crollo ponte morandi giovanni castellucci paolo berti michele donferri

“I CAVI SONO CORROSI. STI CAZZI, ME NE VADO” – UN MESE E MEZZO PRIMA DEL CROLLO DEL PONTE MORANDI GLI ALLORA TOP MANAGER DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA AMMETTEVANO DI ESSERE A CONOSCENZA DEI RISCHI DEL VIADOTTO DOVE SONO MORTE DI 43 PERSONE – LE BARRIERE ANTI-RUMORE? INCOLLATE “CON IL VINAVIL” – IL “METODO DONFERRI” PER RISPARMIARE: “PINOCCHIO SI PUÒ MODELLARE, SE NON TROVI IL FALEGNAME PER FARLO TE LO MODELLO IO”

giovanni castellucci con il plastico del ponte morandi a porta a porta

Tommaso Fregatti e Marco Grasso per “la Stampa”

 

«I cavi del Morandi sono corrosi». Il 25 giugno 2018- esattamente un mese e mezzo prima del crollo e della morte di 43 persone - gli (ex) top manager di Autostrade per l'Italia ammettevano di essere a conoscenza dei rischi del viadotto. E a fronte dell'acclarata pericolosità di quei tiranti l'allora direttore generale delle operazioni Paolo Berti scriveva a Michele Donferri Militelli, deus ex machina delle manutenzioni: «Sti' ca (come a manifestare un certo disinteresse, secondo gli investigatori ndr) me ne vado».

michele donferri

 

È il particolare choc che emerge dalle intercettazioni telefoniche che hanno portato ieri agli arresti domiciliari deg li ex vertici di Aspi. Dalle carte emerge come sia Berti che Donferri (e dunque i vertici dell'azienda oggi licenziati dal nuovo corso) fossero pienamente a conoscenza della situazione di pericolosità del viadotto Polcevera. E che Berti subito dopo il crollo abbia tentato di cancellare quei messaggi depistando le indagini.

paolo berti

 

Non sapendo, però, che sarebbero stati successivamente trovati dalla Finanza sul telefono cellulare del collega Donferri.

 

Le ammissioni sul Morandi

Nelle chat Donferri ammette l'ammaloramento dei cavi: «Sono corrosi». Mentre Berti consiglia «di iniettare aria nei cavi del viadotto per togliere l'umidità». Il direttore però rimarca: «Ma no, sono già corrosi».

le carcasse delle auto sotto il ponte morandi

 

Per il giudice Paola Faggioni quello scambio di messaggi evidenzia «la consapevolezza degli ammaloramenti dei cavi di precompressione degli stralli del viadotto Polcevera». E ancora Donferri secondo il giudice, faceva il lavoro sporco per conto dell'ad Castellucci per cercare di convincere il collega Berti a "tenere" dopo la condanna a 5 anni che si era preso per la strage di Avellino (nel 2013 quaranta persone persero la vita a bordo di un pullman ) e dopo l'avviso di garanzia per il crollo del Morandi.

 

GIOVANNI CASTELLUCCI

Il manager gli propone un patto per tutta la vita: «Paolo non puoi imputare a lui (Castellucci, ndr) che ci sono stati quarantatré morti. Quaranta morti di là (Avellino), quarantatré di là (Morandi). Stiamo tutti sulla stessa barca».

 

«Castellucci - dice Donferri - mi ha chiesto la mediazione. Ti vuole rasserenare e ti aiuterà per tutta la vita. Attaccati a sto' treno rivendica tutto quello che c'è da rivendicare».

 

ruspe al lavoro per spezzare i blocchi del ponte morandi

La resina difettosa

Nelle carte emerge quello che per gli investigatori era "il metodo Donferri". A fronte dell'acclarata pericolosità delle barriere antirumore che in Liguria hanno rischiato di colpire due mezzi pesanti ancora cerca un modo per risparmiare. «Pinocchio si può modellare, se non trovi il falegname per farlo te lo modello io».

 

il crollo del ponte morandi a genova

Non sa il supermanager di Aspi che Marco Vezil sta registrando quelle conversazioni. Siamo nel 2017 e il Morandi crollerà un anno e mezzo più tardi. E però quelle registrazioni trovate dalla Finanza nel computer di Vezil, tecnico di Spea (la società di Aspi incaricata dei controlli) hanno svelato molti illeciti.

giovanni castellucci

 

Come la resina utilizzata per gli ancoraggi dei pannelli difettosa e totalmente inefficace: «È incollato col Vinavil», dice un indagato. Inoltre nella stessa conversazione viene sottolineato come «le barriere Intergautos non siano a norma di legge perché utilizzano prodotti non confermi con le normative europee».

