LI AMIAMO ALLA FOLLIA, È SCRITTO NEL DNA - L'EMPATIA VERSO CANI E SIMILI AIUTAVA CHI ANDAVA A CACCIA O DOVEVA ADDOMESTICARE SPECIE UTILI. PERCIÒ È STATA FAVORITA DALLA SELEZIONE GENETICA. MA ORA A CHE SERVE? L’ESPERTO JOHN BRADSHAW HA INDAGATO
John Bradshaw The Animals Among Us
Alex Saragosa per “il Venerdì - la Repubblica”
In genere, in natura, chi si interessa a specie animali diverse dalla propria o è un parassita o è un predatore. Perché allora gli esseri umani amano tanto coccolare cani, gatti, criceti e altri membri di varie specie? Se lo è chiesto il professore di veterinaria dell' Università di Bristol John Bradshaw nel saggio The Animals Among Us: The New Science of Anthrozoology (Penguin).
L' antrozoologia, nata negli anni Ottanta, è un campo di studio a cavallo fra discipline umanistiche e scientifiche che indaga la relazione fra l' uomo e le altre specie viventi: dalla caccia al simbolismo religioso, dall' arte alla pet therapy. «Come antrozoologo, di tutti i rapporti che intercorrono fra uomini e animali, trovo che quello che intratteniamo con i pet è forse il più strano» ci dice Bradshaw. «Perché manteniamo nelle nostre case centinaia di milioni di cani, gatti, uccelli, pesci, rettili, roditori, spendendo per loro decine di miliardi di dollari l' anno?».
John Bradshaw The Animals Among Us:
In effetti, solo in Italia, secondo il rapporto Assalco-Zoomark 2017, ci sono 60 milioni di pet, tra cui 14,5 milioni di cani e gatti, per una spesa che, tra alimenti, cure, cucce e giochi, raggiunge quattro miliardi di euro l' anno. Alcuni antrozoologi per questa generosità umana hanno una spiegazione facile facile: i pet sono parassiti che hanno trovato il modo di farsi nutrire e proteggere, senza dare nulla in cambio. «Ma è una risposta semplicistica» dice Bradshaw. «Prima di tutto perché, se i pet hanno aspetti e comportamenti che sollecitano le cure umane, si deve in buona parte alla selezione che abbiamo fatto noi stessi su di loro. Secondo, se questa associazione uomo-animali fosse solo parassitica, la nostra evoluzione l' avrebbe cancellata, invece esiste da millenni ed è molto forte».
Lei allora come se la spiega?
«Secondo me ci sono due dati di fatto da cui bisogna partire. Primo: a giudicare dalle sepolture di persone con animali a fianco, sono decine di migliaia di anni che conviviamo con animali da compagnia.
John Bradshaw The Animals Among Us:
Secondo, ricerche fatte sui gemelli mostrano che c' è una componente genetica nel desiderio di avere dei pet. Tutto ciò mi fa credere che questo comportamento, fin dall' inizio, abbia portato vantaggi alla nostra specie, tanto da "selezionare" geni specifici per favorirlo».
Quali vantaggi?
«Grazie al cervello specializzato in linguaggio ed empatia, i nostri antenati preistorici devono aver presto cominciato a tentare di capire la mente animale, per aumentare il successo nella caccia. Al tempo stesso però questo ci ha portato a spiegare il comportamento degli animali in termini umani, antropomorfizzandoli e quindi facendoceli sentire più simili a noi.
Così, quando durante la caccia capitava di catturare dei cuccioli, questi non venivano uccisi: incuriositi, i cacciatori li portavano negli accampamenti. Lì, con il loro aspetto "infantile", questi cuccioli facevano scattare nelle donne quel desiderio di accudimento che esiste in tutti i mammiferi, tanto che, come accade ancora oggi in molte culture "primitive", arrivavano ad allattarli insieme ai loro bambini. Questi proto-pet avevano anche funzioni utili, come permettere di studiare il comportamento della loro specie o istruire le future madri. Ma, soprattutto, questa consuetudine uomo-animale ha permesso la completa domesticazione di molte specie utili, dai cani alle capre, dai gatti ai cavalli.
