selvaggia lucarelli guido martinetti

‘IL PERDONO RENDE LIBERI’ - DOPO L’OMICIDIO DI VASTO, SELVAGGIA LUCARELLI INTERVISTA GUIDO MARTINETTI, IL FONDATORE DI GROM CHE NEL 2012 PROVOCÒ LA MORTE DI UN UOMO IN UN INCIDENTE STRADALE, E LA FIGLIA DELLA VITTIMA: ‘SE LEI MI AVESSE AVESSE PERDONATO NON SAREI RIUSCITO A VIVERE, IL SENSO DI COLPA MI AVREBBE MANGIATO. E INVECE COSÌ MI SENTO IN DEBITO CON LA VITA’…

selvaggia lucarelli selfie sulle tetteselvaggia lucarelli selfie sulle tette

Estratti dall’articolo di Selvaggia Lucarelli per ‘il Fatto Quotidiano’

 

Il primo febbraio Fabio ha giustiziato con tre colpi di pistola Italo, il ragazzo che aveva travolto con la sua automobile Elisa, passando col rosso. Elisa era la moglie di Fabio, ma forse non c’è neppure bisogno di dettagli, visto che per giorni il paese si è diviso tra chi ha empatizzato con l’assassino e chi non gli ha concesso attenuanti. Poi il caso si è sgonfiato, le novità sull’omicidio di Vasto sono state declassate da titoloni a trafiletti e quel che resta è un caso emotivamente irrisolto, di quelli che non conoscono sfumature.

 

C’è un colpevole, c’è un assassino, da qualsiasi lato la si guardi. Questo riguarda le fazioni. Poi c’è la vita, che per fortuna è molto più complessa del tifo, degli schieramenti da salotto. E la vita racconta storie che con l’epilogo di Vasto non hanno nulla a che fare. Storie che iniziano come quella di Vasto - un errore imperdonabile alla guida, un innocente che muore- ma che prendono strade imprevedibili.

 

(...)

 

GUIDO MARTINETTIGUIDO MARTINETTI

Questa, per esempio, è la storia di Guido e della donna a cui in un giorno d’agosto di qualche anno fa Guido ha ucciso (senza volerlo) il papà. Guido è Guido Martinetti, 42 anni, imprenditore di successo, co-fondatore della celebre catena di gelaterie Grom. Quella sera del 2012 tornava a Torino, casa sua, dopo una serata in casa di amici in Liguria. Era passata la mezzanotte, era stanco, aveva bevuto un po’. Poi il colpo di sonno e il tamponamento dell’auto che lo precedeva, violentissimo.

 

Su quell’auto c’erano un uomo di 65 anni e sua moglie, che tornavano dalle vacanze in Costa Azzurra. Quell’uomo morì, sua moglie ebbe 40 giorni di prognosi, Guido riportò un trauma toracico, uno addominale e altre lesioni. Accertate le sue responsabilità, patteggiò un anno e dieci mesi. Questa è la fredda cronaca, ampiamente raccontata dai giornali.

 

Quello che nessuno conosce è la storia di Guido e della figlia dell’uomo che quella sera ha perso la vita, M., perché nessuno dei due l’aveva mai raccontata. “Quando ho sentito  i fatti di Vasto ho rivissuto la mia storia con Guido, la morte di papà e ancora una volta ho pensato che se non avessi perdonato, la mia vita sarebbe stata una condanna anche per me oltre che per Guido.”.

 

Le chiedo di raccontarmi la vicenda dalla notte dell’incidente. “Avevo sentito mamma e papà alle dieci di sera, stavano partendo. Alle tre è squillato il telefono di casa, mio papà era già morto.”. In ospedale hai saputo subito cos’era successo?

Selvaggia LucarelliSelvaggia Lucarelli

 

“No, sapevo solo che c’erano mia mamma in rianimazione e un ragazzo in sala operatoria. Ho pensato che mio padre avesse provocato l’incidente, per un po’ mi sono sentita dalla parte di chi è parente di qualcuno che ha causato la morte di un innocente. Questo capovolgimento dei ruoli in seguito è stato prezioso, perché mi ha aiutata a capire che non esiste solo un tipo di dolore in queste vicende.”

 

“Poi hai saputo la verità e Guido era lì, nello stesso ospedale in cui andavi tutti i giorni.”. “Sì, una mia zia era andata in camera da lui, lo aveva aggredito e io mi ero arrabbiata molto, le avevo detto che mi era parso indelicato. Poi sono scesa al bar e ho incontrato il fratello di Guido. Mi ha detto che Guido era straziato, ci siamo abbracciati e mi ha lasciato il numero del fratello. Ho scritto un sms a Guido, chiedendogli se voleva incontrarmi. Lui mi ha risposto “Anche subito”. Sono andata di lui di nascosto.”.

