ilaria alpi hrovatin

ILARIA ALPI, UN’ESECUZIONE SENZA COLPEVOLI! IL 20 MARZO 1994, A MOGADISCIO, LA REPORTER DEL TG3 E IL COLLEGA MIRAN HROVATIN FURONO UCCISI; TRENT’ANNI DI INSABBIAMENTI, DEPISTAGGI, FALSI COLPEVOLI, TESTIMONI PREZZOLATI, DOCUMENTI SPARITI - IN SOMALIA ILARIA E MIRAN AVEVANO RACCOLTO PROVE SU UN TRAFFICO DI ARMI E RIFIUTI TOSSICI TRA ITALIA E AFRICA CHE SFRUTTAVA (ANCHE) LA COOPERAZIONE ITALIANA - DAI LORO EFFETTI PERSONALI SPARIRONO BLOCK NOTES E VIDEOCASSETTE SUI LORO ULTIMI GIORNI DI LAVORO...

Marianna Aprile per Oggi - www.oggi.it

 

 

ILARIA ALPI

Trent’anni di insabbiamenti, depistaggi, falsi colpevoli, testimoni prezzolati, documenti spariti. Tre decenni di richiesta e ricerca di mandanti ed esecutori dell’agguato con cui il 20 marzo 1994 furono uccisi a Mogadiscio, in Somalia, la reporter del Tg3 Ilaria Alpi e il collega cineoperatore Miran Hrovatin. Trent’anni di processi, tentativi di archiviazione, una commissione parlamentare d’inchiesta (dal 2003 al 2006), un finto colpevole, testimoni inattendibili.

 

Ma soprattutto di instancabile battaglia civile portata avanti dai genitori di Ilaria Alpi, Giorgio e Luciana, morti (nel 2010 e nel 2018) senza aver avuto risposte, e di Patrizia Scremin, moglie di Miran e madre del loro piccolo Ian, che nel 1994 aveva solo sette anni. Nella filigrana di cui è tessuta questa vicenda si scorgono somiglianze con altre, precedenti e successive, accomunate dall’indicibile baratto di verità e giustizia con convenienza e connivenza.

 

HASSAN CASO ILARIA ALPI 3

 

Ilaria e Miran muoiono a 32 e 45 anni, poco lontano dall’hotel Amana, a Mogadiscio nord. Sono su una Toyota quando un commando di uomini armati di Kalashnikov scende da una Land Rover e li colpisce. Entrambi alla testa, entrambi da una distanza ravvicinata: un’esecuzione che a lungo è stata raccontata come un tentativo casuale di furto o rapimento, complice il ritardo con cui furono trasmessi documenti e ascoltati testimoni. Dei due giornalisti, insieme, ci sono poche immagini perché era la prima volta che lavoravano in coppia in Somalia. Per Hrovatin era anche la prima volta lì: fino a quel momento era stato inviato per lo più a coprire le guerre nei Balcani. Per Alpi la prima volta a Mogadiscio era stata invece nel dicembre del 1992. Da allora, ci aveva trascorso quasi duecento giorni, per documentare la guerra civile scaturita dalla caduta del dittatore Siad Barre e per indagare

HASSAN CASO ILARIA ALPI

 

Per Miran era la prima volta in Somalia, aveva sempre seguito la guerra nei Balcani. Per Ilaria era la settima. Non avevano mai lavorato insieme sull’operato della missione Restore Hope, in cui erano impegnati anche militari italiani. Accanto a lei c’era sempre stato un altro operatore, Alberto Calvi, che quella volta lì, l’ultima, si era rifiutato di partire ritenendo le risorse messe a disposizione dalla Rai non sufficienti a garantire gli standard di sicurezza.

 

ILARIA ALPI

Per il racconto della Somalia Ilaria aveva sviluppato una passione. Quella per il giornalismo era invece nata alle scuole medie, scrivendo per il giornalino di classe. Erano soprattutto gli esteri ad appassionarla, e così, dopo una laurea in Lingue orientali alla Sapienza di Roma, Alpi passa tre anni al Cairo, in Egitto, perfezionando il suo arabo e, intanto, inviando corrispondenze e a L’Unità. Sono i suoi genitori a convincerla a tentare il concorso per entrare in Rai. Lo vince e, dopo un breve periodo a Raisat, passa alla redazione esteri del Tg3 di Sandro Curzi.

 

 

HASSAN CASO ILARIA ALPI 9

In Somalia Ilaria e Miran avevano raccolto prove su un traffico di armi e rifiuti tossici tra Italia e Africa che sfruttava (anche) la cooperazione italiana. Che questa fosse la ragione per cui sono stati uccisi le loro famiglie lo capiscono presto, ma bisognerà aspettare 20 anni per una conferma nei documenti.

