NON PUO' ESISTERE UNA "ZONA FRANCA" PER CHI TORTURA – LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE HA STABILITO CHE I QUATTRO AGENTI DEI SERVIZI EGIZIANI, IMPUTATI PER AVER UCCISO GIULIO REGENI, POTRANNO ESSERE GIUDICATI ANCHE SE IRREPERIBILI: “NON SI PUÒ PARALIZZARE UN PROCESSO PER I DELITTI DI TORTURA. NON È ACCETTABILE PROTEGGERE AGENTI PUBBLICI RENDENDO IMPOSSIBILE LA NOTIFICA DEGLI ATTI AGLI IMPUTATI..."
Estratto dell’articolo di Grazia Longo per “La Stampa”
Punto primo, non si può paralizzare un processo «per i delitti di tortura». Punto secondo, «non è accettabile, per diritto costituzionale interno, europeo e internazionale» proteggere «agenti pubblici», rendendo impossibile la notifica degli atti agli imputati. Punto terzo, va tutelato «il dovere di salvaguardare la dignità umana della vittima». Punto quarto, «è inammissibile una zona franca» di impunità.
Ecco il cuore delle motivazioni, depositate ieri, della sentenza con cui la Corte Costituzionale il 27 settembre scorso ha deciso che si può avviare il processo Regeni. Lo stop era stato imposto per una questione di legittimità costituzionale sollevata dal gip di Roma, che si era fermato doverosamente perché manca la notifica formale agli imputati per il sequestro e l'omicidio del ricercatore italiano rapito al Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato senza vita il successivo 3 febbraio.
Ma la Consulta ha stabilito che è incostituzionale il comma 3 dell'articolo 420-bis del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dalla Convenzione di New York contro la tortura».
I giudici costituzionali precisano che la mancata collaborazione dell'Egitto nel comunicare i recapiti dei quattro imputati è un ostacolo che determina «un'immunità de facto» che offende la vittima, il principio di ragionevolezza e gli standard di tutela dei diritti umani recepiti e promossi dalla convenzione di New York.
In altre parole per le imputazioni di tortura statale la disciplina dell'assenza non può tradursi in una immunità «de facto». Lo statuto universale del crimine di tortura, delineato dalle dichiarazioni sovranazionali e dai trattati, «è connaturato alla radicale incidenza di tale crimine sulla dignità della persona umana».
A proporre l'eccezione di illegittimità costituzionale era stato lo scorso aprile il procuratore di Roma Franco Lo Voi, insieme all'aggiunto Sergio Colaiocco. […] Grazie al deposito delle motivazioni della Consulta il gup di Roma Roberto Ranazzi potrà riaprire il dibattimento e disporre un nuovo rinvio a giudizio davanti alla Corte d'Assise di Roma per il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif.
Il processo dovrebbe riprendere tra la fine di quest'anno e i primi mesi del 2024. Ribadiamo che è peraltro prevista la possibilità di accedere a un nuovo giudizio nel caso gli imputati dovessero improvvisamente decidere di comparire e richiederlo. Ma per ora si andrà avanti senza di loro. […]
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