“SAREMO IL PRIMO PAESE A USCIRE DALLA PANDEMIA” – NETANYAHU HA CAPITO CHE IL SUO FUTURO POLITICO DIPENDE DALLA CAMPAGNA DI VACCINAZIONE E, A GIUDICARE DALLA RISPOSTA DEL POPOLO ISRAELIANO, ANCHE QUESTA VOLTA VINCERÀ LE ELEZIONI – IL TOUR DE FORCE DELLO STATO EBRAICO, CHE HA GIÀ VACCINATO 1 MILIONE DI PERSONE, L’11% DELLA POPOLAZIONE, IN 13 GIORNI. I CITTADINI SI METTONO IN CODA, A METÀ GENNAIO SARANNO IMMUNIZZATI TUTTI GLI OVER 60, IL RESTO ENTRO MARZO, APPENA PRIMA DEL VOTO…
Sharon Nizza per “la Repubblica”
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Muhammad Jabarin di Umm al-Fahm è stato ieri il milionesimo israeliano a ricevere il vaccino Pfizer. Con l' 11% della popolazione vaccinato in soli 13 giorni, l' obiettivo di festeggiare a fine marzo la Pasqua ebraica senza restrizioni si fa ogni giorno più reale. «Saremo il primo Paese a uscire dalla pandemia» ha annunciato Netanyahu, che si gioca anche il suo futuro politico, con le quarte elezioni in meno di due anni fissate per il 23 marzo.
È una campagna senza sosta, frenetica, quella che dal 20 dicembre ha portato il Paese in cima alle classifiche mondiali per numero di vaccinati. I centri di inoculazione, a oggi oltre 300, si moltiplicano ogni giorno sfruttando ogni angolo di suolo pubblico: ieri in piazza Rabin, nel cuore di Tel Aviv, c' era la coda all' enorme tendone allestito in pochi giorni.
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Logistica, previdenza e fiducia nella scienza sono alla base del modello israeliano. «Israele è un Paese abituato a pensare fuori dagli schemi» ci dice il professor Nadav Davidovitch, direttore della scuola di sanità pubblica dell' università Ben Gurion e membro del team di esperti che assiste il governo nell' emergenza Covid. «Abbiamo seguito da subito gli sviluppi nella ricerca del vaccino con la nostra rete di contatti, che è molto ampia perché Israele da sempre investe nella ricerca vaccinale.
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Nel 1913, ben prima della fondazione dello Stato, è stato creato qui il primo istituto del genere». I rapporti hanno fatto la loro parte - il direttore scientifico di Moderna, Tal Zaks, è un israeliano che ha studiato alla stessa università di Davidovitch - ma c' è stata anche la lungimiranza di puntare su tutti i cavalli: Israele ha chiuso contratti con Pfizer, Moderna e AstraZeneca prima delle autorizzazioni, per 22 milioni di dosi (ci sono trattative sottobanco per un trasferimento di una parte del surplus all' Autorità Palestinese), pagandole il doppio e assicurandosi potere negoziale.
In due mesi Netanyahu ha chiamato 13 volte il Ceo di Pfizer, Andrea Bourla, e i vaccini arrivano a ritmo serrato con un ponte aereo continuo. A oggi siamo a quota quattro milioni che per metà gennaio copriranno gli over 60. Ora, siccome l' alta domanda ha portato a più inoculazioni del previsto - 150.000 al giorno - Netanyahu preme per anticipare la prossima tranche, prevista per febbraio.
La logistica, affidata alle quattro casse mutua semi-private che gestiscono il sistema sanitario, è coadiuvata dagli ospedali, dalle retrovie dell' esercito e dal Magen David Adom.
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«Ogni istituzione vuole dare il proprio contributo e sono tutti pronti perché Israele da 15 anni conduce esercitazioni congiunte tra sistema militare e attori civili in previsione di eventi che richiederebbero immunizzazione di massa», ci spiega Davidovitch, specificando che un ruolo chiave l' ha giocato anche la digitalizzazione dei servizi sanitari, in cui il Paese investe da oltre un decennio.
Martedì verrà inaugurata l' app "Passaporto verde" per agevolare il ritorno alla routine con il procedere della campagna. Ma alla radice del successo c' è la risposta della gente. Gruppi whatsapp a fine giornata indicano in quali ambulatori trovare dosi avanzate, accessibili a tutti, ed è gara a chi arriva prima.
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