silvio berlusconi gianni agnelli

L'AVVOCATO E IL CAV, I MASCHIONI DEL SECOLO BREVE – STORIE PARALLELE E DIVERSISSIME DI GIANNI AGNELLI E SILVIO BERLUSCONI, TRA FAMIGLIE, NIPOTI, IMPERI E UNA VALANGA DI DONNE – GLI INTRECCI RACCONTATI IN DUE LIBRI: “B. UNA VITA TROPPO” DI FILIPPO CECCARELLI E “L’ULTIMA DINASTIA” DI JENNIFER CLARK – “IL FOGLIO”: IL PIÙ CELEBRE PUNTO D’INCONTRO TRA I DUE FU NEL ‘94 QUANDO IL CAV DECISE DI SCENDERE IN CAMPO. COL CONSUETO SPIRITO AGNELLI GLI DISSE: ‘CI FACCIA DIVERTIRE!’. E POI AI SUOI: 'SE VINCE, VINCIAMO TUTTI. SE PERDE, PERDE SOLO LUI'. ALTRA QUESTIONE CHE LI ACCOMUNAVA ERA L’AMORE PER LA..."

Estratto dell’articolo di Michele Masneri per “Il Foglio”

 

silvio berlusconi gianni agnelli

Mare o montagna? Slip o boxer? Per anni Gianni Agnelli e Silvio Berlusconi hanno rappresentato due mondi paralleli e alternativi, destinati a incontrarsi poco. Agnelli era nato nel ‘21, e morto nel 2003, Berlusconi fu fondato nel ‘36 e mancò nel ‘23. Ma Cosa rimane oggi di questi due esemplari della meglio razza di maschioni italici?

 

Due libri scavano ancora tra memorie, archivi, cambiamenti di costume e del gusto, buono e cattivo. Il primo è l’opus magnum di Filippo Ceccarelli, il Lévi Strauss del Transatlantico (inteso come retro del Parlamento). Il suo “B. Una vita troppo” per Feltrinelli è l’opera definitiva sul Cav., per peso e dimensioni e magnifico inserto fotografico: è più di un coffee table, è un frappuccino berlusconiano, denso di segni, presagi, autobiografia, ossessione. […]

 

silvio berlusconi gianni agnelli

L’altro è “L’ultima dinastia”, più classico volume anche questo però definitivo sugli Agnelli che la giornalista americana e italianizzata Jennifer Clark, già in forza a Wall Street Journal e Bloomberg, compila per Solferino, andando a rovistare anche in posti nuovi e interessanti: archivi del Dipartimento di Stato, della Cia, dell’università di Princeton (per gli anni scapestrati del rampollo Edoardo), e con occhio nuovo guarda alle donne della famiglia.

 

Dalla lettura incrociata dei due volumoni viene fuori anche un compendio sul maschio capitalistico italiano del Novecento, tra case, donne, mamme, manie, funesti affetti, disgrazie, aeromobili. Certo la vera domanda è: ma interesseranno ancora a qualcuno queste saghe che a noi appassionano? […]

 

B. UNA VITA TROPPO - FILIPPO CECCARELLI

[…]  Piacciono i film sul giovane Berlusca e gli spinoff sul giovane Doris. Il brand Silvio Berlusconi pare insomma pronto per un “revamp” e restyling tipo Balenciaga (e del resto raccontano che Marina stia per lanciare in grande stile anche il marchio editoriale “Silvio Berlusconi Editore”, un tempo dedicato alle strenne, ora invece come linea “alta moda” di Mondadori. E lì si vedrà quali intellettuali anche molto rigidi accetteranno o no la profferta).

 

Il brand Agnelli invece è meno cool, diventato sinonimo di litigiosità (mentre vetture vengono fermate alla frontiera e gli viene staccata la bandiera italiana! Chissà cosa avrebbe detto l’avvocato).Già, Avvocato e Cavaliere. Due nomi d’arte.

 

Se Agnelli avvocato non lo fu mai (non fece mai l’esame di Stato), il Cav. decide di diventare Cav. negli anni Settanta, a modo suo, e qui Ceccarelli riporta per intero una incredibile lettera “scritta di suo pugno in una notte insonne, all’allora ministro dell’industria e del Commercio Carlo Donat Cattin”.

 

L ultima dinastia - jennifer clark

Berlusconi fa un “pitch”, diremmo oggi, su sé stesso: “Ideatore e realizzatore di Milano 2, (…) la prima città al Mondo in cui è stato affrontato e risolto il problema delle auto (…). Il dottor Berlusconi, nato a Milano, è di antichissima famiglia milanese (…) laureato in Legge col massimo dei voti all’universita statale di Milano, premio Giannino Manzoni per la pubblicità, ha avuto una carriera che ha del favoloso (…) Il dottor Berlusconi è un uomo di una proverbiale riservatezza (...) Amico personale di Agnelli (…) è un lavoratore infaticabile e trascorre molte ore della notte al lavoro”, eccetera eccetera. Che tipo.

