FONDALI RISUCCHIATI - LA NUOVA FRONTIERA DELL’ESTRAZIONE DEI DIAMANTI SONO LE PROFONDITA’ DELL’OCEANO - IL GRUPPO DE BEERS AVVIA LE RICERCHE AL LARGO DELLA NAMIBIA, COSI’ DA MANTENERE INALTERATA LA PRODUZIONE FINO AL 2035 - GLI AMBIENTALISTI PROTESTANO: “TROPPI ANIMALI FINISCONO NEI TUBI DELLE NAVI”
Silvia Morosi per il “Corriere della Sera”
DIAMANTI MONTATI COME ORECCHINI
Centotredici metri di lunghezza (poco più del campo dello stadio di San Siro a Milano), 12 mila tonnellate di stazza, un costo di realizzazione di 157 milioni di euro e un nome «storico». A giugno il gruppo diamantifero De Beers - fondato nel 1888 a Johannesburg da Cecil Rhodes e noto ai più per lo slogan «un diamante è per sempre» - ha varato la più grande nave per rintracciare pietre preziose. In fondo al mare. La «Sam Nujoma», così è chiamato il colosso, è stata costruita in Norvegia e porta il nome del presidente fondatore della Namibia, il «padre della Nazione in carica dall' indipendenza nel 1990 al 2004».
L' imbarcazione opererà al largo della costa del Paese africano, nelle aree che - anche grazie all' aiuto dei droni - verranno identificate come potenzialmente «ricche di risorse», e la sua attività dovrebbe mantenere inalterati i livelli di produzione fino al 2035.
Non senza polemiche da parte dei gruppi ambientalisti, preoccupati per la fauna marina.
La multinazionale De Beers per anni ha dominato la produzione globale nel settore e nel 1991 ha acquistato i diritti di estrazione su più di 3 mila miglia quadrate del mare prospiciente la costa del Paese.
«Sono molto, molto fiducioso che questa nave ci permetterà di continuare a estrarre 1,2 milioni di carati all' anno», ha detto l' amministratore delegato dell' azienda, Bruce Cleaver.
Perché intraprendere questa nuova e avventurosa impresa? Le miniere terrestri si stanno pian piano esaurendo ed entro il 2050 la produzione potrebbe cessare, come ha denunciato pochi giorni fa il Washington Post in un lungo articolo: «Non bastavano le estrazioni compiute in zone di guerra e le vendite spesso clandestine che finanziano le guerre civili. Una delle nuove frontiere oggi è l' oceano», è una delle critiche riprese dal quotidiano Usa. Un tema ripreso dalla letteratura e dal cinema: solo per citarne uno, basta ricordare il film «Blood Diamond» (Diamanti di sangue), ambientato in Sierra Leone negli anni 90 e che vedeva nel cast anche Leonardo DiCaprio.
La scoperta di un tesoro nelle profondità marine ha dato il via a una vera e propria caccia: le «gemme» trovate negli abissi - non è un dettaglio - sono più preziose di quelle di terra perché rese più pure dall'acqua salata. Se ne accorsero già negli anni Sessanta del secolo scorso i primi esploratori che in Namibia riuscirono a recuperare nell'Atlantico diamanti per centinaia di migliaia di carati, dragando il fondale.
Le gemme ancora oggi generano il 20 per cento delle entrate del Paese, che riceve 80 centesimi per ogni dollaro namibiano ricavato dalla Debmarine Namibia, la sua joint venture con De Beers. La Germania, che controllava il Paese fino alla Prima guerra mondiale, estrasse 7 milioni di carati dal 1908 al 1914.
Le associazioni ecologiste hanno sottolineato i danni ambientali: viste dall'alto, le navi minerarie sembrano «immensi impianti petroliferi che, solcando i mari, spazzano via parte dell'habitat sottomarino», hanno detto al Wp . De Beers si è difesa spiegando come le operazioni offshore non causino danni ecologici significativi, poiché dopo l'estrazione «il sedimento viene restituito al mare e alla fine si posa di nuovo», ma per gli ecologisti «sono numerosi gli animali risucchiati nei tubi delle navi, insieme ai diamanti».
Il sistema di estrazione orizzontale con un cingolato che scorre sul fondale, infatti, raccoglie ghiaie contenenti diamanti, e le porta in superficie con tubi flessibili. Stesso discorso per la perforazione verticale: il dispositivo che trivella i fondali recupera la ghiaia e la aspira. Insieme alle pietre preziose.