HA ROTTO LE OVAIE NEL PANIERE - L’EX DITTATORE PERUVIANO ALBERTO FUJIMORI È ACCUSATO DI AVER COSTRETTO ALLA STERILIZZAZIONE MIGLIAIA DI PERSONE, LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DONNE, NEL CORSO DEL SUO MANDATO - LA STERILIZZAZIONE FORZATA FU UNA STRATEGIA DI CONTROLLO DELLE NASCITE UTILIZZATA PER COMBATTERE LA POVERTÀ DEL PAESE. DURANTE QUESTO PERIODO, SI SAREBBERO REALIZZATE OLTRE 340.000 CHIUSURE DELLE TUBE E 24.000 VASECTOMIE DI CUI ALMENO 180.000 FORZATE…
Elena Marisol Brandolini per “il Messaggero”
Ci sono voluti oltre 25 anni prima che un giudice aprisse un processo penale contro l'ex-dittatore peruviano Alberto Fujimori, con l'accusa di avere costretto alla sterilizzazione migliaia di persone, la stragrande maggioranza donne, nel corso del suo mandato presidenziale.
Il rinvio a giudizio è stato infatti deciso dal magistrato Rafael Martínez nell'ultima sessione del procedimento che si è concluso lo scorso dicembre. L'ex presidente è ritenuto responsabile del «reato contro la vita il corpo e la salute, lesioni gravi, seguite dalla morte in un contesto di grave violazione dei diritti umani».
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MINISTRI
Nella sua sentenza, Martínez ha annunciato che co-imputati nel processo saranno anche gli ex-tre ministri della Sanità nominati durante l'amministrazione Fujimori (dal 1990 al 2000), Yong Motta, Marino Costa Bauer e Alejandro Aguinaga.
Attualmente Fujimori, di 83 anni, sta scontando una pena di 25 anni a lui inflitta nel 2009 per un reato di lesa umanità come autore dell'assassinio di 25 persone, tra cui vari studenti universitari e un bambino, nelle stragi dei primi anni Novanta commesse dal Grupo Colina, un distaccamento militare voluto dal suo governo per combattere il terrorismo.
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L'ex-presidente fu arrestato in Cile nel 2005 e quindi estradato in Perù. Perciò, perché questo nuovo processo penale contro di lui possa avere inizio, la Corte Suprema de Justicia cilena deve prima procedere ad ampliare l'ambito della sua estradizione. La sterilizzazione forzata fu una strategia di controllo delle nascite utilizzata alla fine del secolo scorso dall'amministrazione Fujimori per combattere la povertà del paese.
Applicata nei confronti dei settori sociali con scarse risorse economiche, incluse alcune comunità indigene del Paese, si dipanò negli anni tra il 1996 e il 2000 con l'organizzazione di veri e propri festival della salute, per obbligare le persone alla sterilizzazione attraverso l'inganno e il ricatto.
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RICATTI
Così almeno 1.300 donne furono costrette a subire un'operazione chirurgica di chiusura delle tube nell'ambito del Programma di Salute Riproduttiva e Pianificazione Familiare. Ma, secondo dati del ministero della Sanità, durante questo periodo, si sarebbero realizzate oltre 340.000 chiusure delle tube e 24.000 vasectomie e si calcola che almeno 180.000 di queste furono forzate e perciò in violazione dei diritti umani.
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L'intimidazione era rivolta anche ai funzionari del ministero della Sanità che rischiavano il licenziamento o venivano estromessi da alcune gratifiche se non avessero raggiunto una quota mensile di sterilizzazioni. Il ministero della Giustizia e dei Diritti Umani ha aperto dal 2016 un Registro di Vittime delle Sterilizzazioni Forzate.
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Delle 8.000 vittime che vi figurano, solo 2.000 hanno denunciato di essere state sterilizzate forzatamente, si tratta per lo più di donne povere, andine, indigene di lingua quechua; di queste, oltre 1.300 subirono gravi lesioni e almeno cinque persero la vita per successive complicazioni.
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GIUSTIZIA
Come la giovane Mamérita Mestanza, costretta a sottoporsi alla sterilizzazione e morta a 33 anni per un'infezione, convertitasi perciò in un simbolo della lotta. Le vittime sono riunite nella Asociaciación de Mujeres Peruanas Afectadas por las Esterilizaciones Forzadas, diretta da una delle prime denuncianti, Rute Zúñiga, María Esther Mogollón ne è la portavoce.
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Ora aspettano che si faccia finalmente giustizia, perché nel passato l'indagine è stata più volte archiviata. Nessuno dei cinque presidenti che hanno governato dopo Fujimori ha voluto farsi carico del problema. Mogollón spera che il neo-presidente Pedro Castillo, eletto nel luglio scorso, sia coerente con la solidarietà espressa in campagna elettorale alle sopravvissute.
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