pompei lupanare

“QUESTO LUOGO NON È PER GLI OZIOSI. VATTENE, BIGHELLONE” – I GESTORI DEI BORDELLI DI POMPEI ODIAVANO I MENDICANTI: L'ISCRIZIONE NEL VICOLO DEL LUPANARE, IN CUI IL PROPRIETARIO DI UN POSTRIBOLO MINACCIA I BARBONI – LA FRASE È DIVENTATA VIRALE SUI SOCIAL DOPO LA TRADUZIONE IN NAPOLETANO DELLO STUDIOSO CARLO AVVISATI: “CCÀ NUN È ARIA P’E SFRANTUMMATE. VAVATTENNE, RIBUSCIATO!”

Susy Malafronte per www.ilmattino.it

 

LUPANARE

I mendicanti minacciavano i clienti locali a luci rosse del 79 dopo Cristo. Le lamentele dei frequentatori del Lupanare erano così tante da indurre i gestori degli «hard club» di duemila anni fa a correre ai ripari. Nel vicolo del Lupanare, sul pilastro di una caupona, spunta, così, la «minaccia» del gestore di un postribolo: «otiosis locus hic non est discede morator - questo luogo non è per gli oziosi. Vattene, bighellone!». Frase che, tradotta in napoletano dallo studioso Carlo Avvisati, è diventata virale sui social. «Ccà nun è aria p’’e sfrantummate. Vavattenne, ribusciato!».

 

La scritta, appunto, venne trovata dipinta su un pilastro di una caupona situata accanto al Lupanare, nell’omonimo vicoletto. Come pare ovvio, l’osteria era area di sosta e di gozzoviglia per la varia umanità che il postribolo frequentava o aveva intenzione di visitare. Spesso i nullafacenti vi sostavano in attesa di poter racimolare cibo, danaro o solo per sentire e raccontare storie sulle specializzazioni delle prostitute o sui loro clienti, al caldo, d’inverno.

carlo avvisati

 

E fu così che il gestore dell’attività, ritrovandosi la taverna piena di improbabili avventori che poco facevano correre assi e sesterzi, fu costretto a scrivere, in bella vista, l’avvertimento minaccioso. O «Scarrafune» che si aggira tra le antiche vestigia continua ad infiammare il popolo dei social.

 

LUPANARE

Continua, dunque, la rubrica «Have», ovvero «Salute a chi trase», che il giornalista e scrittore Carlo Avvisati cura per conto del Parco Archeologico di Pompei. I graffiti, i tituli picti e le scritte musive, trovate a Pompei in quasi 3000 anni di scavi, tradotti in napoletano dallo studioso Carlo Avvisati. Ogni 15 giorni vengono scelti i più belli e interessanti per meglio comprendere la vita civile e politica di una cittadina romana del I secolo dopo Cristo.

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