 

Il più famoso e celebre punto d’incontro tra i due fu nel ‘94 quando il Cav. decise di scendere in campo. Ceccarelli ricorda come col consueto spirito Agnelli gli disse: “ci faccia divertire!”. E poi ai suoi: se vince, vinciamo tutti. Se perde, perde solo lui.

 

Altra questione che sembrava accomunarli era l’amore per la donna. Alla fine l’avvocato, se visto forse con questo sguardo femminil-americano, viene fuori come un maschio più che alfa alfetta (con portapacchi in midollino), un classico uomo italiano che dice dice ma poi si fa comandare dalle femmine di casa.

 

silvio berlusconi gianni agnelli

Infatti nella scelta di Marella come consorte hanno un ruolo fondamentale le sorelle, che scelgono la placida e inesperta principessa al posto di altre più ingombranti ragazze con cui magari l’avvocato si sarebbe trovato meglio: dunque cassata immediatamente Pamela Harriman, già nuora del primo ministro inglese Winston Churchill, scafatissima e divorziata, che rimane incinta di Gianni e viene fatta abortire (come non succederà invece per Marella).

 

O come Maria Laudomia detta Domietta del Drago, sublime principessa romana (colei che ispira la figura di Desideria nei “Fratelli d’italia” di Arbasino) con cui Gianni aveva una storia già all’epoca del fidanzamento. “Il matrimonio cominciò come una complicata ‘relazione a tre’, che potrebbe ricordare quella del principe Carlo con Lady Diana decenni più tardi (...). Una fotografia lo ritraeva con la stupenda Laudomia sulle piste di Sestriere nell’autunno 1955, mostrando pubblicamente che la loro relazione proseguiva, mentre Marella era a casa incinta del secondo figlio”.

 

marella gianni agnelli

Le sorelle vegliavano sugli animal spirit di Gianni, come un po’ la mamma di Berlusconi, la mitologica signora Rosa, alla cui dipartita tutti hanno sempre attribuito lo smottamento delle già fragili difese del super Io berlusconiano.

 

[…]

 

Sulle case, un abisso. Se ha appena aperto alla Triennale di Milano la splendida mostra su Gae Aulenti, dove, con grande understatement, si vede anche il progetto per la “casa milanese di un collezionista”, cioè il celebre appartamento in Brera dell’avv. con le pecore di Lalanne e il tavolo dei meccanici Fiat, con le indicazioni precise su dove mettere water e bidet e i Lichtenstein e i Canova e i Warhol, viene sempre in mente la confessione che ci fece Enrica Aiazzone, sorella molto simpatica del compianto mobiliere: che una volta comprato quello che era lo chalet dello Scià di Persia a St. Moritz, il Cav. ebbe il problema di come arredarne le 35 stanze.

 

Avrebbe potuto buttarsi anche lui sulla “Gae” o su un Mongiardino. No, chiamò Aiazzone, ed ecco 35 stanze in 35 colori diversi (cosa che spiega molto di B.). A St. Moritz poi Galliani raccontò di un fatale incontro, sempre negli anni Ottanta, nei pressi di quello chalet che significava l’esser “arrivato” del Cav.

 

Il gruppo Fininvest tutto imbacuccato incontra il gruppo Agnelli con Montezemolo e Gawronski invece in blazer e camicia aperta fino al petto, e lì la consapevolezza antropologica: “Non saremo mai come loro”. […]

 

Nel libro di Clark grazie alla consultazione degli archivi della Cia si apprende invece che le fortune Agnelli ammassate all’estero oggi scandalosa fonte di indagini cominciarono negli anni Settanta, che è il momento anche in cui Marella prende la residenza elvetica. Sono anni in cui oggettivamente tutto può succedere, col terrorismo e i rapimenti (a Roma sequestrato e sfigurato John Paul Getty, in Germania viene sventato un piano per rapire l’erede Bmw).

 

silvio berlusconi gianni agnelli

E l’America? La faccenda è complicata. Entrambi ovviamente guardavano a occidente, ma è noto che B. avesse in gran simpatia il super satrapo Putin, con tanti scambi reciproci di ospitalità.

 

Recentemente qualcuno ha raccontato un aneddoto secondo cui B. si impressionò molto in una battuta di caccia russa in cui Putin prese e gli offrì il cuore di uno stambecco ancora fumante e il sensibile Cav. vomitò di nascosto dietro un angolo. Chi potrà mai verificarlo.

 

[…] Nello speciale “100 minuti” di La 7, Carlo De Benedetti ha detto che Agnelli portò Anita Ekberg a Torino e incontrando l’ing. ragazzino incantato da quella visione (i De Benedetti abitavano nello stesso palazzo) gli disse; “e adesso vai a farti una bella sega”, ma non coincide nulla, le date sono impossibili ecc. Nello stesso speciale fantascientifico, l’ex maggiordomo Stewart Thornton racconta che “donna Marella diceva sempre parolacce, perché era napoletana”.

