L’UOMO CHE HA AGGREDITO MARINA ABRAMOVIC A FIRENZE E’ UN PICCHIATELLO CECO, VACLAV PISVEJC, CHE GIÀ LO SCORSO ANNO, IN PIAZZA DELLA SIGNORIA, AVEVA IMBRATTATO UNA STATUA DI URS FISCHER, DICENDO “IL VERO FISCHER SONO IO” - L’UOMO HA FRANTUMATO SULLA TESTA DELLA ABRAMOVIC LA TELA CON UN RITRATTO DELLA DONNA FATTO DA LUI - IL VIDEO DELL'AGGRESSIONE
Fabio Isman per “il Messaggero”
Brutta domenica per Marina Abramovic: aggredita a Firenze, all'uscita di Palazzo Strozzi, e censurata da Facebook per le sue performance con persone svestite, che qualcuno aveva rilanciato in rete.
Cominciamo dall' aggressione, per fortuna avvenuta senza alcun danno. L'artista aveva appena concluso di firmare le copie di un libro in inglese con le sue interviste dal 1978 al 2018; stava uscendo dal palazzo, quando un tale si è avvicinato, e le ha frantumato sulla testa la tela di un quadro. Era un ritratto di lei, dipinto da lui: uno pseudo artista ceco, Vaclav Pisvejc, che già lo scorso anno, in Piazza della Signoria, aveva imbrattato una statua di Urs Fischer, dicendo «il vero Fischer sono io».
AGGRESSIONE A MARINA ABRAMOVIC
Era quasi l'una del pomeriggio. C' è stato un parapiglia. La polizia ha fermato l'aggressore. Marina ha voluto guardarlo in faccia; gli ha chiesto il perché del gesto, ma Pisvejc non ha risposto: è rimasto sempre muto.
LA CENSURA
Nello stesso tempo, Facebook la stava censurando. Una delle sue performances, tenuta a Bologna nel 1977, è ripetuta nella mostra The Cleaner (quello che fa pulizia), aperta a Firenze fino al 20 gennaio: un uomo e una donna, svestiti, stanno impalati un' ora uno di fronte all' altra, mentre i visitatori possono passarci in mezzo. Qualcuno, l'ha fatto, e l' ha pubblicato sul sito social che dopo tre giorni, se ne è accorto, e l' ha cancellato. Insomma, forse non tira una buona aria per la Abramovic: ma soltanto per lei?
AGGRESSIONE A MARINA ABRAMOVIC
Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi e curatore della mostra, ricorda che, 40 anni fa a Bologna, la polizia interruppe Imponderabilia, come si chiamava la mostra dove lei (e Ulay) presentavano questo «quadro vivente»; «Marina riesce ad essere ancora tanto controversa», continua, «da venir censurata per opere passate ormai alla storia dell'arte»; ed è successo anche per il suo manifesto per la Barcolana a Trieste, in cui scriveva che «siamo tutti sulla medesima barca».
AGGRESSIONE A MARINA ABRAMOVIC
Ma al sindaco Roberto Di Piazza, la cosa non è andata a genio, pur se il poster è più che intonato alla massima rassegna velica di massa che esista al mondo. Per l'aggressione, poi, soltanto infinita solidarietà. È «molto dispiaciuto» lo stesso Galansino; ed il sindaco di Firenze Dario Nardella, dice che «per fortuna, lei non si è fatta niente, e l'uomo è stato fermato»: un artista forse soltanto incompreso, ma anche un po' frustrato. Certo che, per un' artista, essere colpita proprio da una tela che la ritrae ed eterna, è una bella nemesi.
LE RIPRESE
Questa aggressione, avvenuta in pubblico, è stata anche ripresa da tanti telefonini e chi volesse vederla, si può accomodare sulla rete. Quella che Abramovic non ama: «Non considero Instagram un' arte», dice; e «infatti io non lo frequento».
AGGRESSIONE A MARINA ABRAMOVIC
Spiega che «non bisogna lasciarsi usare dalle tecnologie»; ed ammette che «nel settore, io sono un po' imbecille». Preferisce, semmai, parlare di cose antiche. Spesso, quando si racconta, sembra molto felice. E ricorda che lo era anche ieri, quando è finita dentro la cornice di un quadro con un suo ritratto. «Per me, è difficile capire ed elaborare la violenza; è la prima volta che mi succede una cosa simile, e non riesco a capire.
Con la violenza non si fa arte: anch' io sono stata una giovane non famosa, ma non ho mai fatto del male a nessuno». Ora, «qualche volta rischio la vita; ma è una mia decisione, e le condizioni le stabilisco io». Poi, Marina continua: «Provo solo compassione». Non ha presentato denuncia: «Ho fatto la doccia, mi sono cambiata, e sono uscita di nuovo. La cosa più difficile è perdonare, ma bisogna riuscire a farlo, come dice il Dalai Lama».