massimo galli coronavirus

“RIAPERTURA DELLE PRIME ZONE ROSSE? E’ UNA MISURA A CAPOCCHIA, COSÌ DOVE ANDIAMO A FINIRE?” - L’INFETTIVOLOGO MASSIMO GALLI: “IN LOMBARDIA I LIVELLI SONO COME QUELLI DI WUHAN A FINE GENNAIO: FATE DUE CONTI, LA PREOCCUPAZIONE C'È. IL PICCO NON È ANCORA ARRIVATO MA È DIFFICILE PREVEDERLO - L’AUMENTO DEI DECESSI? NON VORREI CHE DERIVASSERO DA UNA TARDIVA PRESA IN CARICO DEI PAZIENTI DA PARTE DELLE STRUTTURE OSPEDALIERE GIÀ PIENE”

1 - GALLI A CIRCO MASSIMO: "RIAPERTURA PRIME ZONE ROSSE? MISURE A CAPOCCHIA, COSì DOVE ANDIAMO A FINIRE? IN LOMBARDIA LIVELLI COME WUHAN A FINE GENNAIO: FATE DUE CONTI, PREOCCUPAZIONE C'È. I LOCALI VANNO TUTTI CHIUSI"

Da “Circo Massimo - Radio Capital”

 

massimo galli

“In 42 anni di professione come specialista di malattie infettive e in 44 di laurea, non ho mai visto qualcosa di simile a questa emergenza che ci ha costretto a ribaltare determinati reparti, ci ha messo in una situazione di quasi completo collasso delle strutture sanitarie in Lombardia. Non si risolve questa situazione con uno schioccar di dita.

 

Non basta nemmeno mettere immediatamente delle grandi risorse perché non si crea uno specialista da un momento all'altro, non si crea in un'istante una persona addestrata a lavorare su questo tipo di patologia senza rischiare di contagiarsi e senza causare problemi a quelli con cui lavora, basta che sbagli qualcuno e un'équipe può essere messa a repentaglio.

 

DECRETO DEL GOVERNO CHE HA CHIUSO LA LOMBARDIA

E non si costruisce un ospedale da un momento all'altro alla cinese. Anche se fosse realizzabile, non darebbe una risposta qualitativa”. Così il Prof. Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, intervistato in Circo Massimo su Radio Capital parla della situazione delle strutture sanitarie in Lombardia.

 

Il primario del Sacco poi torna a parlare del comportamento poco prudente dei giovani, in questa situazione, dicendo che “giovani lo siamo stati tutti, si considerano immortali, non reputano mai un problema come quello che stiamo vivendo come qualcosa che li possa direttamente riguardare. Magari non tutti, ci sono quelli che hanno la testa sul collo già da giovani. Ma bisogna che capiscano e se non capiscono, bisogna che gli sia fatto capire.

fuga da milano dopo il decreto che ha chiuso la lombardia

 

Se i locali non in zona rossa hanno continuato a essere aperti fino a tardi, sarà una posizione impopolare, ma vanno chiusi. Chiudere anche i bar? È una cosa che deve dire qualcun altro, ma i bar aperti fino alle 18 sono una misura di servizio per quelli che continuano ad andare a lavoro, e che hanno bisogno di un caffè, di un elemento di supporto fino a una certa ora”.

 

Visto che i contagi crescono del 25% al giorno, il Prof. Galli porta a supporto delle sue richieste di misure più dure le cifre del contagio in Cina. “Attorno al 25 di gennaio il numero dei casi di Wuhan città – spiega – e i numero dei casi della Lombardia del 3 di marzo era sostanzialmente identico. Ovviamente la Lombardia ha 10 milioni di abitanti in un'area più vasta degli 11 milioni di Wuhan che sono in zona molto più ridotta. In seguito, a Wuhan si sono contati decine di migliaia di casi. Attorno al 25 di gennaio tutte le persone di Wuhan erano chiuse in casa, con una sola persona per famiglia che poteva uscire per andare a fare la spesa una volta alla settimana con un permesso.

fuga da milano dopo il decreto che ha chiuso la lombardia

 

Fate due conti, vedete come erano messi loro e come potremmo trovarci messi noi. La preoccupazione c’è. Valutate voi. Anche perché non capisco perché si vada verso la riapertura delle zone in Lombardia colpite per prime. In Veneto è stata fatta una indagine epidemiologica a tappeto anche tra persone asintomatiche. Ne sono state trovate decine. Sono state messe in quarantena e così è successo per quelli entrati in contatto con loro.

MASSIMO GALLI

 

Nella zona rossa dove il virus ha circolato dalla fine di gennaio, secondo i nostro calcoli, tutta questa cosa non è stata fatta perché ci si è attenuti a fare i test ai positivi. Riaprire adesso, sciambola! Si da l’ulteriore indicazione che le misure restrittive sono verso l’esterno e non all’interno. Già siamo messi male per le prospettive sull’area metropolitana di Milano e se le indicazioni sono di confusione, a capocchia, dove andiamo a finire? Non riesco a capire. Non sono in alcuna stanza dei bottoni ma forse un po’ di esperienza ce l’ho.

