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"QUANDO MI SPOSAI CON GIANNI MINA’, FIDEL CASTRO MI DISSE: ‘MA PERCHÉ LO HAI FATTO? LUI È BRUTTO. POTRESTI DIVORZIARE’” - LOREDANA MACCHIETTI, MOGLIE DEL GIORNALISTA SCOMPARSO PIÙ DI UN ANNO FA, RACCONTA: “DOPO IL CONTENZIOSO COL FISCO ITALIANO DI MARADONA, LA GUARDIA DI FINANZA ERA VENUTA A CASA NOSTRA PER CERCARE IL CONTRATTO DELL’INTERVISTA CHE DIEGO RILASCIÒ A MIO MARITO, MA NON ESISTEVA, PARLAVANO IN AMICIZIA” – “LULA, ATTUALE PRESIDENTE DEL BRASILE, FACEVA DA BABYSITTER ALLE NOSTRE BIMBE” – "DE NIRO? SULLA SEGRETERIA TELEFONICA LASCIAVA MESSAGGI IN UN BUFFO ITALIANO-MOLISANO” - VIDEO

 

Estratto dell’articolo di Giovanna Fumarola per “Oggi”

 

LOREDANA MACCHIETTI - gianni mina

Napoli, 2 gennaio 1960, la Nazionale di calcio batte la Svizzera 3 a 0. Gianni Minà è al suo primo vero articolo. Nella sala stampa dello stadio, tutta fumo di sigarette, casino e battutacce, lima fino allo sfinimento il suo pezzo. Troppo. Ci tiene a fare bella figura col direttore di Tuttosport, Antonio Ghirelli. Squilla il telefono. «Pronto, sei Minà?». «Sì».

 

«Senti, sono Ghirelli. Volevo capire dalla tua voce se tu sei uno stronzo o un egoista, perché se sei uno stronzo, be’, non ci servi, non ci serve chi mette in crisi la macchina del giornale perché non capisce i tempi e non rispetta le consegne; se invece sei un egoista devi andare affanculo».

 

GIANNI MINA CON DIEGO ARMANDO MARADONA

«A ripensarci quasi mi vengono le lacrime, ero all’esordio, avevo vent’anni, e fino ad allora il mio direttore mi aveva parlato sempre dolcemente», ha scritto Gianni Minà nella prima testimonianza che la moglie Loredana Macchietti ha voluto mettere nell’archivio digitale che gli ha dedicato a un anno dalla sua scomparsa (giannimina.it).

 

[…] «Pensare che in famiglia era anche feroce, esigeva rigore su tutto, era impegnativo. Ma invece di lanciarci i piatti, noi due quando litigavamo ci lanciavamo le poesie. Arrivava un momento in cui mi lasciava un foglio sul cuscino, sempre con una poesia di Pablo Neruda, e io capivo che era il segnale di pace. Me ne ha regalata una anche pochi giorni prima di andarsene». […]

 

Come è iniziato il vostro lungo viaggio insieme?

«Venivo dal mondo del sociale. Mi trovai ad aiutarlo come dattilografa per un libro sulla boxe, nostra comune passione».

gianni mina - LOREDANA MACCHIETTI - 1

 

Bizzarro: due persone miti appassionate di uno sport che, per quanto i francesi chiamino “la noble art”, è pur sempre fatto anche di sangue, violenza.

«Attenzione: come assistente sociale frequentavo Primavalle, le periferie dove una palestra di boxe è luogo di riscatto, rispetto, dignità. I pugni li prendi con regole precise. Questo è l’aspetto del pugilato che affascinava entrambi».

 

Chi tra i due fece il primo passo e trasformò la collaborazione in storia d’amore?

«C’è voluto un sacco di tempo. Avevamo caratteri simili, testardi, ispidi. Mi sono innamorata di Gianni perché era quel che vedevi, non c’erano inganni, non tradiva mai la sua essenza e da donna capii subito che questa cosa era rara e preziosa. A dirla tutta, il primo passo credo di averlo fatto io.

GIANNI MINA CON FIDEL CASTRO E ROBERT REDFORD

 

Dopodiché, nel 1994, lui mi chiese di sposarlo, e io gli risposi che non era questa la mia ambizione. Sono una donna molto indipendente, lo sono rimasta sempre, anche quando ho iniziato a fare la produttrice esecutiva, la regista, l’editrice. Ma quello stesso anno ci sposammo, anche se Fidel si stupì molto».

