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REINHOLD MESSNER CONTRO I "TURISTI DELLA MONTAGNA”: “LA VERA EMERGENZA NON È SULL’EVEREST, LA TRAGEDIA DEL NEPAL SI STA VIVENDO NELLA VALLE DI KATHMANDU E IN TUTTE LE ALTRE DOVE I MORTI SI CONTANO A MIGLIAIA. NON POSSIAMO AVERE UN’ATTENZIONE DI SERIE A PER GLI ALPINISTI, CHE DOVREBBERO ESSERE IN GRADO DI BADARE A SE STESSI, ANCHE SE LA SITUAZIONE LASSÙ È MOLTO GRAVE, E UNA DI SERIE B PER LA POPOLAZIONE”

1. NEPAL:PREMIER,MORTI POTREBBERO ARRIVARE A 10.000

soldato nepalese dopo il terremotosoldato nepalese dopo il terremoto

ROMA

(ANSA) - Il numero delle vittime del terremoto in Nepal potrebbe arrivare a 10.000: lo ha detto il premier del Nepal Sushil Koirala, secondo quanto riporta il sito della Reuters. Finora i morti accertati sono oltre 4.300.

 

2. NEPAL: FARNESINA, 18 ITALIANI RINTRACCIATI NELLA NOTTE

(ANSA) - Tra ieri notte e stamattina sono stati rintracciati altri 18 italiani che si trovano in Nepal. Lo ha annunciato il responsabile dell'unità di crisi della Farnesina, Claudio Taffuri in diretta su Radio anch'io.

 

UCCELLI IN FUGA DURANTE I CROLLI A KATMANDU IN NEPAL DOPO IL TERREMOTOUCCELLI IN FUGA DURANTE I CROLLI A KATMANDU IN NEPAL DOPO IL TERREMOTO

3. NEPAL, MANCANO ACQUA E VIVERI

Paolo Salom per il “Corriere della Sera”

 

Una giovane madre, sfinita, parla alle telecamere con un filo di voce. «Sono due giorni che io e miei figli non mangiamo, a stento troviamo da bere, sopravviviamo con l’acqua piovana. Soprattutto non sappiamo dove andare: ci siamo costruiti un riparo di fortuna ma non potremo resistere con i monsoni in arrivo». 
 

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Kathmandu, 48 ore dopo il terremoto che l’ha ridotta in macerie, appare ancora abbandonata a se stessa. Gli aiuti sono in arrivo, molti Paesi hanno inviato squadre di soccorso, viveri, tende. La Farnesina ha annunciato la prossima partenza di un volo umanitario della Cooperazione italiana dalla base Onu di Dubai. Ma nell’immediato si moltiplicano gli allarmi che corrono paralleli al bilancio di vittime, sempre crescente. I morti, ieri, secondo i numeri ufficiali, erano 4.252, 7.500 i feriti. Ma per la Caritas «le vittime potrebbero essere 6 mila». 
 

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La paura ora è per le possibili epidemie: manca l’acqua, mancano i viveri, il governo del Nepal appare in difficoltà nel gestire una situazione di distruzione pressoché totale. Soprattutto, c’è grande preoccupazione, denuncia l’Unicef, per quasi un milione di bambini esposti più degli adulti alle conseguenze del sisma. «Lo staff in Nepal — riferisce l’Agenzia Onu — registra il progressivo esaurimento di forniture di acqua e alimenti, interruzioni di corrente e il blocco della rete mobile.

 

Centinaia di migliaia di persone hanno trascorso la notte dormendo all’aperto, per paura di ulteriori scosse. Si segnalano piogge battenti che peggiorano le condizioni. Questa crisi lascia i bambini particolarmente vulnerabili: l’accesso limitato all’acqua potabile e ai servizi igienici mette i bambini a grave rischio di malattie trasmesse dall’acqua, mentre alcuni sono rimasti separati dalle loro famiglie». 
 

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L’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, spiega che sono «almeno venti» le squadre di medici che altrettanti Paesi hanno deciso di inviare nei luoghi colpiti dalla catastrofe. Ma raggiungere le valli più remote sarà un’impresa: intanto le prime squadre di soccorso hanno raggiunto il Tetto del mondo ieri notte, cominciando senza esitazione il lavoro di assistenza. Si scava ancora tra le macerie, ma le speranze di ritrovare qualcuno in vita si fanno più esili di ora in ora. Ieri, un ragazzo è stato riportato alla luce, sotto choc, ferito, ma ancora vivo dopo oltre 48 ore trascorse sotto la sua casa, crollata come un castello di carta. 
 

