CHE NE HANNO FATTO, GIULIO E FRANCESCA OCCHIONERO, DEGLI 87 GIGA DI DATI SENSIBILI TRAFUGATI IN SEI ANNI? TRAFFICAVANO IN PROPRIO O PER CONTO DI QUALCUNO? E SE SI', DI CHI? - BISIGNANI SPIFFERA: “SECONDO ME DIETRO GLI OCCHIONERO CI SONO I SERVIZI STRANIERI..."
1 - L'INGEGNERE E LA MARATONETA LA RETE DI FRATELLO E SORELLA INTORNO AI POTENTI D'ITALIA
Carlo Bonini per “la Repubblica”
Chi diavolo sono davvero Giulio e Francesca Occhionero? E soprattutto, che ne hanno fatto o intendevano farsene degli 87 gigabyte di dati sensibili trafugati in sei anni? E poi: trafficavano in proprio o per conto terzi? E quanto pesano in questa storia le frenesie massoniche di lui, iscritto alla loggia in chiaro numero 773 del Grande Oriente d' Italia "Paolo Ungari- Nicola Ricciotti Pensiero e Azione" di cui ambiva a diventare "Maestro Venerabile" fino al punto di immaginare una diaspora in una confraternita nuova di zecca che avrebbe dovuto vedere la luce in quel di Fiumicino?
Vedremo che, come in un gioco di matrioske, la storia di Giulio e il suo sistema di relazioni somiglia a una macchina del tempo sullo sfondo del quale si indovina il profilo della alta nomenclatura di Stato e un vecchio arnese degli albori del berlusconismo, Ubaldo Livolsi, ex amministratore delegato di Fininvest e una condanna nel 2012 per concorso nella bancarotta di Finpart. Ma andiamo con ordine.
Partendo dalla parte in chiaro di questa faccenda. Giulio e Francesca, fratello e sorella, 48 anni lei, 45 lui, solide radici negli Stati Uniti (lei è nata a Medford, in Oregon) e residenza a Londra, hanno curriculum da coppia siamese e un tipo di mestiere che, se si deve stare ai profili professionali postati su Linkedin, ha a che fare con l'asset management, la gestione di risorse aziendali.
«Da circa quindici anni - scrive Francesca di sé - ha ricoperto ruoli direzionali all' interno di diverse società e in consigli di amministrazione, occupandosi e maturando quindi esperienza sia nei settori tipicamente connessi allo start up di nuove aziende, alla gestione aziendale in genere (gestione del personale, dell' amministrazione, del contenzioso legal-societario, amministrativo e giuslavoristico) che in quelli più direttamente legati alla gestione delle relazioni con la clientela».
Più o meno tutto e niente. O, se si preferisce, tutto e il suo contrario. Perché, grattando un po' la superficie, si scopre che questa signora che posa ad appassionata runner nel suo profilo Facebook, si forma nella seconda metà degli anni '90 in una società dell' Iri in materie come il "data privacy" e il "security management", per poi mettersi a lavorare dal 2001 in avanti insieme al fratello. Che gioca su mille tavoli.
Giulio, che è un brillante ingegnere e ama accompagnarsi e farsi vedere con un' amica russa, si definisce infatti un analista finanziario quantistico. È esperto in modelli matematici e gestione del rischio e offre i suoi servizi attraverso una società inglese, la "Westlands securities srl Limited" con sede a Malta.
Una scatola controllata da altre due società, la off-shore "Omerik Limited" delle isole Turks e Caicos e la offshore "Harsen Corporation" con sede nel Delaware. La Westlands ha un portafoglio clienti assai singolare. Per dire, offre consulenza agli inizi degli anni 2000 al Governo americano per la realizzazione di infrastrutture nel porto di Taranto. E, in quello stesso periodo, attraverso la "Quantitative finance group" lavora anche con il Dipartimento di Matematica applicata dell' università di Roma "La Sapienza" a modelli di trading che verranno adottati da una banca come Montepaschi.
Giulio, insomma, è un tipo sveglio e svelto. Sua sorella, ne è il braccio. È dirigente della Westlands per 12 anni (fino a quando la società cessa, nel 2013), e per qualche ragione, però, con il fratello condivide anche poltrone nel consiglio di amministrazione di una società immobiliare, la Rogest, riferibile a Salvatore Buzzi (Mafia Capitale). Giulio, soprattutto, dal 2011, trascorre il suo tempo a trafficare con le sue due passioni. I software spia e la massoneria.
Che regalano un' altra curiosa coincidenza. Uno degli account di posta elettronica usati da Occhionero per lo "scarico" dei dati esfiltrati dal suo software spia coincide con quello cui, 5 anni fa, faceva capo il software spia utilizzato dal computer di Luigi Bisignani intercettato dalla magistratura napoletana nella famosa inchiesta P4.
Raggiunto telefonicamente, Bisignani, che per la P4 patteggiò una pena a 1 anno e 7 mesi, dice: «Roba da pazzi. Non riesco neanche più a incazzarmi. Occhionero? Con quel cognome me lo ricorderei. Non ho la più pallida idea di chi sia e sfido chiunque a dimostrare il contrario. Né ho la più pallida idea di come mai il software spia di questo signore presenti quella coincidenza con quello che venne trovato nel mio Pc e che io non so neppure cosa sia, visto che non distinguo un dominio da una mail».
E tuttavia, in questa storia, l'odore di grembiuli, compassi e di un immarcescibile mondo di massoneria italiana trova conferma nelle parole di una qualificata fonte della nostra Intelligence: «Vedremo dove arriveremo. Ma Occhionero non è un fungo spuntato all' improvviso. Nella loggia Paolo Ungari c'è l' alta burocrazia di Stato. E lui, Giulio, è legato a un signore che si chiama Ubaldo Livolsi». Già, Livolsi, il finanziere siciliano cui Silvio Berlusconi deve la salvezza di Fininvest. L' uomo che inventò il marchio Mediaset e la sua quotazione in borsa. Roba di un altro secolo che, evidentemente, però, non finisce mai.
ALFREDO DANESI GIULIO OCCHIONERO
2 - BISIGNANI: «IO NON C'ENTRO DIETRO CI SONO SERVIZI STRANIERI»
«Occhionero? Io non so chi sia». Luigi Bisignani risponde alle domande con una risata: «Non ho la più pallida idea del perché abbiano infilato il mio nome dentro quell' ordinanza». C' è scritto che lei controllava l'onorevole Papa e le Fiamme Gialle... «È un riferimento incredibile - replica il faccendiere, finito nel 2011 nell' inchiesta P4 -. Non ho mai spiato nessuno, infatti è una cosa che nelle carte dei pm Curcio e Woodcock non è mai emersa».
E gli indirizzi email che coincidono? «Non ne so nulla». Quindi non è vero che la centrale di cyberspionaggio gestita da Occhionero aveva punti di contatto con il sistema a lei attribuito dalle cronache? «È una palla che non esiste. Quello spiato ero io, con un trojan che mi avevano messo nel pc. Da allora uso solo l'iPad». Ma da autore di tre spy story, Bisignani azzarda: «Dietro ci sono i servizi stranieri». Come lo sa? «Non lo so, lo immagino. Nessuno, senza un apparato ben attrezzato, può carpire informazioni a capi di governo».