“IL BOSS IMPOSE UN GIOCATORE A DE ZERBI”, OPERAZIONE ANTIMAFIA A FOGGIA, 30 ARRESTI PER ESTORSIONI E OMICIDI – PRESSIONI ANCHE SULLA SQUADRA DI CALCIO, PER IL GIP L'EX ALLENATORE, OGGI AL SASSUOLO “DE ZERBI ACCETTÒ SUPINAMENTE LE RICHIESTE FORMULATE DAL BOSS” – IL TECNICO NON RISULTA INDAGATO
Giovanni Bianconi per il Corriere della Sera
Tra le decine di estorsioni contestate alla Società Foggiana, come viene chiamata la mafia del capoluogo pugliese, e che hanno portato a trenta ordini d' arresto eseguiti ieri, ce n' è una che fa più rumore delle altre. Perché riguarda una squadra di calcio e vede coinvolto - come co-protagonista non indagato - un allenatore emergente della seria A. Si tratta di Roberto De Zerbi, che oggi guida il Sassuolo ma tra il 2014 e il 2016 ha allenato il Foggia in Lega Pro.
In quel periodo, secondo le intercettazioni dei colloqui tra il pregiudicato Francesco Pesante detto 'U Sgarr , ora accusato di associazione mafiosa, e l' allora presidente della società Antonio Sannella (il cui padre è stato arrestato nei mesi scorsi per riciclaggio), il boss avrebbe imposto al Foggia l' ingaggio di un giovane calciatore cognato di un detenuto per tentato omicidio: Luca Pompilio, classe 1992.
«Gli ho detto "vedi che io vengo giù agli spogliatoi e prendi un sacco di botte, ti dò forte"», spiega Pesante in un' intercettazione. E in un' altra si sente Sannella assicurargli che il contratto per Pompilio è pronto, e che De Zerbi l' avrebbe portato nel ritiro estivo «perché addirittura al mister piace come gioca».
Commento del giudice delle indagini preliminari Francesco Agnino che ha ordinato gli arresti: «Al contrario, ad onta delle doti tecniche riconosciute esistenti da De Zerbi, l' attività intercettiva ha evidenziato che Pompilio è in realtà privo di doti sportive degne di nota, tanto che al momento della contrattualizzazione con il Foggia calcio era privo di contratto e dopo verrà dato in prestito alla società Melfi».
Ma a parte le considerazioni del magistrato sulle qualità tecniche del giocatore, nell' ordinanza ce ne sono altre più pesanti sul comportamento di De Zerbi e del direttore sportivo Giuseppe Di Bari: «Dirigente e allenatore lungi dal denunciare l' accaduto - come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione, dovendo affidarsi alla forza dello Stato per sradicare fenomeni di mantenimento parassitario come quello attuato e realizzato dagli odierni indagati, potendo contare anche sull' appoggio della tifoseria foggiana e più in generale degli sportivi - hanno preferito in maniera pavida accettare supinamente le richieste formulate, abiurando a quei valori di lealtà e correttezza sportiva che dovrebbe ispirare la loro condotta».
De Zerbi non ha voluto reagire pubblicamente alle dure valutazioni del gip, confidando a chi gli ha parlato in privato di sentirsi tranquillo e sicuro di poter dimostrare la propria estraneità a ogni attività illecita. Ma quando lui non era più al Foggia un altro calciatore giovanissimo considerato di non particolare valore - Antonio Bruno, 21 anni, figlio di uno degli arrestati di ieri detto Cecato , ala destra che ha collezionato solo 9 presenze tra serie C e serie D - sarebbe stato ingaggiato dal Foggia su pressioni della mafia locale.
Che nel frattempo si dedicava a sparatorie e imposizioni del pizzo in molti altri settori della vita imprenditoriale e amministrativa della città, come dimostrato dalle indagini della Procura antimafia di Bari, delle Squadre mobili e del Servizio centrale operativo della polizia, e dei carabinieri.
Tra le vittime del racket, elenca il giudice, «tutti gli operatori economici operanti a Foggia: dalle agenzie funebri ai gestori di slot machine , passando per gli esercizi commerciali e gli imprenditori edili».