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STOCCOLMA DI MORTI E POLEMICHE - GLI SVEDESI FACEVANO I FIGHI SENZA LOCKDOWN. E ORA DOPO 1580 VITTIME, IL PREMIER SOCIALDEMOCRATICO LOFVEN FINISCE SULLA GRATICOLA – DALL’INGHILTERRA AL GIAPPONE, I PAESI CHE HANNO RITARDATO LA CHIUSURA HANNO POI PAGATO PESANTI CONSEGUENZE. LA SITUAZIONE PIÙ ESTREMA PERÒ RESTA QUELLA DEL BRASILE DI JAIR BOLSONARO…

Francesco Malfetano per “il Messaggero”

 

stefan lofven

Svezia e Regno Unito. Ma anche Stati Uniti, Cina, Giappone e Brasile. Da alcune settimane c' è un tragico filo rosso che lega un capo all' altro del globo. Sono i cattivi esempi, quei Paesi che hanno scelto di ritardare le chiusure per contrastare la diffusione del coronavirus e ne hanno subito le conseguenze. Strategie opposte al lockdown totale all' italiana che, iniziato il 9 marzo scorso, si sta dimostrando vincente nonostante le criticità (come i pochi tamponi effettuati e lo scarso controllo). Difatti, se ora la crescita dei contagi è in frenata e iniziano a liberarsi posti letto nelle terapie intensive permettendoci di pensare alla fase 2, lo si deve proprio alla serrata totale.

 

LE POLEMICHE In Svezia invece ora è il tempo delle polemiche per il premier socialdemocratico Stefan Lofven. La scelta del suo governo di non istituire alcun tipo di lockdown e combattere la pandemia affidandosi a semplici raccomandazioni ai cittadini, avrebbe condannato centinaia di loro.

 

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Il numero di vittime più alto si conta tra gli anziani residenti nelle case di riposo che, a causa dell' approccio morbido, non sono stati tutelati. Secondo le direttive governative il personale non ha l' obbligo di indossare materiale protettivo come mascherine e guanti a meno che non sospetti di avere a che fare con un ospite contagiato. Un approccio che, per ammissione dello stesso premier, ha creato una «situazione molto seria». A certificarlo sono i numeri: circa un terzo delle 1.580 vittime svedesi vivevano in case di riposo.

 

Il Paese scandinavo però non è stato il solo a reputare poco funzionale il lockdown. Resterà famoso il discorso di Boris Johnson ai cittadini inglesi del 12 marzo scorso. «È la più grave crisi sanitaria in una generazione, moriranno molti nostri cari», disse in diretta nazionale, presentando l' immunità di gregge come soluzione per combattere la Covid-19. Una scelta colpevole che il premier inglese sarà costretto a rivedere dieci giorni dopo (il 23 marzo) e che costerà a lui il ricovero in terapia intensiva all' inizio di aprile e al Paese migliaia di vittime (a oggi sono circa 16mila i decessi totali). A non ravvedersi ancora è invece Donald Trump.

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L' inquilino della Casa Bianca ha attaccato le misure restrittive imposte da alcuni governatori federali, sollecitando la «liberazione» dei cittadini soprattutto negli stati dem come Minnesota, Michigan e Virginia. Poco importa se gli Usa ad oggi sono il Paese con il più alto numero di casi al mondo (circa 770mila) e il maggior numero di decessi (41.114) ma non quello con più guariti: appena 70mila contro gli 80mila della Spagna che ha contato 200mila casi.

 

LE MISURE Nel gruppo dei cattivi esempi però, nonostante la serrata totale e gli aiuti distribuiti nel mondo, c' è anche la Cina. È noto infatti come il governo abbia tentato di insabbiare ogni cosa minacciando e screditando Li Wenliang, l' oculista morto di coronavirus che per primo diede l' allarme. Il vicino Giappone invece ha deciso di dichiarare lo stato di emergenza solo all' inizio di aprile, quando i casi di contagio erano già 4mila. Niente immunità di gregge né i tanto chiacchierati farmaci miracolosi quindi, alla fine anche Shinzo Abe ha dovuto cedere al lockdown per far fronte alla «più grave crisi sin dalla Seconda Guerra Mondiale».

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La situazione più estrema però resta quella del Brasile di Jair Bolsonaro. Nelle scorse settimane il presidente ha messo in piedi una campagna per sminuire i pericoli del virus arrivando a licenziare lo stimato ministro della Salute Luiz Mandetta e ad impedire la raccolta di dati sulla diffusione del contagio. Il suo negazionismo lo ha però isolato e quasi tutti i governatori degli Stati brasiliani hanno firmato una lettera di ripudio alle sue posizioni. In risposta Bolsonaro è sceso in piazza e ha preso parte ad una manifestazione di estremisti di destra che chiedevano un golpe con l' obiettivo di ritornare alla normalità da subito. Per quella però, in Brasile come nel resto del mondo, bisognerà aspettare.

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