 

Fidel nel senso di Castro?

«Sì, proprio lui, Fidel Castro. Io e Gianni andavamo a Cuba dalle quattro alle sei volte l’anno, avevamo anche l’impegno di gestire la rassegna annuale di cinema italiano al Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano. Quando Castro seppe che ci eravamo sposati, mi chiese: “Ma perché lo hai fatto? Lui è brutto. Potresti divorziare, metterti con un uomo cubano”».

 

gianni mina - LOREDANA MACCHIETTI

Che cosa gli rispose?

«Gli dissi scherzando che il divorzio in Italia era complicato e lui volle sapere tutto sulla nostra legge in merito. Era un uomo curiosissimo. Pensi che una volta gli portai una copia di Latinoamerica,la rivista che Gianni dirigeva con Alessandra Riccio, e subito lui, soppesando una pagina, mi disse: “Ah, questa carta viene dalla Cecoslovacchia”». […]

 

Gianni a un certo punto ha avuto anche difficoltà a lavorare, lo sanno tutti. Ci pativo più io di lui, soffrivo molto per un’ingiustizia che mi macerava dentro. Ma lui non era mai asservito al potere e si proiettava sempre sul futuro, scherzava: “Loredana, dobbiamo proporre un format, perché tanto quando muoio te lo fanno fà”. Ebbe un grandissimo successo con i dvd della storia di Maradona allegati alla Gazzetta dello Sport».

 

Lui e Maradona divennero amici.

GIANNI MINA A NEW ORLEANS NEL 1975

«Diego si fidava di Gianni, che pure non gli ha lesinato critiche quando secondo lui le meritava. Maradona era sicuro che Gianni non avrebbe mai tradito la verità. Ricorda il contenzioso con il fisco italiano? Su tutti i giornali finì la storia dell’orecchino con diamanti che gli fu sequestrato appena mise piede in Italia per un’intervista.

 

Lei ha mai visto pubblicata con la stessa enfasi la notizia dell’assoluzione di Maradona da parte della Corte di Cassazione? Gianni era sicuro della sua innocenza, perché aveva studiato gli atti. Si figuri che la Guardia di Finanza era venuta persino a casa nostra per cercare il contratto dell’intervista che Diego rilasciò a mio marito, ma non esisteva nessun contratto, lui con Gianni ha sempre parlato solo in amicizia».

 

GIANNI MINA E L INCONTRO TRA GIANNI BRERA E NEREO ROCCO - 1974

In compenso a casa vostra c’erano spesso personaggi che hanno fatto la storia della politica, della letteratura, del cinema.

«Lula, l’attuale presidente del Brasile, mentre io preparavo da mangiare, faceva da babysitter alle nostre bimbe.

 

Gianni lo conobbe che era ancora un metalmeccanico, tramite un postino toscano, Antonio Vermigli, in contatto con lui perché ogni anno partiva per fare volontariato in quel Paese».

 

C’era anche Robert De Niro, un timido come suo marito.

«Lo sanno in pochi, ma Bob parla italiano, e con Gianni lo ha sempre fatto. Ogni volta che veniva a Roma, voleva incontrarlo e lasciava sulla segreteria telefonica messaggi in un buffo italiano-molisano».

archivio online di gianni mina

 

Voi però non avete mai fatto vita mondana.

«No, mai. Stavamo a casa nostra, Gianni si considerava un gitano sedentario».

 

Che insieme a “boxeur latino”, la definizione che gli regalò Paolo Conte, è una meravigliosa descrizione.

«Quella di Conte nacque in seguito a un mio regalo. Mio marito mi donava sempre la stessa cosa: orchidee bianche. Una volta provai a dirgli di cambiare, me le comprò rosa. Io invece un giorno gli presi un cd di Paolo Conte e glielo spedii ad Asti chiedendogli di autografarlo per Gianni.

GIANNI MINA' fidel castro

 

Mi tornò indietro con la frase: “Al boxeur latino”. Mio marito s’innamorò talmente tanto di quella definizione che la usò come titolo della sua autobiografia». […]

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