enrico morabito

"MI SONO SALTATI ADDOSSO. ALLA FINE ERO UNA MASCHERA DI SANGUE" - PARLA ENRICO MORABITO, IL SUPPLENTE 42ENNE AGGREDITO SOTTO CASA A NAPOLI DA UN RAID PUNITIVO ORDINATO DAI GENITORI DEI SUOI ALUNNI: "CREDO SIA AVVENUTO TUTTO PER UNA NOTA DISCIPLINARE CHE HO FATTO ALLA CLASSE LA MATTINA. SUI SOCIAL HANNO SCRITTO CHE DOVREBBERO UCCIDERMI E C'È CHI MI ACCUSA DI ESSERMI PRESENTATO AI RAGAZZI DICENDO "SONO GAY". SE HANNO GENITORI CHE LI EDUCANO COSÌ CHE SPERANZE POSSONO MAI AVERE QUESTI RAGAZZI?" - VIDEO

 

Fulvio Bufi per il "Corriere della Sera"

 

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«Hanno citofonato a casa mia intorno alle quattro del pomeriggio. "Siamo amici di Enrico, può chiedergli di scendere", hanno detto a mia madre».

 

E lei è sceso.

«Ma sì, non avevo nessun sospetto».

 

E invece?

«E invece era una trappola».

 

Il professor Enrico Morabito è un docente di Italiano di 42 anni che lavora come supplente. Giovedì dopo l'ultimo di cinque giorni di lezione alla scuola media «Antonio De Curtis» di Casavatore, il paese della provincia di Napoli dove Morabito vive, ha subìto un pestaggio da parte di cinque uomini che sono andati ad aggredirlo sotto casa e in pieno giorno.

 

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I carabinieri e la Procura di Napoli Nord ritengono che l'episodio sia collegato all'attività di Morabito. E anche lui ne è certo.

 

Perché, professore?

«La prova è che quando sono uscito dal portone, uno di quei cinque, quello che poi si è rivelato anche il più accanito, mi ha chiesto "sei tu Enrico?", e alla mia conferma ha aggiunto: "Allora sei tu il professore della De Curtis".

 

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Poi mi sono saltati addosso. Alla fine ero una maschera di sangue. Sono dovuto andare al Pronto Soccorso e ora eccomi qui, tutto incerottato».

 

Ma perché ce l'avevano con lei?

«Credo per un episodio accaduto la mattina. I ragazzi erano scatenati. Entravano e uscivano dalla classe senza permesso, facevano capannelli parlando come se io non ci fossi. Addirittura alcuni si sono seduti sul davanzale.

 

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Li ho richiamati più volte e li ho anche avvertiti che se avessero continuato avrei fatto rapporto a tutta la classe, spiegando la gravità di una nota disciplinare. Alla fine non ho avuto alternative».

 

E pensa che qualche genitore gliel'abbia fatta pagare?

«Sì, forse non direttamente, magari incaricando qualcuno di picchiarmi».

 

Sapevano dove abita.

«Stranamente la mattina alcuni dei ragazzi mi hanno detto "noi lo sappiamo dove sta la sua casa". Non so cosa pensare».

 

Aveva già avuto problemi con questa classe?

«No. Venerdì invece il preside mi ha parlato di una lettera mandata da un genitore che chiedeva il mio allontanamento perché in classe avrei usato parole volgari e parlato di sesso».

 

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Ed è vero?

«No. Mai nessuna volgarità e mai riferimenti al sesso. A una bambina che mi ha parlato di Lgbt ho chiesto se ne conoscesse il significato e ho spiegato l'importanza del rispetto tra tutte le persone. Ma questo non è parlare di sesso, è parlare di civiltà».

 

Aveva già avuto minacce?

«Quelle, e anche le insinuazioni, sono arrivate dopo sui social. Hanno scritto che dovrebbero uccidermi e c'è chi mi accusa di essermi presentato ai ragazzi dicendo "sono gay". Ma perché avrei dovuto farlo? Io quando mi presento dico il mio nome, non il mio orientamento sessuale».

 

Chi l'ha aggredita le ha detto anche qualcosa?

«Di non tornare più a scuola e di non denunciare. Ma io ho denunciato. Per quello che ho subìto e per tutelare i ragazzi. Se hanno genitori che li educano così che speranze possono mai avere?».

 

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