"LA PROCURA INSABBIÒ LA LOGGIA UNGHERIA’’ - STORARI: ‘’SONO IO CHE NELL'APRILE 2020, PER FAR AVVISARE IL CSM E TUTELARMI DAL MURO DI GOMMA DEI MIEI CAPI, DIEDI A DAVIGO SU UNA CHIAVETTA I VERBALI DI PIERO AMARA SULLA "LOGGIA UNGHERIA" - UNA LOGGIA SUPER SEGRETA COMPOSTA DA MAGISTRATI, IMPRENDITORI, PROFESSIONISTI, ALTI UFFICIALI DEI CARABINIERI (DEL SETTE) E DELLA FINANZA (ZAFARANA), IL CUI SCOPO SAREBBE STATO QUELLO DI CONDIZIONARE LE NOMINE AL CSM E AGGIUSTARE I PROCESSI PER GLI ADEPTI – GRECO A STORARI: “IO CREDO AD AMARA, MA NON VOGLIO FARE NIENTE PERCHÉ NON VOGLIO INIMICARMI ZAFFARANA IN QUANTO DEVO SISTEMARE IL COLONNELLO GIORDANO AL NUCLEO VALUTARIO”
1 – STORARI: «MURO DI GOMMA CONTRO DI ME»
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
«Non me li chiese il consigliere Csm Piercamillo Davigo: sono io che nell'aprile 2020, per far avvisare il Csm tramite lui e tutelarmi dal muro di gomma dei miei capi, diedi a Davigo su una chiavetta i verbali di Piero Amara su "loggia Ungheria", le trascrizioni e, non ricordo, ma se c'erano anche gli audio registrati dal suo collaboratore Calafiore»; e «dalla bocca di Davigo non uscì mai il nome di Sebastiano Ardita», consigliere Csm ora parte civile contro Davigo da cui si ritiene dossierato, «che a me all'epoca era sconosciuto».
In quattro ore di deposizione al Tribunale di Brescia del pm Paolo Storari, sono le sole due circostanze rilevanti per il processo a Davigo per rivelazione di segreto, stralcio di quello in cui Storari in abbreviato è stato assolto mesi fa e attende ora l'appello.
PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
Il grosso dell'udienza, dominata dall'interventismo del presidente Roberto Spanò, diventa l'ottavo interrogatorio (ma il primo in pubblico) in cui si assume «la responsabilità» di addebitare agli ex capi della Procura di avergli opposto appunto un «muro di gomma»; di non aver voluto indagare in fretta nei verbali di Amara il vero dal calunnioso; di averli utilizzati «a geometria variabile» per «non disturbare il processo Eni-Nigeria» del vice del procuratore Greco, De Pasquale.
Riecco così, nel racconto del pm, la collega Pedio che lascia senza risposta le proposte di indagini di Storari, De Pasquale che a fine 2019 gli dice di tenere i verbali di Amara due anni in un cassetto, Greco che gli teorizza di non volere attriti con il comandante della Guardia di Finanza da cui attende la promozione di un ufficiale che gli sta a cuore: tutto, però, nello stesso tempo in cui i capi della Procura usano subito (e solo) due righe di un de-relato di seconda mano di Amara per cercare obliquamente di far fuori dal processo Eni-Nigeria il giudice Tremolada tacciato di sudditanza agli avvocati Eni (e il presidente Spanò annuisce, «mi fossi trovato in quella situazione, certo sarei stato costretto ad astenermi...»).
cerimonia di commiato per francesco greco 6
E quando Storari per tre volte (la prima sull'amicizia in frantumi con Pedio) si blocca sin quasi a sembrare sul punto di piangere («è pesante per me ricordare quello che ho passato»), trova la comprensione del presidente del Tribunale («si chiama "risonanza emotiva", fermiamoci pure un momento...»), rigido invece nel non ammettere decine di domande (ritenute non pertinenti) dell'avvocato Repici parte civile per Ardita.
Spanò si interessa se Storari avesse amici in Procura, «sì, a Luisa Baima sono legato, Alberto Nobili è un vecchio saggio, ma non mi confidai con loro o altri». Solo con Davigo, «perché era il solo che conoscessi con un ruolo istituzionale». Davigo poi parlò dei verbali a molti al Csm e pure all'onorevole Morra, chiede Spanò, «crede fosse in buona fede?». «Assolutamente sì. Seppero queste cose il pg di Cassazione, il vicepresidente Csm...: e nessuno, nè direttamente nè indirettamente, venne mai a dirmi "Paolo hai sbagliato"».
