IL COVID VIENE DAL LABORATORIO DI WUHAN? ILARIA CAPUA SPIEGA CHE LE FUGHE DI LABORATORIO DI VIRUS PATOGENI SI SONO SEMPRE VERIFICATE - IL CASO PIU' MISTERIOSO FU L'EPIDEMIA DI VAIOLO NEL 1978 IN INGHILTERRA - L'INFLUENZA RUSSA E QUEL VIRUS INFLUENZALE H2N2 POTENZIALMENTE INFETTIVO NEGLI STATI UNITI - SECONDO LA VIROLOGA E' ORA CHE LE ISTITUZIONI SI OCCUPINO DI...
Ilaria Capua per il Corriere della Sera
Credo che sia giunto il momento di passare una lente di ingrandimento su una faccenda che è sulla bocca di molti e nei pensieri di tutti. L’ipotesi che il Sars-coV-2 abbia innescato una pandemia attraverso una falla nel sistema di biosicurezza del laboratorio di Wuhan.
Inizio con una evidenza di cui non si parla. Le fughe di laboratorio di virus patogeni si sono verificate da quando esistono i laboratori. Hanno riguardato molti virus umani ed animali. Il caso più misterioso fu l’ultimo caso di vaiolo nel 1978 in Inghilterra. Il vaiolo era stato sostanzialmente eradicato dieci anni prima con un ultimo caso in Somalia e si riteneva ormai una piaga sconfitta. Janet Parker, una fotografa biomedica di Birmingham, lavorava al piano di sotto del laboratorio nel quale si mantenevano ceppi di vaiolo, si infettò, contagiò alcune altre persone e morì. Si suppone che il virus del vaiolo fosse entrato nelle condotte di aerazione, ma ciò non fu provato. Il direttore del laboratorio si suicidò.
Henderson sconfigge il Vaiolo, 1979
Nel 1977 apparve sullo schermo radar dei virologi di tutto il mondo, nonché in alcuni pazienti ammalati, un ceppo influenzale in Russia, la cosiddetta «influenza russa», che è poi risultata essere figlia di un virus manipolato in laboratorio per crescere a temperature più basse, con lo scopo di produrre un vaccino vivo attenuato.
Nel 2005 - fortunatamente senza alcuna conseguenza - sono stati distribuite dai Cdc americani (Centers for Disease Control and Prevention) 6.000 confezioni reagenti contenenti un virus influenzale H2N2 che non era stato propriamente inattivato, e quindi era potenzialmente infettivo e capace di innescare una pandemia.
Un’emergenza sanitaria senza precedenti si è verificata nel Regno Unito nel 2001 in seguito ad una epidemia di afta epizootica che ha causato l’abbattimento di milioni di capi e sconvolto il Paese riempiendolo di pire di carcasse di animali ad unghia fessa. Ebbene pochi anni dopo, un’altra epidemia - di portata minore, ancora in Gran Bretagna - si ritiene sia stata causata da un virus sfuggito alle misure di biosicurezza di laboratorio.
Quindi spero di aver fugato ogni dubbio: il rischio zero non esiste neanche qui. Le fughe di laboratorio accadono sia con virus naturali che con virus modificati in laboratorio, ed è anche per questo che dei ceppi virali dei virus eradicati (vaiolo e peste bovina) è stata ordinata la distruzione con l’autoclave.
Ma la lente di ingrandimento non mi serviva per convincervi di questo, ma per porre un’altra prospettiva. Per mettere a fuoco un punto nel futuro, quello che riguarda gli esperimenti gain-of-function (GOF). Questi sono esperimenti di manipolazione di laboratorio (non necessariamente genetica) che fanno acquisire (gain) a un virus naturale alcune caratteristiche (function). Per esempio rendere il virus naturale più trasmissibile. Oppure renderlo più invasivo o modificare le sue affinità. Per esempio renderlo «neurotropo» ovvero più efficace a colonizzare il sistema nervoso.
Ecco, di questo tipo di esperimenti e della loro pericolosità si parlò molto nel 2012 in seguito ai risultati di studi condotti in parallelo su virus dell’aviaria H5N1 in Usa-Giappone e nei Paesi Bassi. Furono generate attraverso una serie di manipolazioni genetiche di virus influenzali delle varianti virali altamente patogene e nel contempo molto trasmissibili. Ci si pose allora la domanda se questi studi non dovessero essere sospesi perché troppo rischiosi per la salute pubblica e ne seguì una moratoria che oggi è decaduta e quindi sostanzialmente gli scienziati sono liberi di fare queste ricerche se approvate dalle autorità competenti.
Il nocciolo della questione odierna però non riguarda noi adesso, ma si proietta nei prossimi anni. Il motivo per allungare lo sguardo è perché dobbiamo ricordarci che le tecniche di manipolazione genetica sono sempre più diffuse e semplici da utilizzare. E quindi questo è un problema a cui bisogna pensare in prospettiva. Se non interveniamo adesso, noi potremmo immaginare centinaia se non migliaia di laboratori sparsi per il mondo che conservano e manipolano virus che hanno potenziale pandemico.
In questo momento è assolutamente necessario che la società civile e le istituzioni insieme alla comunità scientifica si occupino di questo tema coinvolgendo nel dibattito non solo scienziati ma un arcobaleno di prospettive che vanno dall’etica, al rischio bioterroristico, alle inevitabili fughe di laboratorio - oltre alla sacrosanta libertà di ricerca. Una non banale valutazione costi-benefici.