1. LA STORIA DELLE DUE PROFESSORESSE VOGLIOSE DI AREZZO, CHE ANDAVANO A FARE ORGE IN UN CASALE IN CAMPAGNA CON I LORO STUDENTI, E’ IL PERFETTO ESEMPIO DI UN’ITALIA GODONA, CHE AMA SESSO E PORCATE MA SI NASCONDE NELL’IPOCRISIA PICCOLO BORGHESE 2. IN QUESTO CASO, DI PENALE, NON C’E’ NULLA: I RAGAZZI SEDOTTI SONO TUTTI MAGGIORENNI. NON CI SONO STATI PASSAGGI DI SOLDI, NÉ RICATTI: SOLO SESSO SELVAGGIO 3. LE PROF, UNA DI TRENTA E UNA DI QUARANTA ANNI, ORGANIZZAVANO GLI INCONTRI INVIANDO AI PISCHELLI UN SMS IN CODICE: “GITA IN CAMPAGNA?”. UNA VOLTA RIUNITI, PARTIVANO GALOPPATE DI GRUPPO CON TRE, QUATTRO E ANCHE CINQUE STUDENTI PER TURNO 4. A SCOPRIRE LE ORGE E’ STATO UN INVESTIGATORE PRIVATO INGAGGIATO DAL MARITO DI UNA DELLE DUE. L'UOMO, SCOPERTE LE CORNA, HA MOLLATO MOGLIE E FIGLI ED E’ SPARITO 5. LE DUE PROF ANCORA INSEGNANO MA I GENITORI CHIEDONO L’INTERVENTO DEL MIUR. TRA I VICOLI DI AREZZO, GLI ALTRI STUDENTI COMMENTANO: “SE FOSSE SUCCESSO A ME NON AVREI DORMITO LA NOTTE. HANNO FATTO BENE QUEI RAGAZZI: QUANDO GLI RICAPITA?”

Fabio Tonacci per “la Repubblica”

 

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La novella numero centouno del Decamerone l’hanno scritta due professoresse della provincia aretina, la scorsa primavera. Tutto “sa” di Boccaccio, in questa storia di sesso, scuola e doposcuola. Due donne “mosse da focoso disio” direbbe lui, il grande poeta toscano, un marito e un compagno traditi, un gruppo di studenti in preda all’ormone post adolescenziale, un casolare nascosto fuori città, un sms in codice per organizzare gli incontri erotici: “Gita in campagna?”.

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La narrazione della novella parte da questo insolito messaggio scoperto dal marito sul cellulare della moglie. Di lei, per ovvie ragioni di privacy, si dirà poco e niente, basti sapere che ha più di quarant’anni e meno di cinquanta, di bell’aspetto, sposata da molti anni, madre e di professione insegnante supplente in un istituto superiore. Il marito sospettava da tempo un tradimento, quindi si è rivolto a una società di investigazioni private, la Ombra di Arezzo. Mossa che si rivelerà, per lui, assai infelice.

 

I detective pedinano la signora per una ventina di giorni. Una vita in apparenza normale, casa e scuola. Tranne quando, accade tre volte in quell’arco di tempo, dopo le lezioni in classe va con la macchina fuori città senza avvertire il marito in ufficio. La seguono e la vedono entrare in un appartamento di un casolare adibito a residence, affittato a suo nome e di cui il coniuge niente sapeva. Puntualmente, dopo pochi minuti, arriva la sua collega, sulla trentina, con la quale condivide le supplenze nello stesso istituto.

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Le due pare abbiano una relazione tra loro, nonostante siano una sposata, l’altra convivente. Ma soprattutto vengono raggiunte da alcuni loro alunni: tre la prima volta, poi quattro, poi due.

Sono tutti di buona famiglia, frequentano la stessa scuola e uno di loro è proprio nella classe della professoressa più grande. Richiamati dal messaggio “gita in campagna?”, che lei inviava. Già fuori dalla casa l’atteggiamento con i ragazzi non era certo quello di due docenti che sono lì per dare ripetizioni di latino. I “raduni”, se così li vogliamo chiamare, duravano due ore e mezzo, anche tre ore, sempre nel pomeriggio.

 

Ogni tanto qualcuno dei ragazzi passava davanti alla finestra, mezzo nudo. Poi, fatto quello che dovevano fare, se ne andavano. Trattasi, stando a questi pochi fatti che si è riusciti a ricostruire, di faccenda di pura lussuria, non c’è niente di penale. Gli studenti sono tutti maggiorenni, del quarto e del quinto anno. Non ci sono stati passaggi di soldi, non ci sono ricatti. Non si sa da quanto il menage andasse avanti e non si sa nemmeno se questi libidinosi “Masetto da Lamporecchio”, sempre per citare il Decamerone, siano stati ricompensati in classe con voti più alti di quanto meritassero.

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Ora, non è difficile immaginare quale reazione abbia scatenato una storia pruriginosa come questa in chi ieri l’ha letta sulla Nazione. Nei bar di Arezzo è partita la gara a chi trova la battuta più scabrosa, il doppio senso più squallido. E giù risate su risate. Pure il maltempo che spazzola la città da tre giorni è passato in secondo piano.

 

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Tanto che vien quasi da abbracciare per la sua delicatezza la signora Fiorella, la titolare di una gastronomia in Borgo San Piero, che invece di chiamarle “orge”, per pudore le ribattezza “giochi d’insieme”. Eufemismo è dir poco. «Comunque — aggiunge — non è che sia la prima volta che accade, ne abbiamo sentite altre. Certo, di solito avvengono all’università, ‘un lo so cosa spinge un’insegnante a cadere così in basso».

 

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Al Caffè dei Costanti, in piazza San Francesco, la discussione di un gruppo di liceali per niente scandalizzati vira sul tecnicismo, ovvero se sia più giusto catalogare le due donne nella categoria “cougar” o “milf”. Poi però Stefano, 15 anni e una cresta di capelli da attaccante del Milan, ammette: «Se fosse successo a me non avrei dormito la notte, non so se ci sarei riuscito. Hanno fatto bene gli studenti? Boh, forse sì…e quando gli ricapita?». E dal tavolo accanto un signore di nome Severino, dopo un paio di punch, si alza in piedi e sgancia il suo commento: «Le due professoresse sono due…simpaticone, via!». Seguono sghignazzi.

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E però alla novella manca il lieto fine. Perché è vero che è rimasta avvolta nel segreto della vergogna, ed è vero che le due professoresse continuano ad insegnare. Ma il Moige, il movimento dei genitori ora ne chiede a gran voce la rimozione. E il marito tradito ha lasciato la moglie e i figli.

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