2 - «LA PROCURA INSABBIÒ LA LOGGIA UNGHERIA»
Paolo Ferrari per “Libero quotidiano”
Le indagini sulla loggia Ungheria non si sono fatte per due motivi: il procuratore di Milano Francesco Greco doveva raccomandare il colonnello della Guardia di Finanza Vito Giordano, suo stretto collaboratore, e Piero Amara, avvocato esterno dell'Eni originario di Augusta, non poteva essere accusato di calunnia.
Lo ha dichiarato ieri davanti al tribunale di Brescia il pm milanese Paolo Storari, interrogato come testimone assistito connesso, nel processo contro Piercamillo Davigo, accusato di rivelazione del segreto di ufficio. Per il medesimo reato Storari nelle scorse settimane era stato assolto in abbreviato.
Il magistrato, rispondendo alle domande del pm Francesco Milanesi e del presidente del collegio Roberto Spanò, ha ricostruito quanto accadde alla Procura di Milano fra la fine del 2019 e i primi mesi del 2020, una volta terminati gli interrogatori dell'avvocato siciliano il cui nome compare in tutti i più importanti processi in corso in Italia in questi mesi.
Amara, in particolare, in quell'occasione aveva rivelato l'esistenza di una loggia para-massonica super segreta denominata per l'appunto Ungheria e composta da magistrati, imprenditori, professionisti, alti ufficiali delle forze dell'ordine, a iniziare dai comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, rispettivamente i generali Tullio Del Sette e Giuseppe Zafarana, il cui scopo sarebbe stato quello di condizionare le nomine dei capi degli uffici giudiziari al Consiglio superiore della magistratura e aggiustare i processi per gli adepti.
L'avvocato Amara era stato sentito nell'ambito delle indagini per corruzione nei confronti dei vertici del colosso petrolifero del cane a sei zampe e aveva fatto una quarantina di nomi, raccontando il funzionamento della loggia.
FABIO DE PASQUALE SERGIO SPADARO
La deposizione esplosiva era stata raccolta da Laura Pedio, vice del procuratore di Milano Francesco Greco, e dallo stesso Storari. Quest' ultimo, terminata la verbalizzazione, decise di rivolgersi al suo capo per fare il punto.
«Io credo ad Amara, ma in questo momento non voglio fare niente perché non voglio inimicarmi Zaffarana in quanto devo sistemare il colonnello Giordano al Nucleo valutario», era stata la risposta di Greco, ora nominato assessore alla Legalità del Comune di Roma dal sindaco Roberto Gualtieri (Pd). Una risposta che lasciò «basito» Storari.
Più o meno nello stesso periodo ci fu un altro colloquio sul punto con l'aggiunto Fabio De Pasquale, titolare del fascicolo Eni-Nigeria, il quale invece gli aveva detto: «Secondo me queste dichiarazioni devono rimanere nel cassetto due anni». «Da queste due affermazioni ho capito che non si scherzava», ha proseguito Storari davanti ai colleghi bresciani.
Le dichiarazioni di Amara, continua Storari, «se fossero state sconfessate, avrebbero messo a rischio la credibilità del teste e potenzialmente minato l'impianto accusatorio del processo Eni-Nigeria: se tutto il procedimento è basato sulle calunnie, vuoi dirlo alle difese? A Brescia, dov' è in piedi un processo per calunnia? Vuoi dirlo ai giudici d'appello davanti ai quali si stava celebrando un processo in abbreviato?
Nulla di tutto questo è stato fatto», ha quindi ricordato Storari. «Il processo Eni Nigeria ha aggiunto- era il più importante che c'era in quel momento. Il terzo dipartimento era il fiore all'occhiello della Procura e faceva i processi di serie A. Perdere in questo processo significava mettere in discussione tutto l'assetto organizzativo della Procura».
Visto che non si volevano fare indagini, Storari decise che bisognava informare dell'accaduto Davigo, all'epoca consigliere del Csm. Il magistrato ha precisato che il tramite fu la fidanzata di Davigo, la pm antimafia Alessandra Dolci. «Io metto i verbali word sulla chiavetta e li porta a casa sua», racconta Storari.
«Fammi leggere e ci rivediamo», rispose Davigo, aggiungendo poi che «i fatti che riferisce questo qui sono gravissimi». Ricevuti da Storari i verbali di Amara, Davigo avvisò David Ermini, vice presidente del Csm, Giovanni Salvi, procuratore generale della Cassazione, alcuni consiglieri del Csm, Nicola Morra, presidente ex grillino della Commissione parlamentare antimafia. Un comportamento che gli ha determinato l'accusa di rivelazione del segreto.