fratelli bianchi pincarelli belleggia willy monteiro

"DITE CHE NON SIAMO SCESI DALL'AUTO" – IN UN LIBRO DI FEDERICA ANGELI L'AGGHIACCIANTE RETROSCENA SUI FRATELLI BIANCHI CHE DOPO AVER MASSACRATO DI BOTTE IL POVERO WILLY PIANIFICARONO ATTRAVERSO UNA SORTA DI PATTO D'ONORE LA VERITÀ DA RACCONTARE SU COME ERANO ANDATE LE COSE – DI FRONTE ALLA BOCCIATURA DEL PATTO, PASSANO AL PIANO B: “LA RESPONSABILITÀ È DI TUTTI”. COME SE IL MAL COMUNE MEZZO GAUDIO, IN SEDE PENALE, VALESSE UNO SCONTO…

Estratto di “40 secondi. Willy Monteiro Duarte. La luce del coraggio e il buio della violenza”(ed. Baldini+Castoldi), di Federica Angeli, pubblicato da “la Repubblica”

 

federica angeli cover

Quella notte, dopo aver massacrato di botte Willy, i fratelli Bianchi, mandando in frantumi la lastra che separa il piano di realtà da quello immaginario, scapparono sul Suv su cui riuscì a salire anche Belleggia (Pincarelli tornò invece con l'amico con cui era arrivato a Colleferro) e rientrarono ad Artena dove, in un parcheggio lontano 300 metri dal locale del fratello maggiore, pianificarono attraverso una sorta di patto d'onore la verità da raccontare su come erano andate le cose. Ribaltare la verità, smussarla, tirarla per la coda e trasformarla in verosimile.

 

La crudeltà e la totale gratuità di ciò che era successo avevano invertito il rapporto tra luce e oscurità, sprofondando le loro coscienze nell'assurdo di quei delitti privi di movente commessi per azioni indecifrabili che non avevano una logica. L'apice della malvagità, per quanto mi riguarda, è proprio commettere un delitto per quelli che gli investigatori classificano come «futili motivi», che nei tribunali prende le vesti dell'aggravante.

 

L ABBRACCIO DEI FRATELLI BIANCHI AL PROCESSO PER L OMICIDIO DI WILLY MONTEIRO DUARTE

[…] Il primo tentativo dei fratelli Bianchi è dunque quello di far dire a tutti i presenti nella macchina che loro sono sì arrivati in via Bruno Buozzi ma non sono neanche scesi. Sono passati da lì e subito tutti quanti si sono precipitati in macchina. Uno dei tre amici dei Bianchi farà presente che il piano non può funzionare, che c'erano decine e decine di testimoni. Sia il pm che il giudice, quell'8 settembre, chiederanno a Belleggia se è stato intimidito e minacciato a dire una bugia e lui risponde con vaghezza: «Loro sono un po' così che cioè, come posso dire che "sennò annamo a finì in mezzo ai guai", dato che avevano dei precedenti».

 

WILLY MONTEIRO

Di fronte alla bocciatura del patto, passano al piano B: «La responsabilità è di tutti». Come se il mal comune mezzo gaudio, in sede penale, valesse uno sconto e non la contestazione del «concorso» che equivale alla stessa pena per tutti.

 

In aula Francesco espliciterà meglio la dichiarazione sulle indicazioni che avevano dato i Bianchi: «Dite mo', se ce vengono a cercà i carabinieri, che non siamo scesi, dite che vi siamo venuti a prendere perché c'era una rissa dove voi vi siete trovati coinvolti. Noi siamo rimasti in macchina, non dite che siamo scesi sennò ci collegano subito all'aggressione, e ci incolpano». E i loro tre amici tutti insieme, o meglio Omar, dice: «Ma come famo a di' 'sta cosa? Hai visto la gente che c'era? Vi hanno visto tutti».

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