SOLO IN ITALIA LA LEGGE AMMETTE IGNORANZA (DI LINGUA) - SECONDO LA CORTE DI CASSAZIONE: “FINNEGAN E HJORT, NON PARLANDO L’ITALIANO, NON HANNO CAPITO DI TROVARSI DI FRONTE A DUE CARABINIERI" - LA CORTE, LO SCORSO MARZO, HA ANNULLATO LA SENTENZA CON CUI I GIUDICI AVEVANO CONDANNATO I DUE RAGAZZI AMERICANI A 24 ANNI E 22 ANNI DI CARCERE PER AVER AMMAZZATO IL CARABINIERE MARIO CERCIELLO REGA A ROMA - DOPO OTTO MESI SONO STATE PUBBLICATE LE MOTIVAZIONI DELLA DECISIONE
Estratto dell’articolo di Valentina Errante per “Il Messaggero – Edizione Roma”
Molteplici e gravi lacune e palesi incongruenze e contraddizioni riscontrate nelle motivazioni. Per questo, lo scorso marzo la Corte di Cassazione ha bocciato la sentenza d'Appello che stabiliva la responsabilità di Natale Hjorth «per il suo concorso, consapevole e volontario, nell'omicidio del vicebrigadiere Cerciello Rega», condannandolo a 22 anni (24 per Finnegan Lee Elder).
Secondo i giudici, che hanno disposto un appello bis per Hjorth per il concorso nell'omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso con undici coltellate il 26 luglio del 2019, e per Elder in relazione alle sole aggravanti e per la resistenza a pubblico ufficiale, le conclusioni sono «illogiche».
Ritengono infatti che non sia dimostrato «al di là di ogni ragionevole dubbio», il fatto che gli imputati «pacificamente a digiuno della lingua italiana», avessero «compreso di essersi venuti a trovare di fronte a due carabinieri».
«L'intenzione di portare avanti la colluttazione per impedire a Varriale (il collega carabiniere di Cerciello, ndr) di accorrere in aiuto del collega, attribuita dalla Corte di Assise di appello a Natale Hjorth nella sua valenza di elemento comprovante il concorso in omicidio - si legge - avrebbe dovuto essere, all'evidenza, messa a confronto con la testimonianza di Varriale, dalla quale parrebbe emergere una volontà diametralmente opposta dell'imputato, ossia quella di sottrarsi al controllo e fuggire, in coincidenza, tra l'altro, con la versione fornita dall'imputato medesimo». [...]