 

Come una nota del Sismi (desecretata, assieme ad altre migliaia di pagine, nel 2013) in cui si legge di armi trasportate dalle truppe italiane assieme ad aiuti umanitari. In quelle pagine si legge anche che i mandanti degli omicidi dei due giornalisti vanno individuati tra militari somali e cooperazione. A suggerirlo fin dal primo momento ci sarebbero però già stati indizi come la sparizione, dopo gli omicidi, dei block notes e delle videocassette sugli ultimi giorni di lavoro di Ilaria e Miran.

 

Quelli che più si erano concentrati su affari illegali tra Italia e Somalia dopo l’intervista, il 15 marzo 1994, ad Abdullahi Moussa Bogor, sultano di Bosaso. Di quella conversazione abbiamo 20 minuti, ma Bogor ha raccontato che era durata un paio d’ore. E a guardarla (si trova in Rete) si ha la sensazione che quei 20 minuti siano sezione di un girato più lungo: non hanno incipit né frasi di commiato, iniziano e finiscono a schiaffo.

 

ILARIA ALPI

La direzione indicata dalle parole di Bogor viene però ignorata da chi indaga, al punto da portare in carcere un somalo che, dopo 17 anni di galera, sarà scagionato con formula piena e risarcito con 3 milioni di euro. Si chiama Omar Hassam Hashi e a indicarlo come l’esecutore materiale dell’omicidio dei due giornalisti sono, nel 1998, Sid Abdi (autista di Ilaria e Miran), e Ali Ahmed Ragi, detto Gelle. Hashi e Abdi arrivano in Italia nel 1998 con un gruppo di somali disposti a testimoniare contro i militari italiani accusati di torture (a far scoppiare il caso era stata un’inchiesta di Panorama del 1997): Hashi come testimone, Abdi non si sa bene in veste di cosa.

 

Quando Abdi accusa Hashi di essere l’assassino dei due giornalisti, Gelle lo segue a ruota. Gli inquirenti italiani decidono di credere a entrambi. Abdi ritratta più volte, Gelle sparisce, Hashi viene condannato a 26 anni. Li avrebbe scontati tutti se una giornalista di Chi l’ha visto? nel 2015 non avesse rintracciato Gelle e non si fosse fatta confessare che quelle accuse finte erano state comprate «dagli italiani». Di schiaffi colleghi, amici e familiari di Alpi e Hrovatin ne hanno incassati tanti. Al punto che nel 2014, dalle pagine di Oggi, Luciana Alpi si disse «schifata dalla giustizia».

 

ILARIA ALPI

Tra omissioni e finte verità sono passati 30 anni e la storia di Miran e Ilaria è già così lontana da rischiare di essere ignorata da un’intera generazione. Per scongiurarlo si portano avanti iniziative che raccolgono la richiesta di giustizia urlata per anni da Giorgio e Luciana Alpi e da Patrizia e Ian Hrovatin. I cui nomi si aggiungono a quello di Ilaria Cucchi, Paola e Claudio Regeni e dei familiari delle vittime delle stragi di Ustica, Bologna e altre storie divenute geografie dell’ingiustizia. Secondo uno schema ricorrente, in cui alle vittime si impone la pena accessoria di farsi carico della dignità del Paese.

 

 

Ultimi Dagoreport

fazzolari meloni giorgetti salvini poteri forti economia

DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO INVESTIMENTI MILIARDARI IN ITALIA - I VARI BLACKSTONE, KKR, MACQUARIE, BLACKROCK, CHE ALL’INIZIO AVEVANO INVESTITO IN AZIENDE DI STATO, BANCHE, ASSICURAZIONI, RITENENDO IL GOVERNO DUCIONI STABILE E AFFIDABILE, DOPO APPENA DUE ANNI SI SONO ACCORTI DI AVER BUSCATO UNA SOLENNE FREGATURA - DAL DECRETO CAPITALI AD AUTOSTRADE, DALLA RETE UNICA ALLE BANCHE, E’ IN ATTO UN BRACCIO DI FERRO CON NOTEVOLI TENSIONI TRA I “POTERI FORTI” DELLA FINANZA MONDIALE E QUEL GRUPPO DI SCAPPATI DI CASA CHE FA IL BELLO E IL CATTIVO TEMPO A PALAZZO CHIGI (TEMPORANEAMENTE SI SPERA), IGNORANDO I TAPINI DEL MANGANELLO COSA ASPETTA LORO NELL’ANNO DI GRAZIA 2025