Avere nella tribù persone che amavano accudire gli animali conferiva quindi un vantaggio di sopravvivenza, diffondendo quei geni che ancora oggi rendono molte persone attratte dai pet. Insomma, noi abbiamo fatto diventare domestici molti animali selvatici, ma anche loro hanno modificato il nostro Dna e cervello».
Non sarà che il nostro cervello confonde pet e bambini?
«No, ricerche neurologiche mostrano che la visione di immagini di pet e di bambini attiva aree soltanto in parte coincidenti, mentre diverse altre sono specializzate unicamente sugli animali».
Ci sono anche casi di animali che si prendono cura di altre specie, come gatte che allattano conigli o la famosa gorilla Koko, che adottò un gattino amandolo così tanto che quando quello morì cadde in depressione.
«Sono casi episodici, avvenuti spesso in condizioni eccezionali, che non fanno testo. Il nostro comportamento verso gli animali è unico in natura».
Però, anche se ha radici ancestrali, la pet-mania è esplosa solo oggi.
«In effetti l' abitudine varia nel tempo e fra le società: era comune fra i cacciatori e raccoglitori e rara fra gli agricoltori poveri, che non avevano risorse per mantenere animali "inutili". Ce n' erano pochi anche dove imperavano le religioni monoteiste, che in genere ne deprecavano il possesso.
E proprio perché costosi e superflui, nella storia i pet sono stati spesso un simbolo di ricchezza. Quando però i vincoli economici e culturali sono svaniti, la nostra predisposizione genetica ad avere accanto animali è esplosa, persino in culture, come quella coreana, dove i cani se li mangiano».
Ma tenere animali rappresenta una notevole spesa, oltre che un impegno: che vantaggi traiamo dalla loro presenza?
«In questi ultimi anni, forse anche per giustificare la pet-mania, abbiamo cominciato a credere che la presenza di animali accanto a noi porti vantaggi eccezionali, come la prevenzione o cura di malattie mentali e fisiche. In realtà la scienza ha per ora confermato pochi di questi "superpoteri" animali. In genere si può dire che gli animali ci riconnettono alla natura, e questo per molti ha un effetto rilassante.
I cani poi aiutano a stabilire relazioni con altre persone, cosa molto utile, per esempio, per i bambini autistici o gli anziani, ma non solo: una ricerca francese ha mostrato come un ragazzo che chiedeva il numero di telefono a ragazze sconosciute, triplicava le risposte positive se aveva con sé un cane. Inoltre i cani, costringendoci ad uscire di casa, fanno fare moto. Per molte persone, donne anziane soprattutto, i pet riempiono il vuoto della solitudine, anche se non possono compensare la carenza di relazioni umane».
È anche provato che accarezzare il pelo di un animale ci provoca una sensazione di benessere e relax.
«È una cosa strana: pur non essendo pelosi, amiamo accarezzare il pelo animale più della pelle nuda. Forse si tratta di un retaggio di tempi molto remoti quando, primati pelosi, usavamo la pulizia reciproca del pelo come rilassante passatempo e segno di amicizia. Comunque questo effetto relax è modesto, non sufficiente a provocare benefici duraturi per la salute».
Quindi si può dire che possedere pet oggi è una cosa irrazionale?
«Se siamo felici di averli intorno e siamo in grado di curarli come meritano, anche se non hanno i superpoteri che amiamo attribuirgli, perché non dovremmo seguire la nostra natura? Personalmente a casa ho cani e gatti, e ne sono contento. Magari dovremmo evitare di esagerare nel numero, considerando che anche i pet hanno un impatto ambientale, sia per le merci a loro dedicate sia, nel caso dei gatti, per la gran quantità di piccoli animali che uccidono».
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