jean luchaire gaetano salvemini

IL DRAMMA DEL GRANDE STORICO ANTIFASCISTA GAETANO SALVEMINI: IL FIGLIASTRO ERA AL SOLDO DEI NAZISTI E LUI NON POTÉ SALVARLO DALLA FUCILAZIONE - JEAN LUCHAIRE, FIGLIO DELLA SECONDA MOGLIE DI SALVEMINI, SI LEGÒ A HITLER TRAMITE IL DIPLOMATICO OTTO ABETZ - LA STORIA NEL LIBRO DI FILOMENA FANTARELLA, “UN FIGLIO PER NEMICO”

GAETANO SALVEMINI

Mirella Serri per “la Stampa”

 

«Io non credo che Jean sia legato ai fascisti È un pacifista a tutti i costi, vuole la pace con Mussolini, con Hitler, con il diavolo». Non vuole concedere nulla alle illazioni e alle male lingue, Gaetano Salvemini. Il grande storico antifascista ha rinunciato a un' importante prebenda con cui Mussolini voleva comprare il suo consenso, si è fatto cacciare dall' Università di Firenze e chiudere in carcere e ha rotto i rapporti con tutti coloro che considera indulgenti con il regime.

 

Jean Luchaire

Non può credere che il suo figliastro Jean possa essere al soldo dell' ambasciata tedesca. Eppure, persone fidate gli comunicano che Jean Luchaire, figlio di Fernande Dauriac, la seconda moglie di Salvemini, è uno stretto collaboratore di Otto Abetz, in grande spolvero al ministero degli Esteri dopo l' ascesa del cancelliere Hitler.

 

Jean è come un figlio per il professore che lo ha cresciuto in casa sua a Firenze, a fianco degli allievi prediletti, il fior fiore dell' opposizione al tiranno, da Ernesto Rossi a Carlo e Nello Rosselli. Ma Jean, dopo che si è trasferito in Francia e ha iniziato la carriera di giornalista, ha cominciato a coltivare inquietanti rapporti e ha imboccato una strada terribile e senza ritorno.

 

FILOMENA FANTARELLA - UN FIGLIO PER NEMICO

A raccontare ora, per la prima volta nel dettaglio, tramite lettere inedite, la tragedia di Un figlio per nemico. Gli affetti di Gaetano Salvemini alla prova dei fascismi (prefazione di Massimo L. Salvadori, Donzelli, pp. 165, 25) è Filomena Fantarella, docente di lingua e letteratura italiana presso la Brown University di Providence, che ha condotto una rigorosa ricerca negli archivi americani, svizzeri e francesi.

 

Cosa si prova dunque ad avere un figlio adorato che abbraccia la causa di Hitler? La risposta la offre lo stesso Salvemini: il dramma che coinvolse il suo Giovannino, come chiamava Jean, fu come il terremoto di Messina del 1908, dove lui solo si salvò mentre perirono la prima moglie e cinque figli. I genitori di Jean e di Ghita, Fernande e Julien, vecchi amici di Salvemini accorsero solerti per aiutare lo studioso nelle ricerche dei dispersi e ad affrontare la tragedia.

 

OTTO ABETZ

La coppia da tempo stava attraversando una crisi coniugale: Julien aveva una giovane amante di cui (con tanta misoginia) apprezzava la capacità di stare «immobile e in silenzio», al contrario dell' attiva Fernande che conquistò Salvemini con la sua brillante intelligenza. Lo storico si creò così una nuova famiglia e mantenne i figli della consorte.

 

Jean, classe 1901, fin da ragazzo aveva il pallino della politica: discuteva a lungo con il patrigno e diede vita a un foglio pacifista su cui scrissero persino i Rosselli. A Parigi, dove si trasferì a 20 anni, Jean collaborò con Léon Blum, ebreo e presidente del Consiglio durante il Fronte popolare, rinchiuso da Hitler nel 1943 a Buchenwald.

GAETANO SALVEMINI

 

Ma le pubblicazioni e i legami politici di sinistra non appagarono la sua ambizione. Le frustrazioni, il cinismo e il desiderio di emergere ebbero il sopravvento: fu questa l' opinione dei giudici che condannarono Luchaire alla fucilazione per collaborazionismo il 22 febbraio 1946 nel forte di Châtillon. Dopo che le truppe di Hitler erano sfilate per gli Champs-Élysées, Luchaire aveva dato vita alla testata filonazista Les nouveaux temps . Cumulando un enorme potere si meritò il soprannome di «Führer della stampa collaborazionista».

 

Con i suoi giornali sostenne la carriera strepitosa di sua figlia Corinne, che Salvemini considerava la propria bellissima nipotina. Era la nuova Greta Garbo, decretò la stampa che ne descriveva le notti folli a base di champagne e cocaina con nazisti, miliardari orientali e fascisti italiani come Galeazzo Ciano. Dopo la liberazione della Francia, Giovannino fu catturato a Merano dagli americani il 22 maggio 1945, mentre Corinne, fatta prigioniera e privata dei diritti civili, morì di tubercolosi a soli 28 anni.

 

GAETANO SALVEMINI

Fu Ghita a implorare Salvemini, che era emigrato a Harvard, perché intervenisse per evitare la condanna a morte di suo fratello Jean. La risposta dello storico fu categorica: «Non c' è nulla da fare la sola cosa che posso augurare a Jean è che affronti la sua fine da uomo e non da femminuccia».

 

Fernande, rimasta con figli e nipoti nella capitale francese, non si rassegnava sostenendo che ad altri, come Philippe Pétain a capo del governo collaborazionista di Vichy, era stata risparmiata la pena di morte. Quando la moglie, nel dopoguerra, chiese a Salvemini - tramite un' amica comune - se volesse tornare a vivere con lei, ricevette una risposta negativa: «Quel che è avvenuto a Jean fa per me il paio con quel che mi avvenne il 28 dicembre 1908.

Non mi riesce di pensarci senza soffrire troppo».

 

Salvemini voleva dire che per ben due volte aveva perso le sue famiglie, devastate una dal sisma naturale e l' altra dal terremoto della politica. L' ultima volta che gli si era spezzato il cuore era stato ascoltando alla radio Jean che esortava i nazisti a uccidere tutti coloro che si erano schierati con la Resistenza.

 

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