 

«Pericoli imminenti»

vigili del fuoco a lavoro sulle macerie del ponte morandi a genova

Donferri sa che la situazione delle barriere è potenzialmente pericolosa e può portare ad un effetto domino su tutta la rete autostradale. «Io sto dicendo - evidenzia al telefono - che ci sono pericoli imminenti. C'è un effetto domino in ragione di un comportamento sufficientemente non esplorato», ribadisce registrato.

 

GIANNI MION

Particolarmente rilevante secondo le indagini condotte dai militari della Guardia di Finanza diretta dai colonnelli Ivan Bixio (Primo Gruppo) e Giampaolo Lo Turco (nucleo metropolitano) l'elevata redditività di Aspi e la conseguente distribuzioni di ingenti dividendi tra gli azionisti, derivata da «una spregiudicata linea imprenditoriale improntata alla sistematica riduzione delle manutenzioni della rete autostradale».

 

roberto tomasi autostrade per l'italia

Dice l'attuale amministratore delegato Roberto Tomasi con Alberto Milvio capo del servizio finanziario di Aspi: «La verità - dice Tomasi - sta in mezzo». E si evidenzia come Aspi abbia distribuito dal 1999 al 2019 «nove miliardi e quattro, di cui nove e due sono andati ad Atlantia». Nelle carte dell'inchiesta vengono anche citati i Benetton, azionisti di riferimento di Atlantia, holding di Aspi.

 

luciano giuliana gilberto benetton

Dice Gianni Mion (attuale ad di Edizioni Holding, la società che controlla Atlantia e Aspi) al professore emerito dell'Università Bocconi Giorgio Brunetti: «Ti ricordi poi... Castellucci? Allora diceva facciamo noi! E Gilberto (Benetton, morto nell'ottobre 2018, ndr) eccitato perché lui guadagnava e suo fratello di più».

 

E ancora Mion aggiunge come «le manutenzioni le abbiamo fatte calare, più passava il tempo meno facevamo, così distribuivamo più utili. E Gilberto e famiglia erano contenti». Fonti vicine a Mion hanno voluto rimarcare come la conversazione in questione sia del febbraio 2020 e sia un commento a posteriori su quanto avvenuto negli ultimi anni, con la conclusione di un piano di investimenti alla quale era corrisposto l'aumento dei dividendi per gli azionisti. Un colloquio - è la tesi - da intendersi come un'analisi di quanto avvenuto, non la rivendicazione di una scelta strategica che da parte degli azionisti non ci sarebbe mai stata.

vigili del fuoco a lavoro sulle macerie del ponte morandi a genova crollo ponte morandiGIOVANNI CASTELLUCCIINCIDENTE VIADOTTO ACQUALONGA AVELLINO INCIDENTE VIADOTTO ACQUALONGA AVELLINO il crollo del ponte morandi a genova genova ponte morandiINCIDENTE VIADOTTO ACQUALONGA AVELLINO CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVAGIANNI MION 1GIANNI MION

 

INCIDENTE VIADOTTO ACQUALONGA AVELLINO CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVAgenova ponte morandi le macerie dopo il crollo del ponte morandi a genovail ponte morandi a genovaINCIDENTE VIADOTTO ACQUALONGA AVELLINO

 

Ultimi Dagoreport

matteo salvini donald trump ursula von der leyen giorgia meloni ue unione europea

DAGOREPORT – IL VERTICE TRA GIORGIA MELONI E I SUOI VICEPREMIER È SERVITO ALLA PREMIER PER INCHIODARE IL TRUMPIAN-PUTINIANO SALVINI: GLI HA INTIMATO DI NON INIZIARE UNA GUERRIGLIA DI CRITICHE DAL MOMENTO IN CUI SARÀ UFFICIALE L’OK ITALIANO AL RIARMO UE (DOMANI AL CONSIGLIO EUROPEO ARRIVERÀ UN SÌ AL PROGETTO DI URSULA VON DER LEYEN), ACCUSANDOLO DI INCOERENZA – LA DUCETTA VIVE CON DISAGIO ANCHE LE MOSSE DI MARINE LE PEN, CHE SI STA DANDO UNA POSTURA “ISTITUZIONALE” CHE METTE IN IMBARAZZO LA PREMIER

ursula von der leyen giorgia meloni macron starmer armi difesa unione europea

DAGOREPORT – SI FA PRESTO A DIRE “RIARMIAMO L’EUROPA”, COME FA LA VON DER LEYEN. LA REALTÀ È UN PO’ PIÙ COMPLICATA: PER RECUPERARE IL RITARDO CON USA E RUSSIA SUGLI ARMAMENTI, CI VORRANNO DECENNI. E POI CHI SI INTESTA LA RIMESSA IN MOTO DELLA MACCHINA BELLICA EUROPEA? – IL TEMA È SOPRATTUTTO POLITICO E RIGUARDA LA CENTRALITÀ DI REGNO UNITO E FRANCIA: LONDRA NON È NEMMENO NELL’UE E L’ATTIVISMO DI MACRON FA INCAZZARE LA MELONI. A PROPOSITO: LA DUCETTA È ORMAI L’UNICA RIMASTA A GUARDIA DEL BIDONE SOVRANISTA TRUMPIANO IN EUROPA (SI È SMARCATA PERFINO MARINE LE PEN). IL GOVERNO ITALIANO, CON UN PUTINIANO COME VICEPREMIER, È L’ANELLO DEBOLE DELL’UE…

