UNIVERSITA’ DI SERIE A O DI SERIE B? - LA NORMA VALUTA-ATENEI, CHE VALE IN TUTTO IL MONDO (TRA HARVARD E SAPIENZA, STANFORD E CATTOLICA CI SARA' UNA DIFFERENZA O NO?), SCATENA I RETTORI: "SARA’ UNA GUERRA" - PROTESTANO ANCHE SINDACATI E STUDENTI (QUINDI LA NORMA E' GIUSTA)
Virginia della Sala per il “Fatto Quotidiano”
Università di serie A e università di serie B: da oggi in poi, secondo un emendamento approvato due giorni fa alla camera (al ddl sulla Pubblica Amministrazione), uno stesso voto di laurea avrà valore diverso a seconda dell’università che lo ha attribuito. E in base alla media dei voti assegnati in quel corso di laurea.
In pratica, secondo la proposta a firma del deputato Pd Marco Meloni, se ci si laurea con 110 e lode in un ateneo o in un corso di laurea dove la percentuale di laureati con questo voto è, ad esempio, dell’80 per cento, il punteggio assegnato per l’accesso a un concorso pubblico sarà inferiore a quello di chi ha avuto lo stesso voto in un'università dove solo il 20 per cento ha preso il massimo. Lo stesso principio si applicherà nei casi in cui l’ate - neo di provenienza sia considerato migliore o peggiore rispetto a un altro. L’incognita riguarderebbe il modo in cui si dovrebbe stilare la classifica degli atenei.
A febbraio, Renzi aveva già parlato di università di serie A e serie B: “Pensare che tutte siano brave è antidemocratico”, aveva detto. Al tempo, c’erano polemiche sull’assegnazione dei finanziamenti, ripartiti in base a tre parametri: studenti in corso, qualità della ricerca e internazionalizzazione.
Questi, valutati dal l’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario, non si riferiscono alle capacità degli studenti. “In questi termini, la delega potrebbe mettere in crisi il valore legale della laurea – spiega al Fatto Marco Meloni, firmatario dell’emendamento – La mia proposta era diversa. Volevo solo che fosse abolito il voto minimo di laurea come requisito per i concorsi pubblici. L’emendamento è stato riformulato dal relatore alla Camera d’intesa col governo”.
E, di fatto, in questo passaggio è stata inserita anche la possibilità che nascano davvero università di serie A e di serie B. “Anche se ho approvato la riformulazione, vedo solo tre scenari possibili: o il governo specifica meglio quali siano questi ‘fattori inerenti all’istituzione’, o si mantiene solo il parametro relativo alla media del voto”. Anche perché l’emendamento ha scatenato feroci polemiche.
Dai sindacati, al mondo accademico, agli studenti che ieri hanno promesso battaglia. “L’emendamento annulla la validità giuridica delle lauree –spiega al Fatto Roberto Lagalla, rettore dell’Università di Palermo - e in Italia si fanno valutazioni che non possono stabilire la qualità della didattica, né se sia migliore in un ateneo rispetto a un altro”.
Palermo, per esempio, secondo i parametri Anvur ha un ritardo di premialità per la ricerca, ma ha tassi di occupazione successiva pari a quelli dell’Università di Milano. Anche il presidente della Conferenza dei rettori, Stefano Paleari ha attaccato la norma: “Scatenerà una guerra tra università”. “L’emendamento dà solo più potere all’Anvur - dice al Fatto Francesco Sinopoli, della Flc Cgil –Per stabilire le competenze basterebbe il concorso pubblico. Altrimenti a cosa serve?”