“NEL MONDO DEL VINO MISCHIARE QUANTITÀ E QUALITÀ È UN GIOCO FACILE QUANTO DISONESTO” – CRISTIANA LAURO SI INCAZZA DOPO LA PUNTATA DI "REPORT" SUL VINO: “SOSTENGO DA TEMPO CHE LE BOTTIGLIE DI VINO DOVREBBERO INDICARE IN ETICHETTA SIA INGREDIENTI CHE ALLERGENI. LE COSE STANNO INIZIANDO A CAMBIARE E A BREVE I PRODUTTORI DOVRANNO ADEGUARSI. MA SIAMO SICURI CHE..."
Cristiana Lauro per Dagospia
Con tutta la stima per Sigfrido Ranucci e la sua redazione, Report stavolta mi ha fatto un po’ incazzare con la puntata del 17 dicembre scorso dedicata al vino. Per esser chiari, già il titolo la dice lunga: “Piccoli chimici”.
Il mondo del vino sui social si è scatenato, a ragion veduta, in quanto stavolta il team RAI - servizio pubblico da noi contribuenti finanziato - ha fatto un lavoro più che discutibile. Quando si produce un’inchiesta giornalistica (e non devo insegnarlo io alla redazione di Report) ci si documenta con accurato rigore per accertare delle verità e non per sostenere idee preconcette, tutt’altro che verificate e mescolate un po’ alla carlona. Il consumatore va tutelato, non di certo confuso o orientato secondo l’aria che tira o "si deve seguire", aggiungo, con una punta di legittima e ironica diffidenza.
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Ricordo, ancora una volta, che l’Italia è fra i più importanti produttori al mondo per quantità e qualità. Mischiare le due faccende è un gioco facile quanto disonesto che va a praticare una sorta di auto-sabotaggio per gli italiani che di questo prodotto ci vivono; per lo meno è quanto risulta ai miei occhi di esperta che lavora nel settore da oltre vent’anni.
Sostengo da tempo - controcorrente - che le bottiglie di vino dovrebbero indicare in etichetta sia ingredienti che allergeni, essendo un alimento che ingeriamo e assimiliamo. Del resto, su altri prodotti che sputiamo e non ingeriamo, come il dentifricio e il collutorio, sulla confezione sono indicati allergeni, ingredienti di produzione etc. Ci sono delle regole: seguiamole anche sul vino! Non per niente, le cose stanno iniziando a cambiare e a breve i produttori dovranno, giustamente, adeguarsi.
Stabilito questo, siamo sicuri che i coadiuvanti enologici, nel caso, entrerebbero nelle etichette? Non lo so. Le pratiche enologiche esistono da quando esiste il vino ma, come doveroso fare, vi esorto a una riflessione molto semplice: il vino venduto in brick - a basso prezzo e in tutti i supermercati - pensate davvero che sia prodotto con materie prime di altissimo livello? Di contro, mi rispondo da sola: sarà molto meno buono di altri, ma di certo non è veleno. Pensate che i prodotti che acquistate al supermercato come le creme dolci spalmabili o le merendine siano fatti pestando le nocciole nel mortaio o secondo la ricetta del ciambellone di nonna che montava le uova fresche di giornata con la frusta? Direi proprio di no! Facciamoci dunque delle domande, e diamoci delle risposte.
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Ma torniamo al vino, così vi ricordo che quando non c’erano le pratiche enologiche e le fermentazioni erano “accadimenti magici”, ad aprile dovevate smettere di bere l’annata precedente perché quella roba diventava aceto. Una porcheria!
Possiamo mettere in campo altri dieci argomenti e ognuno di noi avrebbe qualche principio da difendere. Non cambia la sostanza: il servizio giornalistico di cui sopra ha mischiato il lecito con l’illecito producendo un minestrone equivoco, fuorviante, di sicuro da non propinare nuovamente ai telespettatori. Di certo non in questo modo.
Chiudo ricordandovi una verità insindacabile: il vero problema del vino è l’etanolo. Quindi fatene uso moderato e scegliete la qualità, piuttosto che la quantità. Possibilmente italiana perché a differenza di altri io difendo questa bandiera, sempre e comunque.
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