“LA MATTINA IN DIRETTA TRA ACQUA E FANGO, LA SERA DA MIA MAMMA A DARLE UNA MANO” - LA GIORNALISTA ELENA DE VINCENZO, INVIATA DEL TG1 IN ROMAGNA, È DI CONSELICE. È NATA E CRESCIUTA NEL PAESE VICINO RAVENNA COLPITO DALL’ALLUVIONE – “ALL’INIZIO MI SONO CHIESTA SE FOSSI STATA IN GRADO DI MANTENERE IL NECESSARIO EQUILIBRIO. NE HO DISCUSSO CON IL MIO CAPOREDATTORE E ALLA FINE ABBIAMO DECISO CHE..."
Estratto dell’articolo di Alfio Sciacca per corriere.it
Raccontare in diretta di paesi e abitazioni invase dal fango e la sera passare dall’altra parte ed aiutare la mamma che ha la casa allagata. Per tre giorni l’inviata del Tg1 Elena De Vincenzo è stata allo stesso tempo testimone e protagonista della devastazione che ha colpito Conselice, paesino del Ravennate tra i più devastati dall’alluvione, che ancora oggi ha una parte del paese prigioniero dell’acqua. «Conselice — racconta — è il mio paese. Qui sono nata, qui sono cresciuta e qui ho ancora i miei affetti più cari. A cominciare da mia mamma che ha 72 anni».
(...) «All’inizio mi sono posta il problema se fosse il caso — racconta— mi chiedevo se sarei riuscita a mantenere il necessario equilibrio. Ne ho discusso con il mio caporedattore e alla fine abbiamo deciso che avrei continuato a fare il mio lavoro». In diretta per tutto il giorno e la sera a fare la vita degli altri concittadini del suo paese, aiutando la mamma a tentare di mettere in salvo quel che si poteva nella casa allagata.
Ma l’angoscia per Elena era cominciata ancor prima di arrivare a Conselice, nei giorni in cui comunque stava lavorando sull’alluvione. «Quando è cominciato il maltempo ci sentivamo continuamente con mia madre — racconta—. Le dicevo di non sottovalutare la situazione e in caso di pericolo di salire ai piani alti. Lei prima ha cercato di sdrammatizzare, ma alla fine mi ha dato ascolto. Un po’ di panico l’ho avuto quando l’emergenza si è spostata proprio a Conselice e lei mi ha chiamato per dirmi che era andata via anche la luce. A quel punto, non sapendo quanto potesse durare questa situazione, le ho detto di spegnere il telefono per non consumare tutta la batteria. E ad intervalli regolari lo riaccendeva, ci sentivano, e mi raccontava come stava andando».
Un’angoscia vissuta a distanza, fino a quando per lavoro non le è stato chiesto di spostarsi proprio nel suo paese. «La prima volta che ho potuto vedere mia madre e le condizioni in cui era la casa è stato giovedì 18. Ho fatto il primo collegamento appena arrivata e poi sono corsa da mia lei. C’era la casa allagata, ma mia mamma era in sicurezza al primo piano.
L’ho abbracciata e a quel punto mi sono tranquillizzata e anche continuare a lavorare per me è stato più semplice. La sera, dopo il lavoro, poi andavo da lei a darle una mano per quel che si poteva visto che era ancora tutto allagato. Rispetto a quel che hanno subito altri residenti che hanno la casa accerchiata dall’acqua e sono dovuti andar via da noi è poca cosa. Al primo piano mia mamma, tutto sommato, è riuscita a sopportare bene i disagi».
Ma come è stato lavorare in queste condizioni. «In generale, sin dal primo giorno, vedere la mia Romagna in queste condizioni è stato un colpo al cuore. Ho provato da subito tanto dolore e ho anche pianto. In questa regione l’alluvione ha provocato ferite veramente profonde. A Conselice, invece, ho avuto sentimenti contrastanti. Passata la preoccupazione per mia madre da un lato mi faceva piacere lavorare lì, perché era un modo per dare una mano e provare raccontare la gente e un territorio che conosci. Allo stesso tempo è stato triste vedere il posto dove sei nata praticamente in ginocchio. Girare per i luoghi della tua infanzia devastati e incontrare persone che conosci con gli occhi pieni di dolore è stato veramente pesante».
Per tre giorni Elena ha continuato a raccontare Conselice. «Tra tanto dolore e devastazione ci sono stati anche dei momenti simpatici. Durante le interviste qualcuno si avvicinava a mi diceva “Ma io ti conosco... tu sei la figlia dei dottori”. Infatti mia madre è stata medico di base, mentre il papa faceva il chirurgo. In paese non potevo certo passare inosservata. Vedere che in tanto dolore c’era gente che era contenta che io fossi lì mi ha fatto piacere e mi ha scaldato veramente il cuore».