MACRON, CHE ROSICON – IN UN PRANZO DEL 2018 IL PRESIDENTE FRANCESE INVITÒ PAVEL DUROV A SPOSTARE LA SEDE DI TELEGRAM A PARIGI, MA IL CYBER-IMPRENDITORE RIFIUTÒ. SEI ANNI DOPO, DUROV È STATO ARRESTATO CON L’ACCUSA DI COMPLICITÀ NEI REATI CHE SI COMPIONO NELLA SUA APP – GLI 007 FRANCESI NEL 2017 PRESERO DI MIRA PAVEL HACKERANDOGLI L’IPHONE, IN COMBUTTA CON GLI EMIRATI ARABI – IL CREMLINO ACCUSA: “PARIGI VUOLE I CODICI DI ACCESSO…”
WSJ, MACRON CHIESE A DUROV DI SPOSTARE SEDE A PARIGI
(ANSA) - In un pranzo nel 2018 il presidente francese Emmanuel Macron invitò Pavel Durov a trasferire Telegram a Parigi ma l'imprenditore di origine russa rifiutò.
E' quanto scrive il Wall Street Journal citando persone a conoscenza delle discussioni. Macron ipotizzò persino di concedergli la cittadinanza francese, secondo quanto riferito da una delle persone.
Sempre secondo il Wsj, nel 2017 gli 007 francesi presero di mira Durov in un'operazione congiunta con gli Emirati Arabi Uniti che hackerarono il suo iPhone. La sicurezza francese era preoccupata per l'uso di Telegram da parte dello Stato islamico per pianificare attacchi.
EMMANUEL MACRON OLIMPIADI PARIGI
«PARIGI VOLEVA I CODICI DI ACCESSO»
Estratto dell’articolo di Alessandra Coppola per il “Corriere della Sera”
Si stringe il cerchio dell’inchiesta, s’allarga la crisi diplomatica, fioriscono i complotti. Nell’attesa di sapere oggi che ne sarà di Pavel «Pasha» Durov, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, alza la tensione: «Le relazioni tra Mosca e Parigi sono al punto più basso — dice — anche per la posizione che assume riguardo alla libertà di espressione e sulle questioni del rispetto della professione dei giornalisti» ( sic ).
E allude in più a una mossa eseguita «su consiglio di qualcun altro» (riferimento agli Usa) allo scopo di «ottenere i codici di accesso». Non importa che il presidente francese Emmanuel Macron abbia già detto che «non è un caso politico» ma puramente giudiziario.
Ai russi che contestano di non aver avuto accesso al loro concittadino (naturalizzato francese nel 2021), si aggiungono gli Emirati Arabi Uniti che hanno dato a Durov il suo terzo passaporto e parimenti lamentano di non avergli potuto fornire «tutti i servizi consolari necessari».
Sullo stesso pulpito di Mosca predica Ali Khamenei, la guida suprema dell’Iran, dove Telegram è vietato: «La Francia ha arrestato questo povero ragazzo, sono così severi. Questo perché ha violato le loro regole su Internet».
IL DITO MEDIO DI PAVEL DUROV A VLADIMIR PUTIN NEL 2011
Lezioni di libertà da Paesi liberticidi, capita anche questo nell’affaire Durov che col passare dei giorni emerge sempre più nella sua eccezionalità.
«Mai successo prima — dice al Corriere l’avvocato Alexandre Lazarègue, massimo esperto di crimini informatici — questa legge in Francia esiste da tempo, ma solo ora è stata applicata». Amministrazione illecita di piattaforma: in sostanza, le reti sociali sarebbero tenute a cooperare con l’autorità giudiziaria in caso di notizia di reato. In particolare «a comunicare le informazioni o i documenti necessari per le intercettazioni autorizzate dalla legge».
PROPAGANDA FILORUSSA TELEGRAM PUTIN
Se questo non accade, se a Durov è stato comunicato che uno o meglio 12 delitti vengono compiuti grazie al suo sistema di messaggistica criptata e lui ha deciso di non intervenire, ecco che può essere considerato complice. La procura di Parigi ha diffuso un elenco di capi d’accusa pesantissimi, dalla pedopornografia al narcotraffico (l’unico che manca è il terrorismo). Ma il crinale è sottile.
