FUGA DAL “MANIAC PALACE” - A MILANO C’E’ LA PIU’ GRANDE ESCAPE ROOM D’ITALIA: 4500 METRI QUADRI, SU QUATTRO PIANI DI PALAZZO - I GIOCATORI, DIVISI IN 4 GRUPPI, DEVONO CERCARE INDIZI E COMUNICANO TRAMITE WALKIE-TALKIE - OBIETTIVO? RAGGIUNGERE IL PUNTO D’INCONTRO E SCAPPARE DALLA MOTOSEGA DI UN SERIAL KILLER...
Fabio Sindici per la Stampa
L' arte della fuga richiede riflessi rapidi, mente analitica, una certa freddezza e riserve d'immaginazione. Ma tutto questo può non bastare in un dedalo di uffici abbandonati, al buio, tra scrivanie fuori posto, schedari spigolosi, fotocopiatrici ingombranti, apparizioni improvvise e rumori sinistri che pizzicano i nervi.
«La risorsa più importante è l' abilità nel comunicare», dice Marco Tedeschi, ideatore della scenografia post-apocalittica e del percorso a tappe che si svolge nei quattro piani del vecchio edificio della Rank Xerox in via Medici del Vascello, periferia milanese di fantasmi industriali e recenti tentativi di bonifica.
Dai desolati 4500 metri quadri di quello che oggi è il Maniac Palace si fugge per gioco. Scostando mobili e recuperando indizi. «I partecipanti sono divisi in quattro gruppi, dotati di torce elettriche e walkie-talkie per comunicare tra loro - spiega Tedeschi -. Via radio si scambiano suggerimenti, perché gli indizi dati al gruppo che parte dall' ultimo piano potrebbero essere utili ai giocatori che vagano nelle celle sotterranee». Il traguardo è raggiungere il punto d' incontro e scappare dalla motosega di un serial killer, tutti insieme. «Le aziende mandano i manager per apprendere il team-building. Ma la maggior parte dei giocatori viene per divertirsi».
Il palazzo del maniaco è la escape room più grande d' Italia, una delle più grandi d' Europa. Stanze di fuga come le Grey Room congegnate dal team di Intrappola.To, specialisti italiani della fuga da camera, che, partiti da Torino (la prima città in Italia a introdurre il gioco e che sta progettando una versione horror con fantasmi e vampiri), hanno moltiplicato le stanze in 26 città italiane, da Cuneo a Siracusa.
Le origini Nonostante il fenomeno degli exit game sia recente (hanno cominciato a diffondersi nel 2011), le origini sono mitiche.
«C' è chi sostiene che siano nati da un esperimento sociologico in Svizzera», sostiene Tedeschi, ad di Enigma Room srl, che, oltre alla gestione delle proprie «stanze», organizza viaggi per fughe di gruppo in tutto il mondo. In Giappone le stanze fisiche sono state mutuate come esperienza reale da un gioco elettronico. Nel Vecchio Continente la mania è partita dai Paesi dell' Est, che hanno il primato delle location più raccapriccianti, allestite come manicomi e prigioni della Ceka sovietica.
Negli Usa sono cresciute più velocemente degli «speakeasy» durante il proibizionismo. Perfino l' ex Presidente Barack Obama le ha sperimentate in vacanza con la famiglia, alle Hawaii. A Hong Kong, poi, il gioco è diventato una metafora: l' evasione da una città speciale e opprimente allo stesso tempo.
A Toronto, in Canada, la via di fuga passa per la torre di un castello. A Budapest, la prima città europea a introdurre le escape room, gli indirizzi preferiti sono i sotterranei dei «ruin pub», locali dove banconi, bottiglie e tavoli sono installati in edifici disabitati della città. Finito il gioco, i fuggitivi sono catapultati in un party. A Tokyo, la rete della metropolitana è stata usata come scenario per fughe complicatissime, tra scale mobili e uscite di sicurezza.
A Los Angeles i set degli exit game sono preparati da maghi degli effetti speciali dell' industria cinematografica: dall' ufficio di un senatore ricreato nei dettagli, come fosse Capitol Hill, per un political thriller, fino al tuffo di gruppo nella realtà virtuale. Anche quando il luogo da cui scappare sembra una semplice stanza chiusa le sorprese si nascondono dietro le pareti. Il Cubescape di Melbourne, Australia, è una stanza automatizzata e comandata da un computer, che si modifica secondo le azioni dei giocatori.
I numeri Nel mondo si contano 3500 escape room. I giocatori sono milioni. Una «claustroeuforia». «Per molto tempo i giochi virtuali e solitari hanno dominato, ora c' è il ritorno al fisico e al sociale», ha detto al Washington Post Frank Lantz, direttore del Game Center della New York University. I riferimenti sono tanti, dai desideri repressi di Freud al delitto della stanza chiusa di Ellery Queen. Dal labirinto per topi al film surrealista L' Angelo Sterminatore di Luis Bunuel. Ma il terreno è stato preparato da film e serie quali L' Enigmista e Prison Break.
Per la sociologa Margee Kerr il mix di divertimento, paura e stress aiuta il cervello a funzionare meglio: lei ha contribuito a creare percorsi inquietanti per visitatori in una casa infestata a Pittsburgh. Tra i designer di escape room ci sono matematici russi, creativi di New York, come Michael Counts, che ha creato un gioco ispirato alla Divina Commedia . Il Bunker, una escape room computerizzata, è firmata da una start-up del Politecnico di Torino.
Ma non è fatto solo di paura il mondo degli exit game. In Giappone ne esistono a sfondo erotico. Si formano le coppie. Si inseguono tracce stuzzicanti. La fine della fuga è nella camera a luci rosse di un Love Hotel.