LA MOGLIE DI GIANNI: “MI HA SORRISO E SE N’E’ ANDATO SENZA SOFFRIRE” – IL PENSIONATO VENEZIANO HA TROVATO LA BUONA MORTE IN SVIZZERA, COME FABO – “SONO ARRABBIATA. CI SONO TANTI MALATI TERMINALI CHE NON HANNO LE POSSIBILITA’ ECONOMICHE E SOFFRONO COME GIANNI”, CHE AD UN’AMICA CATTOLICA AVEVA DETTO: “MARTEDI’ TI FARO’ SAPERE DOVE FINIRO’”
Giusi Fasano per il Corriere della Sera
Seduta a un tavolo davanti a un caffè e a sua figlia Marta, Emanuela guarda oltre la vetrata con vista parcheggio. È qui ma è lontanissima, sta pensando a Gianni, l' uomo che ha diviso la vita con lei fino a ieri, fino al momento in cui il macchinario accanto al letto si è spento. Gianni Trez, veneziano, 65 anni, impiegato della Telecom in pensione, è venuto a morire in Svizzera, alla Dignitas, nella stessa stanza dove il giorno prima era morto dj Fabo. «Siamo andati lì verso le undici, a mezzogiorno era tutto finito».
Che cosa vi siete detti prima che lui cominciasse a morire?
«Mio marito non era tipo da dire "ti amo" o cose del genere. Da tempo non parlava più, poteva solo scrivere. In questi giorni ci siamo detti un milione di cose, tutte quelle che non ci eravamo detti in una vita. Mentre moriva eravamo ai lati del letto, io e mia figlia. Gli abbiamo stretto le mani e lo abbiamo visto sorridere, tranquillo. Se n' è andato così».
Qual è stata la sua prima sensazione tornando in albergo senza più suo marito?
«Mi sono sentita sollevata all' idea che se ne sia andato senza soffrire. È stata una liberazione, per lui soprattutto. Ma anche per me e Marta, perché vederlo soffrire in quel modo assurdo e sapere che da noi non aveva la possibilità di decidere il suo finale è stata una crudeltà aggiunta alla crudeltà della malattia».
Lei si è detta arrabbiata per questo.
«È così. Sono arrabbiata perché siamo dovuti venire fin qui, perché siamo al terzo rinvio in Parlamento della legge sul fine vita, perché penso ai tanti malati terminali che non hanno né forza né possibilità economiche per permettersi di morire dolcemente. Sono arrabbiata con la politica che non rispetta chi soffre».
In questi giorni in molti hanno parlato della vita che vale la pena di essere vissuta nonostante tutto.
«Sono credenti, evidentemente. Credono che vivere a ogni costo porti in Paradiso. Se per loro è così a me sta bene. Quello che non mi sta bene è che il loro pensiero debba valere per tutti, anche per noi che non siamo credenti. È banale dirlo ma le situazioni... una cosa è viverle un' altra è immaginarle».
Anche suo marito non era cattolico?
«Non lo era. Siamo arrivati anche a quell' argomento. Mi ha detto: "Io non sono credente però non metto limiti alla provvidenza, se ci fosse qualcosa tanto meglio". Era uno così, era il suo modo di vedere il bicchiere mezzo pieno, perfino dopo la morte. Era un uomo innamorato pazzo della vita ma quella a cui l' aveva costretto la malattia era un' altra cosa. Di certo non vita».
Quando avete preso la decisione di venire in Svizzera per il suicidio assistito?
«Tanti anni fa, commossi dalla storia di un malato di Sla che aveva fatto la stessa scelta, ci eravamo detti: se capitasse a noi è così che dovremmo fare. Poi due anni fa è arrivato il tumore e quando è entrato in sala operatoria per il primo intervento Gianni mi ha detto: "Se le cose vanno storte io voglio andare lì a morire". All' inizio aveva mille speranze, credeva di poterne uscire. Poi... è andata così. Ma ci tengo a dire una cosa».
Cosa?
«Mio marito non era depresso. Era sofferente e senza futuro, la malattia gli aveva tolto ogni dignità. Se gli avessero detto: soffrirai altro tempo ma poi guarirai, avrebbe resistito. A chi in questi giorni gli ha chiesto se fosse proprio sicuro della sua scelta lui ha sempre risposto: "Chiedi a chiunque come vorrebbe morire quando arriverà il suo momento. Tutti ti diranno che vorrebbero addormentarsi e non svegliarsi più. Ecco, io voglio fare lo stesso". Aveva ragione lui».
Anche voi, come dj Fabo, avete avuto accanto gli amici fino alla fine.
«Sì, sono venuti a trovarci tutti. E Gianni li ha sempre accolti col sorriso. Prima di partire a un' amica che gli chiedeva come va ha scritto: "Solito tran tran, morfina e cortisone. Domani partiamo, sono curioso di vedere la Svizzera". A un' altra molto cattolica che gli parlava di un posto oltre la morte dove stanno le persone che si comportano bene ha scritto: "Beh, martedì ti saprò dire dove sarò finito"».
Sono le tre del pomeriggio. Nel bar dell' hotel c' è il chiasso di ogni giorno. Emanuela mostra la fotografia che suo marito ha scelto per essere ricordato. «Ecco, questo è Gianni». Si corregge: «Era Gianni...».