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Uno dei problemi più evidenti, è in effetti, la fragilità delle costruzioni. Nei prossimi giorni, molti edifici che ora appaiono solo lesionati potrebbero crollare, facendo altre vittime. Un problema che affligge un Paese fiero ma povero quale è appunto il Nepal. 


Intanto, mentre gli esperti fanno sapere che il sisma potrebbe aver «spostato» Kathmandu di «almeno tre metri verso sud», fa sapere all’ Afp James Jackson, sismologo dell’Università di Cambridge, mentre l’Everest, secondo l’esperto «non dovrebbe aver guadagnato o perso metri: è troppo lontano dall’epicentro del sisma» . 

 

2. MESSNER: SULL’EVEREST SOCCORSI DI SERIE A, LA GENTE E’ IGNORATA

Leonardo Bizzaro per “la Repubblica”

 

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Va bene la solidarietà da collega, ma Reinhold Messner, il primo scalatore delle quattordici vette più alte della Terra, di fronte al dramma del Nepal è categorico: «La vera emergenza non è sull’Everest, la tragedia si sta vivendo nella valle di Kathmandu e in tutte le altre dove i morti si contano a migliaia. Non possiamo avere un’attenzione di serie A per gli alpinisti, che dovrebbero essere in grado di badare a se stessi, anche se la situazione lassù è molto grave, e una di serie B per la popolazione».

 

L’alpinista più famoso al mondo sostiene che l’occidente è ancora una volta strabico?

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«Mi pare di sì. Al campo base dell’Everest ci sono gli elicotteri. Sarà lunga evacuare tutti gli alpinisti, portarli magari al campo 2 dove la situazione è più sicura — il campo 1 è sotto il tiro di eventuali crolli dalla parete del Lhotse — però lo si può fare. Chi ha perso le tende si può stringere in quelle di altre spedizioni, hanno cibo, carburante per i fornelli. Ci sono almeno cento sherpa che lavorano per loro e che magari quando torneranno a casa non la troveranno più. E poi i medici che possono intervenire nei casi più gravi.

 

ANGELA MERKEL CON REINHOLD MESSNER jpegANGELA MERKEL CON REINHOLD MESSNER jpeg

Ma più sotto è spaventoso, non ci sono elicotteri e tanto meno medici, né soccorsi. Ci sono migliaia di morti che probabilmente non sono neppure stati trovati. Bisogna muoversi, inviare aiuti. La valle di Langtang è completamente sommersa dal fango, il villaggio non c’è più. Lì anche un gruppo di italiani è stato raggiunto dai massi staccati dal terremoto: sono morti in quattro. E da altre vallate non abbiamo neppure notizie. Potrebbero essere state cancellate. C’è una grande differenza tra 50 morti e cinquemila».

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Che cosa c’è da fare in questo momento?

«Il Nepal è uno dei Paesi più poveri del mondo e ha bisogno della nostra solidarietà. I governi europei sono presi probabilmente dai problemi dei profughi e da quelli della Grecia, ma noi privati possiamo e dobbiamo aiutare. Occorre far arrivare dei fondi a chi già sta lavorando con serietà laggiù e sa quali sono le emergenze.

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Io ho appena fatto un bonifico alla mia organizzazione, la Messner Mountain Foundation, che aiuta le popolazioni dell’Himalaya. C’è la Hillary Foundation, creata dal primo scalatore dell’Everest, che opera soprattutto nel Solo Khumbu. E poi un’altra organizzazione messa in piedi da uno sherpa di cui mi fido molto, Ang Tsering».

 

Gli alpinisti dovrebbero essere in grado di aiutarsi da soli, diceva. Come lo potranno fare?

«Il problema del campo base è la sua vastità, lo riorganizzeranno in modo che non venga di nuovo distrutto dagli effetti di un nuovo terremoto».

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Si è parlato di trecento tende.

«Trecento? Sono ben di più, è grande come una città e l’area si è allargata a dismisura verso il Pumori, da cui si sono staccati seracchi, pietre e valanghe, e verso la spalla dell’Everest. Ha occupato ogni spazio disponibile. Il campo di Hillary del 1953, e il mio, erano in una zona decisamente più sicura, non ci sarebbe successo nulla».

 

Come si farà a “svuotare” i campi dell’Everest?

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«Penso che gli elicotteri porteranno in alto il materiale — corde, scale di alluminio — e poi gli sherpa attrezzeranno la via di discesa non appena le scosse saranno terminate. Prima, il rischio sarebbe troppo alto e scendendo è più facile piazzare il materiale necessario».

 

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