 

[…]

 

PAMELA HARRIMAN GIANNI AGNELLI

 

Ma Berlusconi con l’America? Leggendario il “mi faccia aggiungere un’altra cosa” a cui Bush figlio pietosamente rispose: “your english is very good”, però Berlusconi nonostante i programmi che andava a comprare dai network Usa all’inizio e che hanno definito la Fininvest, è stato più eurocentrico, i suoi legami erano con la Francia di cui parlava benissimo la lingua, e dove sognava di spopolare con La Cinq. Agnelli che pure aveva un celebre appartamento a Parigi invece era di casa a New York, il suo atlantismo era stato bollinato al massimo livello, dalle foto coi Kennedy.

 

ANITA EKBERG - GIANNI AGNELLI

Nel libro di Clark sorprende però un “note” del dipartimento di Stato del 1968 stilato dal console americano a Torino, perla di perfidia. Si legge che “Il suo sorriso non è cordiale, così come non lo è affatto la sua personalita. In definitiva, Agnelli è un avvenente, riservato, piuttosto freddo, assai intelligente ex playboy ravveduto, che esercita una grande influenza in Italia, ammira gli Stati Uniti ma non ci ama”, così scrive il console J. Graham Parson il 1 luglio 1968.

 

Cosa che contrasta parecchio con quanto si è sempre detto e che pare abbastanza incredibile. E forse bisognerà mettersi nei panni di questo povero console, sperduto nel suo ufficietto, che magari agognava solo di andare a cena a Villar Perosa e magari l’avvocato con la sua tradizionale dispettosità non se lo sarà mai filato (ma facendo qualche ricerca, vien fuori che il Parson prima era ambasciatore in vari paesi tra cui la Svezia. Chissà che avrà mai combinato per finire declassato console a Torino).

 

[…]

 

silvio berlusconi gianni agnelli

A proposito, Clark rileva anche che, al netto di tutte le questioni successive, se il maschio Edoardo pareva fin da subito “unfit” a guidare l’impero, nessuno pensò mai neanche per un attimo alla possibilità che potesse farlo la femmina Margherita, anche se erano gli anni Settanta, non l’ottocento. Sliding doors… magari oggi Margherita sarebbe stata efficiente manager e non pittrice risentita. In casa Berlusconi forse erano più moderni sulle pari opportunità (e del resto il Cav. era anche un po’ donna Marella, con la sua passione per i giardini).

 

E se su “mamma Rosa” alla fine non si scopre molto, o non c’è niente da scoprire, la mamma dell’avvocato, Virginia Bourbon del Monte, si sa che fu un altro personaggio femminile straordinario. Era figlia di un principe spiantato (la famiglia abitava a palazzo Barberini, ma a piano terra, e si erano venduti l’argenteria per poter continuare a fare feste).

 

rosa bassi tra i ritratti dei figli silvio e paolo

Virginia, famosa anche per il leopardo che talvolta teneva al guinzaglio, conquista il papà dell’avvocato che viene descritto come né bello né brutto, e impacciato: però gioca bene a bridge. Quando rimane giovane vedova nel famoso incidente di idrovolante, Virginia si trasferisce a Forte dei Marmi con l’amante Curzio Malaparte e – rivelazione del libro – i due si stanno per sposare, ci sono le prove.

 

[…]

 

silvio berlusconi mamma rosa

Negli anni 70 gli Agnelli guardano alla Svizzera per paura dei rapimenti. I piccoli Elkann nei campi estivi zaristi tra preghiere e iconeVirginia mollerà lo scrittore di “Kaputt” (che secondo i rapporti di polizia voleva sposarla per tornare da padrone alla Stampa da cui il senatore Agnelli l’aveva cacciato). Lo lascia senza tante smancerie, probabilmente dopo esser riuscita a convincere il suocero (e Mussolini) ad affidarle la custodia dei figli, con un telegramma: “Comunicole avvenuto completo accordo con la mia famiglia / ritornata con i miei figli / assoluto dovere dedicare loro tutto la mia esistenza per mia esclusiva volontà / decisa non pensare più che a loro / auguromi ardentemente possa anche lei non pensare ormai che al suo lavoro”. [...]

 

silvio berlusconi veronica lario 6

[…] Nel 2010, in una manifestazione a Roma, dinanzi a centomila suoi fedeli e tifosi Berlusconi si fece prendere un po’ la mano e annunciò che puntava a campare fino a 120 anni, insieme alla promessa di battere il cancro.

 

Odiava i funerali: da presidente del Consiglio saltò quelli di Alberto Sordi e di alcuni militari morti in missione all’estero, e in generale di amici anche carissimi come don Verzé, Baget Bozzo, l’avvocato Ghedini. Preferiva senz’altro i matrimoni; come quello di John Elkann, all’isola Bella, nel 2004, dove planò in elicottero, direttamente dal forum Ambrosetti. Quando spuntò l’agusta in cielo, sentendo le pale, forse qualcuno ignorando la storia sperò che fosse ancora l’avvocato: invece era il Cavaliere.

silvio berlusconi veronica lario

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