 

“Cosa hai provato quando l’hai guardato negli occhi?”. “Io credo che mio padre in qualche modo da lassù mi abbia rassicurata sul fatto che Guido mi avrebbe fatto del bene. Tra di noi si è creato subito un legame speciale, è stato di una sincerità disarmante, ha ammesso le sue responsabilità, ha detto che in quel periodo non aveva avuto cura di sé, che era stato fagocitato dal lavoro e che non aveva ascoltato chi gli aveva suggerito di fermarsi un po’. “Come si fa a perdonare e a farlo così velocemente?”.

 

Guido Martinetti e Federico Grom 2Guido Martinetti e Federico Grom 2

“Per me questo perdono è stato un dono. Mi sento privilegiata ad aver avuto questa reazione perché non sarei riuscita a convivere con un sentimento negativo. Sono fortunata perché dall’altra parte c’è stata una persona come Guido, nessuno dei due è crollato, ci siamo sostenuti a vicenda.”. “E tua madre come ha vissuto tutto questo?”. Mia mamma non mi capisce. Lei non ha voluto guardare Guido negli occhi e sebbene la comprenda, mi spiace vederla convivere con questo rancore.”.

 

Chiedo a Guido di raccontarmi di quella notte. “Ero stanco, in quel periodo la passione per il mio lavoro mi aveva completamente assorbito, non ero neppure andato in vacanza, tant’è che avevo una campionatura di pesche per il mio gelato in macchina. Quando sono finito fuori strada il campo era pieno di pesche schiacciate, erano finite spappolate perfino sui vetri della mia auto, infatti i primi soccorritori pensarono che quello fosse tutto ciò che era rimasto di me…”.

 

“Quando hai saputo che dopo il tuo tamponamento era morto un uomo?”. “Ho subito un’operazione, mi sono svegliato e mio fratello me lo ha detto subito.”. Come hai reagito? “Ho pensato che avevo avuto l’arroganza più estrema che si possa avere, quella di disporre della vita di un’altra persona.”.

 

OMICIDIO DI VASTO 1OMICIDIO DI VASTO 1

“Ti spaventava l’idea di incontrare i suoi parenti?”. “No, sapevo solo che avrei fatto tutto quello che avrei potuto per tamponare l’immenso disastro che avevo provocato. Io non ho mai pensato neanche un attimo di alleggerire la mia posizione. Ho incontrato 4 avvocati diversi. In tre mi hanno suggerito vari escamotage, dall’addossare le colpe sulla vittima al puntare alla prescrizione, il quarto mi ha suggerito di patteggiare. Era la scelta onesta e mi sono affidato a lui. Ho chiesto alla mia assicurazione di non trattare, di dare alla famiglia quello che aveva chiesto. Il giudice ha accettato il patteggiamento perché M. gli aveva scritto una lettera in cui raccontava che i nostri rapporti erano sereni.”.

 

Lina e Roberto Di LelloLina e Roberto Di Lello

“E se M. non ti avesse perdonato?”. “Non sarei riuscito a vivere, il senso di colpa mi avrebbe mangiato. E invece così mi sento in debito con la vita, sento che ho una sorta di “responsabilità” nei confronti della vita e che devo onorarla, che devo essere un buon amico, un buon amante, un giorno magari un buon papà. Devo restituire e trasformare in qualcosa di buono questa opportunità che ho avuto.”.

 

“Sono passati 5 anni. Che rapporto avete tu e M.?”. “Tra noi c’è un legame di sangue, qualcosa di atavico, di tribale. Questo episodio incancellabile ci terrà legati tutta la vita, abbiamo condiviso il dolore, la fatica. Si dice che i veri legami si creino in trincea, condividendo le difficoltà. Ecco, noi siamo questo. Due persone che sono state insieme in trincea”. Cosa hai pensato quando hai saputo dell’omicidio di Vasto?

 

OMICIDIO VASTOOMICIDIO VASTO

“Me lo ha raccontato proprio M. a cena. Ho pensato che ci sia un elemento fondamentale che aiuta il perdono, ed è la cultura. Qualcuno ora penserà che la cultura non c’entri nulla con un fatto emotivo come questo, ma non parlo di quella strettamente accademica, bensì di quella che regala sensibilità e una visione della vita più ampia, quella che aiuta a capire la fragilità umana e il senso del perdono.”.

 

E tu, sai perdonare? “M. è stata un grande esempio per me. Non parlavo con mio padre da tre anni, ero arrabbiato con lui, poi un anno e mezzo fa è morto il papà del mio socio Federico. Mi sono detto: “M: ha perdonato me, chi sono io per non perdonare mio padre? Quanto so veramente di lui?”. Abbiamo ripreso a parlarci e oggi so una cosa importante, che poi è quello che mi ha insegnato M. in questi anni di buio e luce: il perdono rende liberi.

FABIO DI LELLOFABIO DI LELLO

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