giù. Nel Veneto che sembrava aver superato brillantemente l’emergenza, torna dunque l’incubo del contagio, del quale sarebbe proprio il dirigente la causa prima. I tracciatori della squadra guidata da Francesca Russo, la capa della Regione che monitora costantemente l’evoluzione dell’epidemia, hanno ricostruito tutti gli spostamenti del gruppetto e hanno concluso che la ricaduta è pesante: 89 persone in quarantena, nuovi focolai, tamponi a tappeto a centinaia di persone nel Vicentino, nel Veronese e nel Padovano.
Il tutto accompagnato da un comportamento del dirigente che sta facendo infuriare il governatore Luca Zaia. La ragione è presto detta: l’uomo ha iniziato ad accusare i sintomi del Covid dal giorno in cui è tornato, febbre a 38, malessere generale, inappetenza, e nonostante ciò ha incontrato gente, è andato a un funerale e pure a un’affollata festa di compleanno, alla quale hanno partecipato anche il consigliere regionale Joe Formaggio e i giornalisti Giuseppe Cruciani e Alberto Gottardo: «Ce ne siamo andati alle dieci di sera, quando lui non era ancora arrivato. Si trattava comunque di una festa all’aperto».
Al funerale l’hanno visto abbracciare la sposa, al compleanno se n’è rimasto invece in disparte. «Era silenzioso e non ha assaggiato nemmeno la torta, di solito è invece compagnone e mangia anche i tavoli», riferisce un amico, presente quella sera. Il giorno successivo ha così pensato di farsi un tampone all’Ospedale di Noventa vicentina: positivo. L’hanno trasferito all’ospedale San Bortolo di Vicenza, dove da un mese non vedono contagiati. «Siamo arrivati anche a 150 ricoveri nel periodo più nero», ricorda Giovanni Pavesi,direttore generale della azienda sanitaria berica. Al San Bortolo gli hanno consigliato il ricovero. «Preferisco tornare a casa», si è rifiutato. Dopo tre giorni di insistenze da parte degli operatori e pure del sindaco del suo paese, il ricovero.
Una lunga lista di contatti e potenziali infetti
Dietro di sé ha lasciato una lunga lista di contatti e, dunque, di potenziali infetti. Fra questi, una donna che il 29 giugno si era precipitata all’ospedale padovano di Schiavonia con febbre e uno stato di malessere generale. Si tratta, dicono, di una ragazza che pare lavori in una profumeria della provincia di Rovigo. «Sì, ho avuto contatti con lui», ha riconosciuto imbarazzata.
Sono stati dunque ricostruiti anche i suoi spostamenti: Lozzo Atestino, Agugliaro, Veggiano. Siamo nella zona di Vo’ Euganeo, teatro del primo focolaio di coronavirus in Veneto e anche del primo decesso in Italia. Analoghi tracciamenti sono stati fatti naturalmente per gli operai, a Pojana e Orgiano, nel Vicentino, e a Bonavigo, nel Veronese, dove abita l’operaio che primo è andato in trasferta con il dirigente. Anche quest’ultimo ha partecipato a una festa di compleanno dove si sono ritrovate decine di invitati.
Scrive in una nota la Regione: «La festa si è svolta all’aperto ma nessuno ha mantenuto le distanze o indossato la mascherina. In totale il paziente è stato a contatto con ventiquattro persone, di cui cinque bambini... Per tutti è stata effettuata l’indagine epidemiologica e predisposto l’isolamento domiciliare fiduciario per quattordici giorni». L’operaio ha poi avuto naturalmente rapporti con i familiari e altri contatti occasionali. Ne hanno contati 37 anche se il numero è da considerare provvisorio.
Tutti sottoposti a tampone, il cui esito si conoscerà nei prossimi giorni. «Le indagini sono in progress e i nuovi contatti segnalati verranno sistematicamente posti in isolamento e sottoposti a test». Insomma, il viaggio in Serbia del dirigente della Laserjet e il suo mancato, tempestivo, ricovero, sono costati parecchio a questa terra. Focolai, contagi, quarantene. E anche una certa paura, la stessa che il Veneto sembrava essersi lasciato alle spalle.