A OGNUNO LE SUE AMAZZONI - NON SOLO GHEDDAFI, ANCHE IL LEADER PALESTINESE ABU MAZEN AMA CIRCONDARSI DI DONNE COME GUARDIE DEL CORPO - I SUOI 23 “ANGELI” COL BASCO E KALASHNIKOV VENGONO ADDRESTATI DAI NOSTRI CARABINIERI

Maurizio Molinari per "la Stampa"

Scalano torri con funi di corda, si gettano dall'alto per abituarsi al pericolo, guidano auto veloci e si addestrano a proteggere i leader: il fiore all'occhiello della guardia presidenziale palestinese sono 23 donne-soldato destinate a difendere Abu Mazen. A comandarle è Minar Qemal Daramer, 43 anni, di Ramallah, madre di nove figli con sulla mimetica la scritta «Palestine» e il logo «Swat» delle armi speciali.

«Avevamo molte richieste, abbiamo scelto queste 23 ragazze perché sono le più determinate» ci spiega durante una pausa degli addestramenti. «Per far parte della guardia presidenziale devono essere superiori alla media - aggiunge - sommando forza fisica, sensibilità, intelligenza, passione per la patria e almeno una laurea».

Le donne-soldato - tutte classe 1991 - vengono addestrate dall'unità dei carabinieri comandata da Massimo Mennitti. Per comprenderne le tecniche siamo entrati nella base di Gerico dei 2600 militari della guardia nazionale trovando Akia, Salan, Hanin, Sabra e Dalia mentre simulano la difesa di un leader. L'attacco può avvenire mentre il vip stringe le mani in una cerimonia, attraversa un cortile, scende dall'auto, entra in ufficio o percorre scale e corridoi: in ogni occasione c'è un carabiniere che simula l'aggressione e loro reagiscono.

Lo schema si ripete nei test di guida sicura, quando viene insegnato alle soldatesse come superare ostacoli improvvisi. «Sono molto motivate», assicura Mennitti. Per comprendere da dove nasce tale grinta basta ascoltarle. Zakia dice di «voler proteggere tutti i palestinesi, uomini e donne». Salan vede nell'uniforme la conferma che «le donne sono al centro della nostra società».

E aggiunge: «Sono qui per dimostrare quanto valiamo». Hanin definisce «un sogno» la possibilità di «servire la Palestina» e Sabra promette: «Darò tutto alla mia nazione». A concludere è Dalia: «Se volete sapere cos'è la Palestina dovete guardarci». Vengono da Jenin, Nablus e Gerico. È il velo a svelarne la fede: le musulmane lo indossano fra divisa e berretto mentre le cristiane non lo hanno. Fra gli addestratori c'è chi le definisce «una sorta di ninja» perché non si tirano mai indietro anche quando gli ufficiali palestinesi le sottopongono a situazioni estreme.

Fra i 30 mila militari palestinesi le donne sono circa 900 e le 23 «guardie presidenziali» ne riassumono lo spirito. «Tengono a dimostrare di non essere da meno degli uomini», spiega Daramer, secondo cui «la società palestinese si distingue per reggersi su donne forti e le forze armate ne traggono vantaggio».

È una caratteristica che le avvicina più alle soldatesse israeliane che non alle fedelissime del colonnello libico Muammar Gheddafi. Anche perché il legame con la Palestina, per le reclute di Gerico, prevale su tutto il resto. È il tassello di un mosaico più ampio: Gerico è la città militare dell'Autorità nazionale palestinese, proprio come Ramallah ne è il centro politico. Per spazi, caserme e reparti è qui, nella Valle del Giordano, che le forze armate di Abu Mazen stanno nascendo.

 

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