“D’ORA IN POI RIFERITEMI A ME AL FEMMINILE, E CHIAMATEMI ANOHNI” - ANTONY HEGARTY, ARTISTA INGLESE TRANSGENDER, HA SCELTO NAOMI CAMPBELL COME SUO AVATAR NEL VIDEO DI ‘DRONE BOMB ME’, CANZONE DI DENUNCIA CONTRO LA GUERRA - LA VENERE NERA: ”È UN GENIO”
Giuseppe Videtti per “la Repubblica”
NON glicerina ma lacrime, lacrime vere. Naomi Campbell piange a dirotto mentre la camera indugia sul suo viso e lei con un perfetto playback canta: “Drone, bombardami, vieni a colpirmi stanotte”. In Drone bomb me, il video diretto da Nabil e artisticamente curato da Riccardo Tisci di Givenchy che Apple Music ha diffuso ieri sera, la top model è l’avatar di Anohni, l’artista transgender conosciuto come Antony (Hegarty) che, ribattezzato con un nuovo nome – e un imperativo: «D’ora in poi riferitevi a me al femminile» - pubblica il 6 maggio l’album Hopelessness.
«Non ho pensato a Naomi come a un avatar piuttosto come a un oracolo, una visione, una figura che fosse più persuasiva di me a pronunciare quella terribile invocazione», spiega Anohni. « Drone bomb me è il punto di vista di una ragazza la cui famiglia è stata decimata dall’attacco di un drone. I bambini che assistono a queste tragedie crescono con mille sensi di colpa, si caricano di responsabilità che non hanno e spesso sfociano in una sofferenza incontrollabile ».
«L’idea di usare Naomi è stata mia, ma Anohni l’ha abbracciata con entusiasmo», racconta Tisci reduce da un weekend di sfilate. «Li ho fatti incontrare mesi fa a New York, è stato amore a prima vista. “È un genio, non posso non fare quel video”, mi disse Naomi. E Anohni: “Mi hai aiutato a realizzare il sogno della mia vita”. La vera sorpresa è stata la performance di Naomi, non mi sarei mai aspettato un coinvolgimento tale. Esprimere con tanta credibilità la disperazione sorda e rassegnata di chi implora: ammazzatemi prima possibile, voglio raggiungere i miei nell’aldilà».
Incalza Anohni: «A partire dalla guerra in Iraq iniziata da Bush il nostro governo ha avallato dozzine di questi massacri in cui un numero impressionante di civili è stato sterminato. Il problema dei rifugiati, un’emergenza mondiale, è il risultato della politica estera americana e internazionale che ha fatto seguito alla Guerra del Golfo. Avevo vent’anni nel ‘91, c’ero anch’io tra la folla che protestava a Washington gridando “No war for oil”. Ora gli Usa non possono stare a guardare da lontano, devono assumersi le responsabilità degli errori che hanno commesso, paghiamo ancora le conseguenze dell’attacco all’Iraq dopo l’11 settembre».
È stato proprio Tisci a stimolare creativamente la transizione da Antony a Anohni. Lo stilista, ben conoscendo la delicatezza, la fragilità e la ritrosia dell’artista, l’ha incoraggiata a porre più energicamente l’accento sulle istanze che da sempre le stanno a cuore: razzismo, diseguaglianza economica, ambiente, manipolazioni mediatiche («Donald Trump non sarebbe dov’è senza l’aiuto di Murdoch e della Fox»), i temi scottanti di Hopelessness ( Disperazione), non esattamente un titolo ottimista per un album.
«Gli ho detto: i ragazzi ti adorano, devi uscire dal guscio, avvicinarti musicalmente alla gente, vincere la timidezza, far capire ai giovani che si può celebrare la vita senza ignorare quel che succede nel mondo», dice Tisci. « Hopelessness è un disco politico che spazia attraverso temi diversi che mi stanno a cuore», conferma Anohni. «Affronta la crisi che stiamo vivendo; il punto di vista di un artista, non con l’intenzione di manipolare il pensiero degli altri, semmai di stimolarlo, una colonna sonora per andare avanti e agire. Vorrei fare di più, stabilire una connessione fra i disagi che ci affliggono e creare una sorta di alleanza tra tutte le vittime per organizzarle in una crociata. Ho scritto canzoni diverse dal solito, schivando la sperimentazione e l’avanguardia per avventurarmi in un territorio musicalmente meno pastorale del solito» (più James Blake che Antony and the Johnsons).
Non è stato invitato alla cerimonia degli Oscar, nonostante fosse nominato (per la canzone del documentario Racing Extinction). Un transgender in prime time ha terrorizzato l’Academy e la Cbs? «Ma no, le motivazioni sono sempre economiche » rettifica, «io non ho un profilo significativo nello showbusiness americano, dunque non sono commercialmente appetibile per gli inserzionisti. Hanno scritto che avevo deciso di non partecipare, la verità è che nessuno mi ha invitato. Perché mi hanno nominato allora? Per alimentare la polemica, ovvio. È una storia perfettamente americana, devi pagare anche per essere trattato con dignità».
Imbarazzati dalla nuova identità? Ma perché ha cambiato nome? «Nell’universo transgender è piuttosto comune usare quel che noi chiamiamo “spirit name”, bene: il mio è Anohni. Ora che sono più coraggiosa ho voluto essere onesta col pubblico. I genitori scelgono i nostri nomi, noi scegliamo il nome dello spirito. Anohni è il nome del bambino che coltivo dentro di me».