trump zelensky vance lucio caracciolo john elkann

DAGOREPORT – LUCIO E TANTE OMBRE: CRESCONO I MALUMORI DI ELKANN PER LE SPARATE TRUMPUTINIANE DI LUCIO CARACCIOLO - A “OTTO E MEZZO” HA ADDIRITTURA SOSTENUTO CHE I PAESI BALTICI “VORREBBERO INVADERE LA RUSSIA”- LA GOCCIA CHE HA FATTO TRABOCCARE IL VASO È STATA L’INTERVISTA RILASCIATA A “LIBERO” DAL DIRETTORE DI “LIMES” (RIVISTA MANTENUTA IN VITA DAL GRUPPO GEDI) - L'IGNOBILE TRAPPOLONE A ZELENSKY? PER CARACCIOLO, IL LEADER UCRAINO "SI E' SUICIDATO: NON HA RICONOSCIUTO IL RUOLO DI TRUMP" - E' ARRIVATO AL PUNTO DI DEFINIRLO UN OPPORTUNISTA INCHIAVARDATO ALLA POLTRONA CHE "FORSE SPERAVA DOPO IL LITIGIO DI AUMENTARE IL CONSENSO INTERNO..." - VIDEO

giorgia meloni donald trump joe biden

DAGOREPORT – DA DE GASPERI A TOGLIATTI, DA CRAXI A BERLUSCONI, LE SCELTE DI POLITICA ESTERA SONO SEMPRE STATE CRUCIALI PER IL DESTINO DELL’ITALIA - ANCOR DI PIU' NELL’ERA DEL CAOS TRUMPIANO, LE QUESTIONI INTERNAZIONALI SONO DIVENTATE LA DISCRIMINANTE NON SOLO DEL GOVERNO MA DI OGNI PARTITO - NONOSTANTE I MEDIA DEL NOSTRO PAESE (SCHIERATI IN GRAN MAGGIORANZA CON LA DUCETTA) CERCHINO DI CREARE UNA CORTINA FUMOGENA CON LE SUPERCAZZOLE DI POLITICA DOMESTICA, IL FUTURO DEL GOVERNO MELONI SI DECIDE TRA WASHINGTON, LONDRA, BRUXELLES, PARIGI – DOPO IL SUMMIT DI STARMER, GIORGIA DEI DUE MONDI NON PUÒ PIÙ TRACCHEGGIARE A COLPI DI CAMALEONTISMO: STA CON L’UE O CON TRUMP E PUTIN?

friedrich merz

DAGOREPORT – IL “MAKE GERMANY GREAT AGAIN” DI FRIEDRICH MERZ: IMBRACCIARE IL BAZOOKA CON UN FONDO DA 500 MILIARDI PER LE INFRASTRUTTURE E UN PUNTO DI PIL PER LA DIFESA. MA PER FARLO, SERVE UN “BLITZKRIEG” SULLA COSTITUZIONE: UNA RIFORMA VOTATA DAI 2/3 DEL PARLAMENTO. CON IL NUOVO BUNDESTAG, È IMPOSSIBILE (SERVIREBBERO I VOTI DI AFD O DELLA SINISTRA DELLA LINKE). LA SOLUZIONE? FAR VOTARE LA RIFORMA DAL “VECCHIO” PARLAMENTO, DOVE LA MAGGIORANZA QUALIFICATA È FACILMENTE RAGGIUNGIBILE…

fulvio martusciello marina berlusconi antonio damato d'amato antonio tajani

DAGOREPORT – CE LA FARANNO TAJANI E I SUOI PEONES A SGANCIARE FORZA ITALIA DALLA FAMIGLIA BERLUSCONI? TUTTO PASSA DALLA FIDEIUSSIONI DA 99 MILIONI DI EURO, FIRMATE DA SILVIO, CHE TENGONO A GALLA IL PARTITO – IL RAS FORZISTA IN CAMPANIA, FULVIO MARTUSCIELLO, È AL LAVORO CON L’EX PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, ANTONIO D’AMATO: STANNO CERCANDO DEI “CAPITANI CORAGGIOSI” PER CREARE UNA CORDATA DI IMPRENDITORI CHE “RILEVI” FORZA ITALIA - LA QUESTIONE DEL SIMBOLO E IL NOME BERLUSCONI…