maria elena boschi

UN MARE DI GAY AI PIEDI DI MADAMA BOSCHI - LA FATINA DI RENZI HA ALLE SUE DIPENDENZE QUATTRO GAY CHE SMISTANO PER LEI POLTRONE E FONDI AGLI AMICI - SI TRATTA DI UOMINI ESPERTI DI LEGGI E CODICI, IN DUE CASI ANCHE BEN INSERITI NELLA CASTA DEI MANDARINI PUBBLICI - ECCO CHI SONO

Francesco Bonazzi per “La Verità”

 

MARIA ELENA BOSCHI E FRANCESCO SPANOMARIA ELENA BOSCHI E FRANCESCO SPANO

Filippo Sensi, portavoce di Matteo Renzi, sul suo blog diede qualche anno fa la seguente notizia: «Si chiama Pink Hill Mafia ed è la mailing list più esclusiva a Washington sui

temi delle politiche e del mondo Lgbt. Capitanata dal ventottenne Brian Cook, connette staffers e assistenti di Capitol Hill con notizie, gossip, foto e video sulla comunità gay che vive e lavora in politica a Washington». 

 

Era l’8 ottobre 2010, a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi e la presidenza del Consiglio non finanziava locali scambisti per gay, con tanto di prostituzione, come hanno scoperto Le Iene. Ora in quel palazzo c’è Sensi, portavoce anche del nuovo premier Paolo Gentiloni, e questa storiaccia dell' Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che è costata la poltrona al suo direttore, Francesco Spano, sembra davvero l' ultima conferma che si attendeva per poter affermare che Palazzo Chigi è dominato da una lobby gay.

 

maria elena boschi gentiloni renzimaria elena boschi gentiloni renzi

È una favola rosa, quella che ha portato un pattuglione omosex a servire lo Stato nel più potente dei suoi palazzi. Una favola che ha in Maria Elena Boschi la sua bella fatina dagli occhi azzurri, che ama circondarsi di gay. Cautela, peraltro, che sarebbe caldamente consigliata anche al sindaco di Roma, Virginia Raggi, la quale a ogni nomina che fa si becca un avviso di garanzia per abuso d' ufficio a causa dei troppi spasimanti.

 

La Boschi, invece, abusi non ne fa. Né quando firma come sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, né quando si muove come delegata alle Pari opportunità.

abbraccio tra maria elena boschi e matteo renziabbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi

Non ne fa perché i ben quattro gay che ha alle proprie dirette dipendenze non le intestano polizze vita e non trafficano con costruttori o monnezzari. Si accontentano di smistare poltrone e soldi a un po' di amici.

 

Chi sono? Sono tutti uomini esperti di leggi e codici, in due casi anche ben inseriti nella casta dei mandarini pubblici. Uno, il più giovane, recentemente ha avuto una piccola delusione perché aspirava a una poltrona prestigiosa. Ma sarà sicuramente risarcito, nonostante il suo profilo Facebook non sia dei più sobri.

 

Gli è stato preferito un altro protetto della Boschi e anche costui pare che faccia parte della Pink Chigi Mafia. La Boschi è anche il garante degli ex fedelissimi di Matteo Renzi, e ovviamente qui ce ne sono almeno tre omosessuali. Uno di questi renziani, il più rinomato a Palazzo Chigi, è l' autista di un pezzo grosso.

 

maria elena boschi tweet  maria elena boschi tweet

E fuori dallo stretto recinto della Fatina Elena, si muovono almeno due capi dipartimento che, tra gli oltre 2.000 dipendenti della presidenza del Consiglio, sono ritenuti unanimemente della «lobby». Uno ha anche parecchio potere sui soldi e per fortuna è ritenuto onestissimo. Ma assolutamente incompetente.

 

Che ci fosse qualche movimento un po' così, La Verità l' aveva segnalato anticipando la nomina, poi avvenuta, di Benedetto Zacchiroli a responsabile dei rapporti religiosi, nonostante fosse gay dichiarato e avesse definito la Chiesa cattolica «retrograda». Era una decisione opportuna quanto mandare un armeno a fare l' ambasciatore in Turchia, ma soprattutto era stata portata a casa dalla Boschi con una procedura ad hoc. Del resto Zacchiroli era stato il capo della segreteria tecnica di Renzi e aveva una laurea in teologia.

nicola morra su maria elena boschinicola morra su maria elena boschi

 

Come dir gli di no? Non solo, ma l' outing aveva pensato bene di farlo al circolo dell' Arcigay del Cassero, a Bologna, sul cui sito internet dedicato alla salute ci si poteva istruire allegramente sulle pratiche sessuali più estreme, come fisting, rimming, pissing, scatting e altre in italiano più esplicito. Da ieri appare la scritta «Website disabled».

Disabilitato.

 

Anche l' incauto Spano, dimessosi lunedì sera nelle mani del sottosegretario Boschi, è un simpatico avanzo di parrocchia. Ma in questa micidiale società dell' immagine, resterà per anni come «il tizio col cappotto arancione» inchiodato dalle Iene di Mediaset. Era stato ingaggiato dall' esterno l' anno scorso come Zacchiroli, dopo un interpello interno clamorosamente fuori portata per chiunque lavorasse a Palazzo Chigi.

 

Laureato in legge, docente di diritto ecclesiastico, ex attaché di Giuliano Amato e Giovanna Melandri, Spano vanta ottime frequentazioni curiali. Sotto Natale è andato in visita ufficiale dal cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, a perorare la causa dei rom. E si è fatto vedere con l' arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, non senza farsi ricevere, il 16 dicembre scorso, dal cardinale Angelo Scola a Milano.

Le Iene lo hanno incastrato mostrandogli la sua affiliazione al circolo gay che aveva finanziato con 55.000 euro.

maria elena boschi tweet   maria elena boschi tweet

 

Spano ha negato. Ieri, su Repubblica, si è difeso spiegando che forse si era associato a un altro ente del medesimo circuito. Certo, se facesse un po' di pulizia sul proprio profilo Facebook sarebbe meglio. Magari eviterebbe che qualche porporato incuriosito dal suo stilista leggesse post come questo: «ll mio vecchio amico e ben noto astrologo Marino Soldani De Velasco mi ha calcolato l' oroscopo: toro ascendente vergine.

Ma sono più toro che vergine...». I tre puntini sono suoi, purtroppo.

 

maria elena boschi tweet maria elena boschi tweet

Spano, però, ha ballato un solo anno. E chi c' era prima di lui alla guida dell' Unar? Marco De Giorgi, scelto dalla forzista Stefania Prestigiacomo e sopravvissuto anche con Mario Monti ed Enrico Letta, seppure in altri ruoli. Nel 2014, tornato alla direzione dell' Unar, regalò 250.000 euro a varie associazioni gay, andando fuori dalle sue competenze. Avvenire denunciò il fatto, ma non accadde nulla.

 

L' anno dopo, però, De Giorgi pensò bene di scrivere una lettera a Giorgia Meloni in cui la sgridava per presunte espressioni razziste. La fondatrice di Fratelli d' Italia si ribellò e Renzi, imbarazzato, a fine anno lasciò scadere il contratto di De Giorgi. Oggi è alla Funzione pubblica come direttore generale dell' Ufficio per la valutazione della performance (testuale). Se si scorre il suo curriculum, non si trova traccia del passaggio all' Unar. C' è da capirlo.

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