donald trump elon musk

DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO ALLA CASA BIANCA DI TRUMP VENGA CONDIZIONATO DAL KETAMINICO ELON MUSK, CHE ORMAI SPARA UNA MINCHIATA AL GIORNO - GLI OPERATORI DI BORSA VOGLIONO FARE AFFARI, GLI AD PENSANO A STARE INCOLLATI ALLA POLTRONA DISTRIBUENDO PINGUI DIVIDENDI, NESSUNO DI ESSI CONDIVIDE L’INSTABILITÀ CHE QUEL “TESLA DI MINCHIA” CREA A OGNI PIÉ SOSPINTO - DAGLI ATTACCHI ALLA COMMISSIONE EUROPEA AL SOSTEGNO AI NAZISTELLI DI AFD FINO ALL’ATTACCO ALLA FED E AL TENTATIVO DI FAR ZOMPARE IL GOVERNO BRITANNICO, TUTTE LE SPARATE DEL MUSK-ALZONE…

matteo salvini giorgia meloni piantedosi renzi open arms roberto vannacci

DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL MARTIRE DELLE TOGHE ROSSE E LO HA COSTRETTO A CAMBIARE LA STRATEGIA ANTI-DUCETTA: ORA PUNTA A TORNARE AL VIMINALE, TRAMPOLINO CHE GLI PERMISE DI PORTARE LA LEGA AL 30% - E "IO SO' GIORGIA E TU NON SEI UN CAZZO" NON CI PENSA PROPRIO: CONFERMA PIANTEDOSI E NON VUOLE LASCIARE AL LEGHISTA LA GESTIONE DEL DOSSIER IMMIGRAZIONE (FORMALMENTE IN MANO A MANTOVANO MA SU CUI METTE LE MANINE MINNITI), SU CUI HA PUNTATO TUTTE LE SUE SMORFIE CON I “LAGER” IN ALBANIA - I FAN DI VANNACCI NON ESULTANO PER SALVINI ASSOLTO: VOGLIONO IL GENERALE AL COMANDO DI UN PARTITO DE’ DESTRA, STILE AFD - I DUE MATTEO...

giorgia meloni - matteo salvini - open arms

DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI GRIDERA' ANCORA ALLE “TOGHE ROSSE” E ALLA MAGISTRATURA “NEMICA DELLA PATRIA”? -L’ASSOLUZIONE È DI SICURO IL PIÙ GRANDE REGALO DI NATALE CHE POTEVA RICEVERE GIORGIA MELONI PERCHÉ TAGLIA LE UNGHIE A QUELLA SETE DI “MARTIRIO” DI SALVINI CHE METTEVA A RISCHIO IL GOVERNO – UNA VOLTA “ASSOLTO”, ORA IL LEADER DEL CARROCCIO HA DAVANTI A SÉ SOLO GLI SCAZZI E I MALUMORI, DA ZAIA A FONTANA FINO A ROMEO, DI UNA LEGA RIDOTTA AI MINIMI TERMINI, SALVATA DAL 3% DI VANNACCI, DIVENTATA SEMPRE PIÙ IRRILEVANTE, TERZA GAMBA NELLA COALIZIONE DI GOVERNO, SUPERATA PURE DA FORZA ITALIA. E LA DUCETTA GODE!

roberto gualtieri alessandro onorato nicola zingaretti elly schlein silvia costa laura boldrini tony effe roma concertone

DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI MEGALOMANI CHE È DIVENTATO IL PD DI ELLY SCHLEIN: UN GRUPPO DI RADICAL-CHIC E BEGHINE DEL CAZZO PRIVI DELLA CAPACITÀ POLITICA DI AGGREGARE I TANTI TONYEFFE DELLE DISGRAZIATE BORGATE ROMANE, CHE NON HANNO IN TASCA DECINE DI EURO DA SPENDERE IN VEGLIONI E COTILLONS E NON SANNO DOVE SBATTERE LA TESTA A CAPODANNO - DOTATA DI TRE PASSAPORTI E DI UNA FIDANZATA, MA PRIVA COM’È DI QUEL CARISMA CHE TRASFORMA UN POLITICO IN UN LEADER, ELLY NON HA IL CORAGGIO DI APRIRE LA BOCCUCCIA SULLA TEMPESTA CHE STA TRAVOLGENDO NON SOLO IL CAMPIDOGLIO DELL’INETTO GUALTIERI MA LO STESSO CORPACCIONE DEL PD -  EPPURE ELLY È LA STESSA PERSONA CHE SCULETTAVA FELICE AL GAY PRIDE DI MILANO SUL RITMO DI “SESSO E SAMBA” DI TONY EFFE. MELONI E FAZZOLARI RINGRAZIANO… - VIDEO