Se da una parte la mancanza di trasparenza di Telegram è programmatica e apertamente rivendicata, dall’altra la partecipazione attiva ai reati contestati non è così evidente. E la difesa di Durov potrebbe avere buon gioco a smontare la piena «complicità», ossia l’intenzione del capo di Telegram di prendere parte al crimine, passaggio fondamentale in un eventuale processo. […]
pavel durov il suo profilo su vkontakte
MOSCA ATTACCA SU DUROV “L’OCCIDENTE VUOLE LE CHIAVI DI TELEGRAM”
Estratto dell’articolo di Rosalba Castelletti per “la Repubblica”
[…] Mosca e Dubai hanno chiesto finora invano l’accesso consolare al loro cittadino. Ma le autorità russe ne stanno già approfittando per cavalcare il fermo a fini propagandistici e accusare l’Occidente di «doppi standard» e «censura».
Il presidente della Duma, la Camera bassa del Parlamento russo, Vjacheslav Volodin, è arrivato a sostenere che gli Stati Uniti siano dietro al fermo: «Telegram è una delle poche e allo stesso tempo la più grande piattaforma Internet su cui gli Stati Uniti non hanno alcuna influenza. Alla vigilia delle presidenziali statunitensi, è importante per Joe Biden ottenere il controllo di Telegram».
Non sfugge l’ironia. Nel 2014 fu proprio Mosca a costringere Durov a cedere il controllo della sua prima creatura, VKontakte, il “Facebook russo”. Dopo che il “Mark Zuckerberg russo” lasciò la Federazione e creò Telegram, gli chiese le chiavi di crittografia dell’applicazione di messaggistica istantanea.
E nel 2018, quando Durov si rifiutò, provò a bloccare l’app prima di arrendersi. Paradossalmente da allora Telegram è diventata la piattaforma privilegiata non solo di media e giornalisti indipendenti, ma anche di politici, propagandisti e blogger filogovernativi e persino un canale di comunicazione militare in questi trenta mesi di conflitto in Ucraina.
Un’ambiguità sospetta, secondo alcuni media indipendenti. Esaminando un database dei servizi di frontiera recentemente trapelato, iStories ha ad esempio scoperto che Durov avrebbe visitato la Russia oltre 50 volte dopo il suo sbandierato “Addio” alla Russia nel 2014: per la precisione, almeno 41 volte il maggio 2015 e la fine del 2017 e un’altra decina di volte tra il 2020 e l’ottobre 2021. Il sospetto è che, in occasione dei suoi viaggi, possa avere incontrato le autorità russe.
Ora si teme che Durov possa fornire informazioni sensibili per Mosca ai Paesi occidentali, a dispetto delle parole del capo dei servizi d’intelligence russi per l’estero, Sergej Naryshkin: «Mi aspetto che Durov non lo farà».
Più una speranza, che una rassicurazione. Per il blogger Andrej Medvedev, Telegram è ormai diventato il «principale servizio di messaggistica » del conflitto in Ucraina, una «alternativa alle comunicazioni militari riservate».
vladimir putin con i soldati russi
Non è un caso che la direttrice della tv Rt , ex Russia Today , Margarita Simonjan, abbia invitato i russi a rimuovere dall’app la propria corrispondenza sensibile. O che il canale Telegram di notizie politiche Brief abbia cancellato il suo archivio e si sia ribattezzato Ezh/Dnevnik . I blogger miliari russi, o “blogger Z”, «sono terrorizzati », sostiene lo scrittore Ivan Filippov, che monitora la propaganda sul social. Per loro, dice, l’eventuale accesso dei servizi segreti occidentali a Telegram sarebbe «un disastro assoluto».
EMMANUEL MACRON E GIORGIA MELONI DURANTE LE OLIMPIADI DI PARIGI 2024 ULTIMO FANGO A PARIGI - MEME BY EMILIANO CARLI