 

Qualcuno che dovrebbe pensare a determinate cose forse non le pensa. E Forse i decisori politici dovrebbero smetterla con lo scaricabarile. Bisogna essere uniti e fare le cose giuste, altrimenti siamo nei guai. Non voglio fare il grillo parlante perché parlano già in troppi magari continuando a dire che questa è un'influenza. I miei colleghi sono in una condizione lavorativa terribile, questo la dice chiaramente su cosa stiamo affrontando”.

FUGA DALLA LOMBARDIA

 

2 - «IMPOSSIBILE PREVEDERE IL PICCO APRIRE CODOGNO È UNA FOLLIA»

Camilla Mozzetti per “il Messaggero”

 

«Il picco non è ancora arrivato ma è difficile prevederlo» e credere «che il problema riguardi solo il Nord Italia è da irresponsabili. Bisogna star chiusi in casa». Il professor Massimo Galli, direttore di Malattie infettive dell'ospedale Luigi Sacco di Milano arriva dritto al punto: «La situazione è tale da non consentire sconti».

 

massimo galli

Professor Galli partiamo dalle immagini: la gente che sabato ha preso d'assalto le stazioni ferroviarie di Milano per lasciare la Lombardia. Come le giudica?

«In modo spaventosamente negativo. Mi viene in mente l'espressione Cito longe et tarde: scappa alla svelta, scappa lontano e torna tardi. Era quello che si diceva nel Medioevo quando si fuggiva dalla peste. L'atteggiamento del Cito longe et tarde ahimè sembra una situazione di ritorno. Se c'era il dubbio che quanto accaduto sabato potesse essere un contributo alla propagazione dell'infezione, ce l'ha fatto diventare certezza o, almeno, discreta certezza».

 

Molte di quelle persone sono scese a Roma e in altre città del Sud Italia.

fuga da milano dopo il decreto che ha chiuso la lombardia

«Abbiamo fatto un enorme sforzo per garantire l'assistenza, ponendo molti ospedali al limite di intervento».

 

Servono maggiori restrizioni?

«La situazione è tale da non consentire sconti. I tanto vituperati cinesi hanno messo in quarantena 60 milioni di persone: come se avessero messo in quarantena tutta l'Italia. Non siamo nel momento in cui alcune libertà individuali devono essere messe davanti alla necessità di fermare la diffusione del virus. L'ultima cosa che ho sentito oggi, che trovo inammissibile se non folle, è che vista la chiusura della Lombardia apriamo Codogno ma siamo matti?».

 

Le sue previsioni?

«Non possiamo aspettarci di certo una riduzione significativa del fenomeno in pochi giorni».

lombardia ospedali

 

Per il picco del virus prevede un periodo preciso?

«L'andamento ora è crescente, ci sarà nei prossimi giorni ma è difficile prevedere con esattezza una data».

 

Come valuta l'aumento dei contagi e dei decessi registrati ieri?

«In maniera molto preoccupante. I primi derivano da infezioni non ricercate prima, per i secondi - e il dato francamente è drammatico - non vorrei che derivassero da una tardiva presa in carico dei pazienti da parte delle strutture ospedaliere già piene. Ma non ho elementi per poterlo affermare».

 

Finora è passata la policy che i contagi accertati avessero dei link, con persone riconducibili alle zone rosse del Nord-Est Italia. Regge ancora questa spiegazione?

«Mi sembra una fase superata».

lombardia ospedali

 

Da gennaio a oggi quali passi avanti sono stati compiuti nella lotta al virus?

«Stiamo cominciando a capire qualcosa in più sulla malattia anche se dobbiamo lavorare ancora perché non abbiamo dati sul viral-shedding, ovvero sui tempi e sui modi con cui il virus viene eliminato. Per le cure siamo lontani da qualcosa che sia minimamente soddisfacente, andiamo a tentoni. Per la diffusione, invece, siamo di fronte a qualcosa che, soprattutto nelle prime fasi in cui inizia a circolare su territori vergini, ha un raddoppio del numero dei contagi molto rapido rispetto ad altri virus, con un indice di trasmissione che vede ogni persona infetta contagiarne in media altre due».

 

Contagiano anche gli asintomatici?

lombardia ospedali

«Certamente sì, gli asintomatici come bambini e adolescenti, possono essere dei vettori».

 

E proprio i ragazzi, per i quali ovviamente non c'è esito di tampone perché le verifiche si fanno solo alla presenza dei sintomi, non restano in casa.

«È giunta l'ora di chiudere i locali. Punto. Se la gente continua ad ammassarsi dentro e fuori, non limiteremo nulla. Ci troviamo in un momento in cui devono essere compiuti dei sacrifici».

 

Stop ai locali, qualsiasi essi siano, e per i mezzi pubblici? I treni? Gli aerei?

«Solo per i motivi strettamente necessari e comunque sull'uso dei mezzi deve esserci una valutazione area per area, zona per zona».

 

 

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