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CONFESSIONI DI UN’EX NINFOMANE BOLOGNESE: “AMAVO IL SESSO MA NON ERO UNA PUTTANA”: “A SCATENARE IL MIO DISTURBO È STATA LA MORTE DI MIO PADRE. IL SESSO COMPULSIVO PER ME ERA UN MODO DI NON SOFFRIRE. ANDAVO A LETTO CON DUE ESTRANEI IN UN SOLO GIORNO. LA MIA UNICA REGOLA ERA QUELLA DI..."

Azzurra Noemi Barbuto per “Libero quotidiano”

 

«Dai 4 ai 12 anni sono stata abusata dal fratello di mia madre. Nessuno ne ha mai saputo niente, ho sepolto dentro di me questa terribile verità per oltre trent' anni», ci confida Sara, 46enne bolognese, uscita dalla spirale della dipendenza da sesso circa due anni fa.

 

ipersessualita malattia che puo rovinare la vita

«In realtà da questa malattia non si guarisce mai, ogni giorno ne devi fare i conti, imparando a gestire i tuoi impulsi» specifica la donna, che solo quando ha intrapreso il percorso di recupero (della durata complessiva di un anno) all' interno del Centro San Nicola, struttura nata nel 2013 e specializzata nel trattamento delle dipendenze, è arrivata alla radice di quel malessere che covava in fondo all' anima e che la portava alla ricerca nonché al consumo quotidiano di rapporti sessuali con perfetti sconosciuti incontrati in chat.

 

anche le donne sono dipendenti dal sesso

Nei primi due mesi intensivi della cura, quando l' ospite del centro, che è situato nella campagna marchigiana, deve osservare i divieti assoluti di utilizzare cellulari, internet, di leggere i giornali, di guardare la tv, nonché di masturbarsi o avere rapporti sessuali, è inevitabile fare un viaggio introspettivo che conduce alla riapertura di vecchie ferite che devono prendere ossigeno per poter guarire.

 

SOLO UNA VOLTA

«L' evento scatenante del disturbo è stata la morte di mio padre, ammalatosi di una grave forma di cancro qualche anno fa. Mi sono legata al piacere sessuale per sopravvivere. Il sesso compulsivo per me era un modo di non soffrire, una soluzione che però mi gettava ancora più a terra» spiega Sara, che nella fase acuta della sua dipendenza era arrivata a fare sesso anche con due estranei in un solo giorno, mettendosi in situazioni non di rado rischiose per la sua incolumità e la sua salute.

 

NINFOMANIA

«La mia unica regola era quella di non incontrare dal vivo più di una volta uno stesso uomo. In questo modo evitavo qualsiasi coinvolgimento. Volevo solo sesso, amavo mio marito e non mi sembrava affatto di tradirlo, non con il cuore almeno», continua la donna, che all' età di 42 anni, quando la febbre del sesso si impossessa di lei per non lasciarle tregua, inizia a frequentare una chat denominata "chatt77", in cui gli utenti in perfetto anonimato condividono le proprie perversioni e fantasie sessuali, si conoscono, fanno sesso virtuale o dal vivo, nelle numerose "stanze" dedicate a specifiche preferenze, tra cui anche la pedofilia, o il sadismo estremo.

 

NINFOMANIA

«All' inizio fui spinta a navigare all'interno di quel sito per pura curiosità, poi ci presi gusto. Conobbi un uomo nella stanza "Bologna" e decidemmo di incontrarci, dopo un caffè finimmo subito a letto. Non lo rividi mai più. Ho ripetuto questo copione per un anno intero», ricorda Sara, che in chat ha ricevuto proposte di ogni genere: «C'era un uomo che offriva 3 mila euro alle donne disposte a farsi incatenare e torturare con bruciatore, tagli con lamette o coltelli, inserimento di oggetti molto grandi nelle parti intime. Andava spesso in Romania per trovarle, ma il suo sogno era quello di torturare un'italiana. Mi chiese di assistere alle sue torture. Una volta in un albergo un tipo voleva legarmi, sono scappata via. Tutti gli uomini che ho conosciuto, sposati, pretendevano di fare sesso non protetto, io mi sono sempre rifiutata, non avrei mai messo in pericolo la salute mia e di mio marito».

NINFOMANIA

 

Ad un certo punto il sesso smette di dare piacere a Sara e si trasforma in una schiavitù a cui ella non si può sottrarre e che la conduce a fare esperienze di ogni tipo. «Ogni giorno chattavo finché non prendevo appuntamento con qualcuno. Era la mia priorità. Non mi bastava più un semplice incontro. Cercavo emozioni estreme. Preferivo gli uomini più grandi, perché quelli giovani si innamorano. Li incontravo in posti pubblici e poi andavamo subito al sodo».

 

NINFOMANIA

Ma come riusciva la donna a conciliare questa vita segreta con quella privata di mamma e moglie? «Mio marito non si era accorto di nulla, perché tra noi c' era una grande fiducia. Ad un certo punto la situazione mi è sfuggita di mano, l' urgenza di fare sesso mi rendeva sempre più distratta. Una volta ho lasciato il computer aperto e lui ha trovato una mail tra me ed uno degli uomini della chat. Ho detto che era uno scherzo e lui ha voluto credermi. Mi vergognavo da morire».

 

SESSO IN TRE - LA MILF E DUE RAGAZZI

Il dipendente da sesso non si ferma da solo, lo fa quando si scontra con le regole della società o con un evento eclatante. Sara conosce in chat un uomo e lo vede più di una volta, trasgredendo la regola che si era autoimposta. Da lì comincia un incubo: «Avevo paura, quell' uomo mi seguiva ovunque, mi perseguitava. Ero disperata e ho raccontato tutto a mio marito, al quale è crollato il mondo addosso».

 

IN ISOLAMENTO

La coppia decide così di chiedere aiuto: «Ci siamo rivolti ad un sacerdote e poi siamo arrivati al centro San Nicola. Ho capito che ero malata. Mi bastava vedere un uomo per eccitarmi. Ecco perché sono stata supervigilata all' interno della clinica». La prima settimana è stata dura per Sara, divisa tra il senso di colpa verso i figli, dai quali si era dovuta distaccare, e la speranza di una vita migliore.

 

SESSO IN TRE - LA MILF E DUE RAGAZZI

«A volte l' isolamento mi sembrava una sorta di punizione, ma grazie a questo ho preso le distanze da quella persona che ero diventata. La mia vita parallela, che neanche la mia migliore amica conosceva, mi aveva distrutta. Sono ripartita da me stessa», dichiara la donna, che oggi ha riscoperto insieme al suo coniuge un nuovo modo di amare: «Sono consapevole di essere fortunata, mio marito è una benedizione».

 

«Gli uomini malati di sesso sono considerati playboy, o al massimo porci. Noi donne, invece, siamo definite puttane. Ma dietro tutto questo quasi sempre si nasconde un dolore lacerante. Se ne viene fuori solo affrontandolo», conclude Sara.

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